mercoledì 14 giugno 2006


Mondiali di Calcio 2006
Chi si diverte acconsente


La nazionale vince e la febbre da mondiali cresce. Nonostante gli scandali la gente tifa e si diverte. E divertirsi significa dimenticare e dunque acconsentire... E "concedere respiro" al sistema "calcio" stesso: già si parla di amnistia per giocatori e dirigenti in caso di vittoria finale. E non tutti sono contrari.
Certo, la prima reazione non può che essere di sdegno. Ma possono bastare le solite parole di condanna di qualche anima (moralmente) bella del tipo "Questo Paese non cambierà mai", "Gli italiani hanno la classe 'calcistica' che si meritano"? No. Prima è necessario capire.
Perché la gente di diverte?
In primo luogo, perché il tifo sportivo (soprattutto quello televisivo, mentre andare allo stadio già richiede più impegno, e riguarda comunque minoranze sociali, ...), come ogni forma di partecipazione competitiva, anche indiretta e dunque sublimata, annulla ogni distanza morale: quel che conta è vincere, e pur di vincere si accetta tutto, anche di farsi rappresentare da un grumo di indagati: basta che siano bravi. Il che è facilitato dal fatto che la società italiana, eccelle da secoli nel criterio della doppia morale: una pessima abitudine che la spinge a glorificare vincitori, e per contro, a "scaricare" i perdenti.
In secondo luogo, la nazionale di calcio, nel secondo dopoguerra, ha sublimato le passioni nazionalistiche italiane. Si tratta di un processo incoraggiato dall'alto. Per molti, se non per tutti, ogni vittoria o sconfitta della nazionale è questione di vita o di morte. Di qui, il dovere di non sottrarsi a un "sano" tifo per gli azzurri.
In terzo luogo, oggi il calcio è diventato soprattutto intrattenimento. Uno spettacolo da vendere e sul quale guadagnare cifre enormi. Si noti come i media, che sono i primi veicoli e fruitori degli introiti pubblicitari, dopo lo sconcerto iniziale, dovuto a Calciopoli, si siano subito riorganizzati. E come ora stiano enfatizzando, grazie a un esercito di opinionisti, il mondiale tedesco, soprattutto dopo il primo successo della nazionale italiana . Si esercita sulle persone ( i telespettatori) un pressione sociale tremenda: chi non segue le partite della nazionale deve essere messo nella condizione di sentirsi un "fuori casta". Non per ragioni di malinteso patriottismo calcistico (o comunque non solo), ma principalmente per questioni economiche: "di cassa". E nel caso italiano anche per coprire le magagne, magari con una amnistia...
Perché meravigliarsi dunque, se sette-otto italiani su dieci (e dunque anche chi non segue abitualmente il calcio) pare gioiscano per la vittoria di un pugno di indagati? Come dimenticare, la foto apparsa su tutti i giornali, del "severo" giurista Guido Rossi (nella foto), felice come un bambino, dopo aver ricevuto in dono la maglietta d'onore della nazionale.

Chi si diverte acconsente. Appunto. 

Carlo Gambescia

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