giovedì 1 giugno 2006


Profili/28
Alfred Weber 



Alfred Weber (1868-1958), fratello del più famoso Max [Weber 1864-1920], pur avendo scritto opere importanti, resta tuttora una specie di oggetto misterioso. La critica lo ritiene troppo filosofo e dunque poco adattato a contribuire alla costruzione di una sociologia scientifica. Di qui il disinteresse nei riguardi della sua opera. In realtà il pensiero di Alfred Weber è ricco di intuizioni e squarci prospettici. E non inferiore, per apertura intellettuale e rigore, a quello del fratello Max.
Alfred Weber nasce a Erfurt nel 1868, da ricca e colta famiglia. Il padre è un uomo politico liberale, la madre, religiosissima, dedita a opere caritative . Il rapporto col fratello Max, è segnato, fin dall’inizio, dalla forte supremazia intellettuale di quest’ultimo, più grande di quattro anni. Che si considera tutore morale del fratello Alfred, il qual accetterà sempre di buon grado il “tutoraggio”di Max. Dopo aver compiuto studi di archeologia, storia dell’arte, filologia (1888), Alfred Weber si laurea in giurisprudenza a Berlino (1892). Si addottora anche in Economia (1897), con Schmoller ed entra a far parte del “Verein für Sozialpolitik” (famoso centro di ricerche sociali ed economiche che raccoglieva le migliori menti delle scienze sociali tedesche), occupandosi di problemi del lavoro. Consegue poi la Libera Docenza (1899). E inizia a insegnare economia politica e sociologia all’Università di Praga (1904), dove si afferma come docente particolarmente carismatico e dalla cultura enciclopedica (così viene ricordato da allievi di eccezione come Max Brod e Franz Kafka). In seguito è chiamato all’Università di Heidelberg (1907). Dove praticamente insegnerà per tutta la vita, salvo durante la dittatura nazionalsocialista. Nel 1914, a quarantasei anni, si arruola e combatte sul fronte alsaziano fino alla primavera del 1916. Nel 1918 si dichiara a favore della nuova Repubblica tedesca, ed entra in politica nelle file del Partito democratico ( di orientamento liberalnazionale e “antiburocratico”). Teme però la repubblica comunista. Ma rifiuta anche il totalitarismo nazionalsocialista. Nel 1933, si ritira dall’insegnamento ed entra a far parte dell’ “emigrazione interna” Nel 1946 riprende l’attività di docente, e fonda due riviste: “Die Wandlung” con K. Jaspers, e “Kiklos” con A. Aftalion e L. Einaudi. Entra nel partito socialdemocratico, e subito inizia a battersi per una forma di socialismo libertario. Muore novantenne nel 1958, appena alcune settimane dopo aver terminato il semestre invernale di insegnamento all’Università di Heidelberg… E qualche mese dopo essersi fatto promotore di una campagna contro l’installazione di basi militare atomiche in Germania…
Alfred Weber è un vero socialista libertario e democratico, privo di padrini filosofici, politici e partitici (la sua adesione alla socialdemocrazia, creerà non pochi problemi ai quadri del partito…). Nemico di qualsiasi forma di totalitarismo filosofico e politico. Ma al tempo stesso consapevole che l’uomo non è una tabula rasa. Ma è plasmato dalla cultura del mondo in cui vive. Di qui la necessità che ogni mutamento sociale sia graduale e rispettoso delle scelte culturali dei singoli. E dunque mai imposto dall’alto.
Sul piano sociologico Alfred Weber, sviluppa una teoria “triarticolare” dei processi sociali, che può essere analiticamente così suddivisa: a) i processi sociali provocati dalla perpetua spinta della volontà degli individui e dei gruppi; sono fenomeni che hanno carattere ciclico, e che possono essere studiati utilizzando i modelli idealtipici, concepiti da suo fratello Max; b) i processi di civilizzazione, che scaturiscono dalla necessità dell’uomo di dominare la natura; sono processi universali e trasferibili che seguono ritmi di natura evolutiva, difficilmente controllabili; c) i processi culturali, che sono frutto di forze psico-culturali che seguono uno sviluppo discontinuo e imprevedibile, condizionato dallo loro unicità e non trasmissibilità. Dalla confluenza di questi tre processi sorgono quei grandi corpi storici che Weber chiama costellazioni storico-sociologiche”. Ad esempio, il conflitto sociale è una forma di processo sociale che si ripete nel tempo; il contenuto tecnologico del conflitto riguarda invece il processo di civilizzazione: le tecnologie usate per confliggere ; il conflitto più  i mezzi  rinviano al processo culturale, che determina (culturalmente) la natura del conflitto. Sotto questo aspetto, infine, sia la lotta di classe, sia la guerra, come altre forme storiche e sociali di conflitto rientrano nell’alveo delle “costellazioni storico-sociologiche”.
In Italia dei circa dieci libri scritti da Alfred Weber, ne è stato tradotto solo uno: Storia della cultura come sociologia della cultura [Kulturgeschichte als Kultursoziologie (1935, 1950, 2° edizione)], Edizioni del Novecento, Palermo 1983, trad. e intr. di Mirella Scaduto D’Alessandro, con un’interessante profilo biografico e bibliografico di Eberhard Demm. Ed è un vero peccato perché Weber si è occupato di crisi dello stato moderno, di sociologia del tragico, filosofia della storia, socialismo libertario. E come economista di un’opera ancora oggi molto apprezzata: Ueber den Standort der Industrien. Reine Teorie des Standorts (1909), sui processi di localizzazione dei siti industriali.
Per ulteriori informazioni critiche e bio-bibliografiche rinviamo perciò all’ottimo studio di Leonardo Allodi, Alfred Weber. Una introduzione, Armando Editore, Roma 1991 ( www.armando.it). Si veda anche Giovanna Sarti, Alfred Weber. Economia politica, sociologia della cultura e filosofia della storia, Olschki, Firenze 1999 ( www.olschki.it). Infine è disponibile in lingua tedesca l’opera completa di Alfred Weber: Gesamtausgabe, a cura di E. Demm, Metropolis-Verlag, Marburg, 1997-2003, 10 volumi (www.metropolis-verlag.de ). 

Carlo Gambescia

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