Molti si interrogano intorno all’ “Agenda Draghi”, dal momento che il Partito Democratico e più spiccatamente Azione e Italia Viva la evocano come le tavole mosaiche.
Ma che cos’è l’ “Agenda Draghi? Lasciamo la parola al Presidente del Consiglio:
«Sostanzialmente è una serie di risposte, interventi e riforme. Si pensi alla pandemia di Coronavirus, ai fondi che sono arrivati grazie al Pnrr e agli obiettivi raggiunti, alla crescita straordinaria di questi due anni. È difficile dire che esiste un’agenda. Se devo proprio pensare a un’agenda, allora quest’agenda è fatta di cosa? Prima di tutto questa è fatta di risposte pronte ai problemi che si presentano, quindi la risposta pronta all’emergenza del Covid, la risposta pronta nel consegnare il Pnrr e nel conseguire tutti gli obiettivi finora. E vorrei veramente riuscire ad arrivare a dare al governo successivo anche il conseguimento di tutti gli obiettivi per quest’anno».
Non contento, Draghi ha aggiunto che è “questione di credibilità”,
«sia sul fronte interno, ma anche internazionale, perché avere il credito internazionale alto come lo ha l’Italia oggi è importantissimo per la crescita interna, per il benessere, per la prosperità, per l’equità sociale, per poter fare tutte le riforme che sono necessarie senza avere il vincolo esterno che è ostile» (*).
Non concordiamo. Un economista come Draghi, presuntivamente persona seria, non dovrebbe parlare come un politico qualunque a proposito della “crescita straordinaria degli ultimi due anni”. Cosa che non esiste. Basta dare un’occhiata ai dati Istat sul Pil di giugno scorso (**): 2,8, per il 2022, rispetto al 6,6 del 2021. Partendo comunque dal – 9 del 2020. Per inciso, le previsioni per il 2023 sono dell’1,9.
Diciamo che l’Italia galleggia. E se galleggia è perché l’ “Agenda Draghi” non è altro che Draghi stesso, come egli fa notare, quando parla della “credibilità internazionale” che permette di fare (semplificando) tante cose buone.
In realtà, dietro l’ “Agenda Draghi”, non c’è alcuna miracolosa politica economica, ma un sistema di pubbliche relazioni, con al centro Draghi stesso: figura accreditatissima, anche giustamente, nei salotti buoni della finanza. Una specie di Luca Cordero di Montezemolo, dai natali modesti, con studi severi, meno farfallone, anzi un precisino, che facilita il reperimento dei fondi, a partire da quelli del Pnrr.
Ma c’è dell’altro. Si pensi alla sua tesi sull’importanza di conseguire gli obiettivi: maleodora di commercialista, nel senso del rigoroso assolvimento di tutti gli adempimenti necessari per non aprire contenziosi con il fisco. Nel caso di Draghi, con le istituzioni economiche europee e internazionali.
Tradotto: forma invece di sostanza. E cosa sarebbe la sostanza? Una politica di privatizzazioni, di riduzione della spesa pubblica e di conseguenti tagli fiscali. Draghi sembra invece bravo nella forma: per dirla alla buona, nella compilazione delle domandine in carta semplice… O più modernamente, nell’uso mirato della Pec con la Pubblica Amministrazione…
Ciò significa che senza crisi di governo, il fenomeno Draghi, come prova l’andamento del Pil, rischiava comunque di sgonfiarsi da solo. Non potendo non rivelarsi per quel che era: uno studio commercialistico, di alto livello per carità, ma intento a presentare dichiarazioni dei redditi e autotassazioni nei tempi previsti dalla legge.
Quindi a Draghi è andata bene. Ha salvato la faccia.
Però perché farsi del male, insistendo sulla sua “Agenda”?
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://www.open.online/2022/08/04/decreto-aiuti-bis-conferenza-stampa-draghi/.
(**) Qui:https://www.istat.it/it/files//2022/06/Previsioni_giu_2022_fin2-1.pdf (Prospetto 1, p. 1) .
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