venerdì 6 marzo 2020

Storie di liberalismo e di amicizia…
Una lettera a Teodoro Klitsche de la Grange



Caro Teodoro,

La tua recensione al  libro di Alain de Benoist sul liberalismo mi ha lasciato basito (*). E  non solo  per il silenzio su alcuni nodi  insoluti  del pensiero debenoistiano  in argomento.  Del resto, conosco bene il testo, me ne sono occupato già un anno fa, proprio di questi giorni,  quando il volume, peraltro una raccolta di testi già pubblicati separatamente, uscì in lingua originale. Mossi critiche, credo ben argomentate, alle tesi del libro (**).  Quindi ho già dato. E a quell'articolo ti rinvio.
Né, a dire il vero,  mi ha infastidito il tuo sibillino accenno a   recensioni  frutto di “usuali deprecazioni, anatemi, esorcismi”, uscite "in Italia da ultimo proprio un anno fa". Piuttosto mi ha incuriosito.  A quali recensori  ti riferivi?  Forse al mio scritto?  Strano, siamo amici, e tra amici ci  si dice tutto...
Bando ai narcisismi. Dicevo  del mio sconcerto.  Per che cosa ?   Mi ha lasciato basito, in particolare nella  seconda parte (quella delle osservazioni generali), il  tuo gaio svilimento del  liberalismo a ruota di scorta delle politiche di Orbán,  autoritarie per alcuni,  parafasciste per altre. Comunque sia, illiberali. O meglio "illiberali",  visto che tu usi le virgolette.
Al di là delle battute:  ma come si può Teodoro?    Tra i liberali italiani, citi Orlando…  Un liberale che dichiarò - uscita infelicissima -  di essere mafioso come tutti i siciliani.  E che, a proposito di "limiti al potere pubblico", si accorse  dell’ascesa  del  fascismo solo  quando gli tolsero il collegio...
Inoltre, cosa fondamentale, l’uso che fai degli altri autori che citi, liberali o meno, è completamente  strumentale, perché riduci il realismo a dottrina criminogena della politica.  In questo modo, per estensione, Franco e  Salazar, che non sono neppure tra i peggiori,  diventano  però perfetti statisti liberali…  Sul punto ti rinvio al mio Grattacielo e il formichiere  che hai ricevuto.
Purtroppo la storia come maestra di vita e politica continua ad avere tra le sue fila  pochi allievi.  E tu, come già capitato  nel Novecento,  per profonda antipatia  verso la sinistra liberale e le libertà di mercato difendi il sovranismo populista. Proprio come nel 1922  altri liberali, terrorizzati dal comunismo,  difesero il fascismo nazionalista e in seguito  l' "Impero"  e l' "Autarchia".
Ironia della storia:  quei  liberali temevano Lenin  e così si  gettarono tra le braccia di Mussolini. Ora, Macron può anche  politicamente non  piacere, ma non è Lenin, come del resto  i Commissari di Bruxelles  non sono i Commissari del Popolo di moscovita memoria. Mentre personaggi come Orbán sono veramente inquietanti. E che un liberale, poi della tua cultura,  svilisca o  rifiuti di  capire  queste cose,  è molto grave.
Non devo salire in cattedra?  Sbaglio a  giudicare? Ognuno  è libero, eccetera, eccetera? Devo farmi i fatti miei? Perfetto: liberalismo à la carte . Però lo si riconosca. Senza offrire, come panacea,  la propria versione del vero liberalismo, magari attingendo al pensiero reazionario  e dei nemici della società aperta.    
Infine, quel che si dice  per la storia dai  pochi allievi,  si potrebbe estendere all’amicizia,  ossia che  i veri amici sono pochi.   Anche perché più si parla (e scrive) franco, meno se ne trovano.  
Con i miei saluti, 

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