Responsabilità civile dei giudici: lo scaricabarile tra Stato e Magistratura
E io (cittadino) pago...
di Teodoro Klitsche de la Grange
Il problema della
responsabilità civile dei magistrati appare affrontato nel teatrino della
politica in un aspetto parziale ma che è il più rilevante in una mentalità
sanzionatoria; e la cui componente trascurata – di converso – è la più
interessante.
Il punto apparente,
oggetto di scontro politico, è se il magistrato debba risarcire direttamente –
e di tasca propria (anche se limitata)
il danneggiato – ovvero se a indennizzarlo debba provvedere lo Stato.
L’argomento che spesso emerge, ma è molto più presupposto che esternato, è che
non sia giusto che lo Stato (cioè i contribuenti) debbano pagare per atti e
comportamenti di funzionari sprovveduti, negligenti e infedeli.
In realtà, se si dilata
il campo d’osservazione anche nel tempo, la questione del chi debba tenere indenne il danneggiato è secondaria, e quasi sempre risolta in modo diverso: cioè che
l’obbligo di risarcire sia dell’istituzione e non del dipendente della stessa.
Veniamo al primo
aspetto: ciò che interessa di più è che il danneggiato sia risarcito: risulta
che nel periodo di vigenza della legge attuale (quasi venticinque anni), di
domande di risarcimento dei cittadini ne siano state accolte quattro. Una
percentuale così infinitesima rispetto al contenzioso, fa pensare che
l’infallibilità del soglio di Pietro sia stata infusa nella giustizia italiana.
Sul punto la Corte di giustizia
dell’Unione Europea (tra i tanti) ha ritenuto e statuito in diverse sentenze
che la normativa italiana era lesiva dei diritti dei cittadini UE (italiani
compresi) e che andava cambiata. È questa la ragione delle pronunce – e della
non conformità della legislazione ai principi (anche della costituzione
vigente).
E in ciò si adeguava
allo spirito costituzionalista (liberale) e del common sense: ciò che realmente interessa non è tanto che il
funzionario negligente paghi, ma soprattutto che sia risarcito il danneggiato,
che dall’atto o dal comportamento del magistrato è stato leso nei propri
diritti (molto spesso garantiti da costituzioni e trattati internazionali).
Quanto al secondo
aspetto, occorre rifarsi da un lato al droit
commun, cioè, con qualche approssimazione (da non poter approfondire in un
articolo), a quello privato.
Se un’azienda, una
società ma anche un ente pubblico svolge un’attività e lede diritti di
chicchessia per errore dei propri dipendenti è l’ente (o la società) a
rispondere civilmente e non i
collaboratori dello stesso. Peraltro tale principio era stato da secoli esteso
agli atti dei funzionari pubblici, se lesivi di diritti dei sudditi; pagava il
fisco, cioè la “cassa” del monarca.
Tale principio, con qualche
rarissima eccezione (quali per l’appunto la responsabilità dei magistrati e dei
conservatori dei registri immobiliari e tanti aggiustamenti) rimase sostanzialmente
invariato fino alla Costituzione vigente.
Nella quale con l’art.
28 fu deciso di istituire il principio della responsabilità (diretta) dei
pubblici funzionari. L’on. Codacci Pisanelli alla costituente rilevava che si
trattava di una novità: e aveva pienamente ragione perché la costituzione
trasformava in principio generale ciò che era tassativamente disposto per poche
classi di dipendenti pubblici. Ma, continuava a permanere comunque la
responsabilità dell’Ente (e quindi dello Stato), anzi “rafforzata”.
Per questo ben vengano
norme che – in sostanza – ritornano alla responsabilità del fisco: il quale
così si addosserà, come qualsiasi soggetto economico, il relativo rischio.
Sarà poi il
soggetto-Stato a valutare – anche in ciò come da principi generali - se
nell’attività del funzionario ricorrano i presupposti per eventuali sanzioni.
Ma dei diritti dei cittadini, conferma la recita in corso, non cale a nessuno
dei commedianti: storia vecchia e tante volte ripetuta.
Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013)
Nessun commento:
Posta un commento