Statuto dei lavoratori
Metapolitica
dell’articolo 18
Oggi cercheremo di dare un’interpretazione metapolitica della cosiddetta
riforma dell’articolo 18. Per quale ragione metapolitica? Perché non entreremo
nel merito delle singole misure. Tratteremo la questione nei suoi termini
generali, metapolitici, offrendo al lettori solo alcune chiavi di lettura:
liberismo, socialismo, riformismo vero e falso.
Semplificando al massimo: per un liberista (delle varie tendenze), le proposte
del Governo Monti sono fin troppo blande, dal momento che dal punto di vista -
per usare un termine ottocentesco - manchesteriano, il lavoro non può essere
regolato da nessuna legge: tutti hanno il diritto di licenziare tutti, poiché
il lavoro è una merce come un’altra; per un socialista (in senso lato,
includendo i vari tronconi della sinistra e certo cattolicesimo sociale,
sospeso tra Cristo e Marx), l’articolo 18, così com’è, potrebbe essere
cambiato, solo nel senso di pervenire a una sua migliore formulazione, capace
di garantire l' impossibilità di licenziare: nessuno deve licenziare nessuno,
dal momento che il lavoro non è una merce.
Tra queste due posizioni pure o estreme, possiamo distinguerne altre di
intensità e qualità differenti, tutte “ufficialmente” segnate ( si vedano i
giornali di oggi) dalla comune volontà riformista. Ovviamente, come abbiamo
notato, in un post precedente ( http://carlogambesciametapolitics.blogspot.it/2012/03/riforme-non-basta-la-parola-riforme-si.html
) esistono due tipi di riformismo, semplificando, autentico e falso. Di qui,
come sta avvenendo nel dibattito italiano, il sovrapporsi di due diversi modi,
non proprio sinceri, di intendere le riforme del lavoro: come cavallo di Troia
liberista per ulteriori e più radicali riforme o come ridotta sindacale per poi
contrattaccare. Insomma, invece di ragionare in termini di riformismo vero,
cercando di perseguire il giusto mix tra flessibilità e sicurezza, si discute
di aria fritta, come se le risorse economiche, già ridotte, fossero infinite, e
il tempo per intervenire illimitato.
Chi vincerà? Probabilmente un finto riformismo (del tirare a campare?), che pur
di tenersi lontano dagli estremi, come del resto è giusto che sia, finirà però
per venire a patti con i finti riformisti dell’una e dell’altra sponda,
puntando su provvedimenti pasticciati che alla fin fine scontenteranno tutti:
imprenditori, lavoratori e mercati. E sul vendicativo scontento dei mercati non
c’è di che essere allegri…
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento