mercoledì 7 marzo 2012

I libri della settimana: Gordiano Lupi, Piombino a tavola. Racconti e ricette,  Edizioni il Foglio, pp. 206, euro 15,00; Storia del cinema horror italiano Da Mario Bava a Stefano Simone. vol. I. Il Gotico, Edizioni Il Foglio, pp. 224, euro 15,00; vol. II. Dario Argento e Lucio Fulci, pp. 254, euro 15,00 www.ilfoglioletterario.it 



Che c’entra Piombino, per giunta,  a tavola,  con il  cinema horror? Chiedetelo a Gordiano Lupi,   editore, scrittore, traduttore,  cinefilo e… piombinese e  buongustaio.  E lui vi risponderà  che ha sempre amato tre cose la letteratura, il cinema e  la buona cucina...
Ma procediamo per gradi. In realtà, tra Piombino a tavola  e la Storia del cinema horror italiano  c’è un legame  non solo di  interessi  ma più  profondo, esistenziale, che  salda insieme le diverse età della vita. E non solo,  come  spiega  lo stesso Lupi a pagina nove di Piombino a Tavola: « Scrivo, perché da quando ho l’età della ragione le mie passioni sono sempre state lettura e cinema. Da bambino divoravo libri, fumetti, pellicole di genere, commedie scanzonate, film d’avventura e storie fantastiche. Un bel giorno ho cominciato a inventare qualche storia, imitando Salgari, Stan Lee, Walt Disney, De Amicis, Mario bava e Verne».
Perciò si tratta di una “malattia” contratta  da bambino. Ragion per cui, prosegue, « scrivo per essere sincero con me stesso (…), Scrivo per dare libero sfogo alle mie passioni e solo di argomenti che mi interessano, non è colpa mia se sono molti (…). Scrivo la storia del vecchio cinema italiano e racconto Cuba, due amori della mia vita (…) Scrivo racconto horror e del mistero perché da bambino ho amato Lovecraft, Poe,  Le Fanu, Polidori (…), Traduco gli scrittori cubani che amo, perché sono più bravi di me (…). Scrivo tanto, persino troppo, ma non posso farne a meno».
Ciò significa che  in Piombino a Tavola, ritroviamo (oltre  a un bel numero di gustose ricette, nella seconda parte)  uno zoccolo duro di  storie per il cinema: su tutte Il Prete, diventato un film (Unfacebook, 2011), girato da Stefano Simone.  Ma  Lupi è anche  bozzettista nell’accezione nobile del termine: si leggano i  suoi  vividi ritratti di tre calciatori piombinesi: Aldo Agroppi.  Lido Vieri, Nedo Sonetti: tre sciabolate di vita, caratteri e  letteratura. 
Chiarito il punto, passiamo  al Gordiano Lupi  dark… Ovvero alla Storia del cinema horror italiano. Da Mario Bava a Stefano Simone, di cui sono usciti i primi due volumi:  Il Gotico (vol. 1) e  Dario Argento e Lucio Fulci ( vol. 2). Il piano dell’ opera  prevede sei tomi in tutto, perciò seguiranno al ritmo di due volumi all’anno,   Joe D’Amato e il cannibal movie ( vol. 3); Splatter,  esorcistico e horror metropolitano ( vol. 4);  Horror anni Ottanta ( vol. 5); Horror anni Novanta e Duemila ( vol. 6).  
Nel Primo Volume (Il Gotico), spiccano subito due giudizi interessanti… Dimenticavamo il taglio scelto  è  di informare senza indulgere in narcisismi e  simbolismi cinefili,  puntando su fatti e  giudizi ben calibrati. 
Dicevamo giudizi interessanti, come   a proposito  di  Riccardo Freda: «Per Freda,  non serve esibire il male ricorrendo al soprannaturale e ai mostri della fantasia, perché il vero male è dentro la società, i mostri sono le persone comuni che spesso scatenano passioni incontenibili ». In  questo senso, prosegue Lupi, « I Vampiri [ 1957, ndr ] segna il cammino per l’Horror italiano più moderno e originale». Oppure, l’altro giudizio,  su  Mario Bava,  «artigiano geniale», ma non solo:   «Bava inventa gran parte dei trucchi cinematografici e delle trasformazioni visive ancora in uso e prima di essere un artigiano della regia è un formidabile  maestro della fotografia. La definizione di artigiano viene coniata dallo stesso Bava nel corso di un’intervista rilasciata a Luigi Cozzi nel 1971 per la rivista Horror.  Il cinema italiano di quel periodo dispone di budget limitati e Bava è un grande economizzatore, un artigiano capace di costruire film validi con poca spesa» .
Dal  Secondo volume ( Dario Argento  e Lucio Fulci),  cogliamo subito il seguente giudizio sul  regista romano: « Dario Argento è l’indiscusso padre dell’horror moderno italiano, che riesce a prendere il meglio del cinema di Mario Bava e a fonderlo in una miscela di macabro e di giallo che fa nascere il thriller all’italiana. Dario Argento gira alcuni horror soprannaturali, ma è nel thriller contaminato da elementi orrorifici  che lascia la sua firma d’autore. Dario Argento fa venire a mente un assassino in guanti neri (il regista interpreta la parte del killer), inafferrabile, che uccide nei modi più impensati ed efferati. Un’altra caratteristica  del suo modo di narrare è la soggettiva dell’assassino che mette sempre lo spettatore dalla parte di Caino, come se stesse leggendo un romanzo scritto in prima persona dal serial killer. Dario Argento è un regista surreale, crea un’estetica della morte e del delitto seguendo la lezione di Mario Bava e Alfred Hitchcock, ma tracciando una strada originale».
E l’altro compagno di orrorifiche merende cinematografiche? «Lucio Fulci è stato un regista controcorrente, un uomo scomodo pure nel suo ambiente e quando ha deciso di dedicarsi all’horror e al thriller non lo ha  fatto seguendo l’esempio di Dario Argento, Fulci ha cercato un strada sua e ha costruito incubi nuovi, scenari inediti, ambientazioni singolari e soprattutto una filosofia dell’orrore viscerale e visionaria che lo ha reso unico. Un film di Fulci è un pugno  violento allo stomaco e il suo modo di riprendere la morte fino in fondo, senza mezzi termini, lasciando libera la macchina da presa di scavare nell’orrore e nei particolare è il suo tratto distintivo. Ci piace ricordare una sua definizione di volgare. “Il volgare è un brutto film”. Niente di più vero». 
Come abbiamo scritto altrove,  Gordiano Lupi, quando si occupa di cinema,  può essere definito l’anti-Enrico Ghezzi. E ci spieghiamo subito: mentre il guru della critica  cinefila più criptica e snob, dopo due righe,  provoca nel lettore spaventose crisi di rigetto,   Lupi,  che   fa parlare  con linguaggio piano  i fatti,  incuriosisce, insegna  e  facilita la riscoperta di  cineasti, generi e film, magari ingiustamente ritenuti di  serie B. 
In questo senso,  Gordiano Lupi, per schiettezza, generosità e, quando serve, giusta vis polemica, assomiglia all’altro piombinese  di origine controllata:  Aldo Agroppi,  da lui  ammirato.
Ci piace immaginare che se Ghezzi, scendendo dal suo trono, lo provocasse,  il buon Lupi, risponderebbe  come Agroppi  in uno dei suoi incendiari siparietti televisivi con Franco Scoglio, l’allenatore filosofo: « Scoglio è professore, io non sono manco bidello»…   Tra parentesi il duello Scoglio-Agroppi  è  ricordato da Lupi a pagina  quarantasette  di Piombino a tavola
Buon appetito e buona lettura.   

Carlo Gambescia


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