I libri della settimana: Gordiano Lupi, Piombino a tavola. Racconti e ricette, Edizioni il Foglio, pp. 206, euro 15,00; Storia del cinema horror italiano Da Mario
Bava a Stefano Simone. vol. I. Il
Gotico, Edizioni Il Foglio, pp. 224, euro 15,00; vol. II. Dario Argento e Lucio Fulci, pp. 254,
euro 15,00 www.ilfoglioletterario.it
Che
c’entra Piombino, per giunta, a
tavola, con il cinema horror? Chiedetelo a Gordiano
Lupi, editore, scrittore, traduttore, cinefilo e… piombinese e buongustaio. E lui vi risponderà che ha sempre amato tre cose la letteratura,
il cinema e la buona cucina...
Ma
procediamo per gradi. In realtà, tra Piombino
a tavola e la Storia del cinema horror italiano c’è un legame non solo di
interessi ma più profondo, esistenziale, che salda insieme le diverse età della vita. E
non solo, come spiega lo stesso Lupi a pagina nove di Piombino a Tavola: « Scrivo, perché da
quando ho l’età della ragione le mie passioni sono sempre state lettura e
cinema. Da bambino divoravo libri, fumetti, pellicole di genere, commedie
scanzonate, film d’avventura e storie fantastiche. Un bel giorno ho cominciato
a inventare qualche storia, imitando Salgari, Stan Lee, Walt Disney, De Amicis,
Mario bava e Verne».
Perciò
si tratta di una “malattia” contratta da
bambino. Ragion per cui, prosegue, « scrivo per essere sincero con me stesso
(…), Scrivo per dare libero sfogo alle mie passioni e solo di argomenti che mi
interessano, non è colpa mia se sono molti (…). Scrivo la storia del vecchio
cinema italiano e racconto Cuba, due amori della mia vita (…) Scrivo racconto
horror e del mistero perché da bambino ho amato Lovecraft, Poe, Le Fanu, Polidori (…), Traduco gli scrittori
cubani che amo, perché sono più bravi di me (…). Scrivo tanto, persino troppo,
ma non posso farne a meno».
Ciò
significa che in Piombino a Tavola,
ritroviamo (oltre a un bel numero di
gustose ricette, nella seconda parte)
uno zoccolo duro di storie per il
cinema: su tutte Il Prete, diventato
un film (Unfacebook, 2011), girato da
Stefano Simone. Ma Lupi è anche
bozzettista nell’accezione nobile del termine: si leggano i suoi
vividi ritratti di tre calciatori piombinesi: Aldo Agroppi. Lido Vieri, Nedo Sonetti: tre sciabolate di
vita, caratteri e letteratura.
Chiarito
il punto, passiamo al Gordiano Lupi dark… Ovvero alla Storia del cinema horror italiano. Da Mario Bava a Stefano Simone, di
cui sono usciti i primi due volumi: Il
Gotico (vol. 1) e Dario Argento e Lucio Fulci ( vol. 2).
Il piano dell’ opera prevede sei tomi in
tutto, perciò seguiranno al ritmo di due volumi all’anno, Joe
D’Amato e il cannibal movie ( vol. 3); Splatter,
esorcistico e horror metropolitano (
vol. 4); Horror anni Ottanta ( vol. 5); Horror
anni Novanta e Duemila ( vol. 6).
Nel Primo Volume (Il Gotico),
spiccano subito due giudizi interessanti… Dimenticavamo il taglio scelto è di
informare senza indulgere in narcisismi e
simbolismi cinefili, puntando su
fatti e giudizi ben calibrati.
Dicevamo giudizi interessanti, come a proposito
di Riccardo Freda: «Per Freda, non serve esibire il male ricorrendo al
soprannaturale e ai mostri della fantasia, perché il vero male è dentro la
società, i mostri sono le persone comuni che spesso scatenano passioni
incontenibili ». In questo senso,
prosegue Lupi, « I
Vampiri [ 1957, ndr ] segna il cammino per l’Horror italiano più moderno e
originale». Oppure, l’altro giudizio, su Mario
Bava, «artigiano geniale», ma non
solo: «Bava inventa gran parte dei
trucchi cinematografici e delle trasformazioni visive ancora in uso e prima di
essere un artigiano della regia è un formidabile maestro della fotografia. La definizione di
artigiano viene coniata dallo stesso Bava nel corso di un’intervista rilasciata
a Luigi Cozzi nel 1971 per la rivista Horror.
Il cinema italiano di quel periodo
dispone di budget limitati e Bava è un grande economizzatore, un artigiano
capace di costruire film validi con poca spesa» .
Dal
Secondo volume ( Dario Argento e Lucio Fulci), cogliamo subito il seguente giudizio sul regista romano: « Dario Argento è
l’indiscusso padre dell’horror moderno italiano, che riesce a prendere il
meglio del cinema di Mario Bava e a fonderlo in una miscela di macabro e di
giallo che fa nascere il thriller all’italiana. Dario Argento gira alcuni
horror soprannaturali, ma è nel thriller contaminato da elementi orrorifici che lascia la sua firma d’autore. Dario
Argento fa venire a mente un assassino in guanti neri (il regista interpreta la
parte del killer), inafferrabile, che uccide nei modi più impensati ed
efferati. Un’altra caratteristica del
suo modo di narrare è la soggettiva dell’assassino che mette sempre lo
spettatore dalla parte di Caino, come se stesse leggendo un romanzo scritto in
prima persona dal serial killer. Dario Argento è un regista surreale, crea
un’estetica della morte e del delitto seguendo la lezione di Mario Bava e
Alfred Hitchcock, ma tracciando una strada originale».
E
l’altro compagno di orrorifiche merende cinematografiche? «Lucio Fulci è stato
un regista controcorrente, un uomo scomodo pure nel suo ambiente e quando ha
deciso di dedicarsi all’horror e al thriller non lo ha fatto seguendo l’esempio di Dario Argento,
Fulci ha cercato un strada sua e ha costruito incubi nuovi, scenari inediti,
ambientazioni singolari e soprattutto una filosofia dell’orrore viscerale e
visionaria che lo ha reso unico. Un film di Fulci è un pugno violento allo stomaco e il suo modo di
riprendere la morte fino in fondo, senza mezzi termini, lasciando libera la
macchina da presa di scavare nell’orrore e nei particolare è il suo tratto
distintivo. Ci piace ricordare una sua definizione di volgare. “Il volgare è un
brutto film”. Niente di più vero».
Come
abbiamo scritto altrove, Gordiano Lupi,
quando si occupa di cinema, può essere
definito l’anti-Enrico Ghezzi. E ci spieghiamo subito: mentre il guru della
critica cinefila più criptica e snob,
dopo due righe, provoca nel lettore
spaventose crisi di rigetto, Lupi, che fa
parlare con linguaggio piano i fatti,
incuriosisce, insegna e facilita la riscoperta di cineasti, generi e film, magari ingiustamente
ritenuti di serie B.
In
questo senso, Gordiano Lupi, per
schiettezza, generosità e, quando serve, giusta vis polemica, assomiglia
all’altro piombinese di origine
controllata: Aldo Agroppi, da lui
ammirato.
Ci
piace immaginare che se Ghezzi, scendendo dal suo trono, lo provocasse, il buon Lupi, risponderebbe come Agroppi
in uno dei suoi incendiari siparietti televisivi con Franco Scoglio, l’allenatore
filosofo: « Scoglio è professore, io non sono manco bidello»… Tra
parentesi il duello Scoglio-Agroppi
è ricordato da Lupi a pagina quarantasette
di Piombino a tavola .
Buon
appetito e buona lettura.
Carlo Gambescia
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