Piazza Fontana
No immaginario? No party?
Leggevamo del film in uscita di Marco Tullio Giordana sulla strage di piazza
Fontana. Mah… Non entriamo nel merito dei contenuti prima di vederlo. Ma di una
cosa siamo più che certi: esiste un immaginario dominante (o comunque chiassoso
e invadente), piuttosto "sbilanciato" a sinistra, cui crediamo
Giordana non sia estraneo, che fornisce un' interpretazione complottista e
“unitaria” (Dc, servizi segreti deviati, Cia, manovalanza mafiosa e
neofascista) della storia d’Italia, da Portella della Ginestra a Berlusconi,
passando per piazza Fontana… Anche qui però non entriamo nel merito. Dal
momento che sarebbe inutile discutere di “opinioni su”. Perché di questo si
tratta… A cui si potrebbe rispondere con altre “opinioni su” di segno
contrario.
In realtà, politicamente parlando, la scoperta della verità - ammesso che ci
sia "una" verità - sulla storia d’Italia degli ultimi sessant’anni
sembra non avere importanza per nessuno. Ci spieghiamo meglio. Se è vero
(sempre secondo una certa “opinione su”, molto accreditata a sinistra), che la
destra (vera e post-democristiana) non ha tuttora alcun interesse a scoprire
antichi altarini, non si capisce perché la sinistra, una volta al governo negli
anni Novanta e Duemila, non abbia aperto gli archivi del Ministero dell'
Interno e messo a disposizione degli italiani quella verità, tanto invocata.
Tre, le possibili spiegazioni.
La prima. La politica - tutta - ha bisogno di miti, simboli, rappresentazioni
collettive. Guai a “demistificare”, perché andrebbe perduto il fascino
"mobilitante", come si leggeva un tempo, "delle forze della
reazione in agguato". Per cavarsela con una battuta: No complotto? No
party?.
La seconda. La politica - tutta - ha necessità del segreto (come insegna l'antica
lezione della Ragion di Stato). Attraverso di esso, soprattutto quando si è al
governo, si controlla l’avversario (ricattando, minacciando, ecc). Come dire: No segreto? No party?.
La terza, addirittura banale, è che non c’è nessun "filo" segreto da
scoprire. Di qui però, la necessità politica, anche per le spiegazioni uno e
due, di giocare sull’equivoco, lasciando che i “letterati” (scrittori, registi,
artisti, ecc,) continuino a divertirsi, vendendo quell’immaginario di cui
sopra. Sempre meglio che lavorare. Anche qui: No immaginario? No party?.
Ai lettori l’ardua scelta.
Carlo Gambescia
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