martedì 25 luglio 2006


Riflessioni semiserie sulla politica italiana
Il centrodestra




Ora che il centrodestra è all’opposizione, si torna a discutere di partito unico e cultura di centrodestra. Vale perciò la pena di provare a capire quale ruolo potrebbe giocare la cultura poliitca di destra all’interno del partito unico (dei moderati) di cui parla Berlusconi. Ma prima va decifrata.
Partiremo dalle diverse anime di An e dintorni. Ci sono i tradizionalisti: quelli duri e puri, gli antimoderni, che si dividono in cattolici e neopagani. Questi ultimi si suddividono in varie sette: chi sta con Evola non sta con Guénon, ma c’è anche chi sta con tutti e due, e così via secondo la logica combinatoria. Quanto ai cattolici c’è chi parteggia per de Maistre e chi, sbagliando strada, per Burke, per poi con una sterzata alla Schumi, ritornare a Pio IX. Poi ci sono quelli che non hanno dimenticato: chi elogia il fascismo-regime, chi il fascismo-movimento, e chi infine ritiene che il fascismo non sia altro che una delle tante incarnazioni della Tradizione, quella con la maiuscola: una specie di essenza eterna che si reincarnerebbe storicamente ogni milione di anni. Oddio, sempre meglio di Guerre Stellari.
Ci sono infine i modernizzatori. Quelli che hanno gettato alle ortiche, quanto sopra, per sposare la causa di un liberalismo conservatore, di tipo americano, a cui non dispiace il capitalismo, sia nella versione hard degli anarcocapitalisti, che in quella soft di Hayek e Mises, o in quella liberalcattolica di un Novak. Tra tradizionalisti e postfascisti rossoneri da un lato, e modernizzatori dall’altro non corre buon sangue: c’è ancora la ferita aperta dell’adesione totus tuus dei modernizzatori a un capitalismo, non più in frac e cilindrone, ma sempre sgradito a socializzatori e ultrà di Odino.
Poi magari c’è pure - e non sono pochi anche tra i cattolici - chi si sforza di studiare in modo creativo e trasversale (magari per andare oltre) le culture delle destra. Attingendo qui e là in modo intelligente: Schmitt, il realismo liberale, la geopolitica, la critica sociologica ed economica della “società del richio”, l'antiamericanismo, eccetera. Ma come al solito ha vita dura. I creativi devono parlare solo se interrogati. Inoltre i creativi non vanno d'accordo tra di loro. Ognuno si ritiene più creativo e bravo dell'altro... E si pongono veti a vicenda.
A questa cultura, a dir poco composita, si deve aggiungere quella ancora più confusa che ruota intorno a Forza Italia e neodemocristiani: un miscuglio di autori e idee, fuoriuscito come Atena dalla testa non di Zeus ma di Adornato, che va da Baget Bozzo a Luigi Sturzo, da Glucksmann a Nolte, da Antiseri a Benedetto XVI. Ferrara fa parte a se stesso: come Quentin Tarantino le spara grosse e diverte... Ma fino a quando?
Quanto alla cultura della Lega, sembra che Maroni e Castelli si siano abbonati al Club del Libro, mentre Calderoli alla Settimana Enigmistica… Mentre Bossi che qualche sana lettura l'aveva fatta ed era riuscito ad affascinare un' intelligenza del calibro di Miglio è stato messo fuori gioco dal cuore ballerino. Fine dei programmi culturali della Lega.
Come finirà? Berlusconi potrebbe anche riuscire a “costruirlo” il partito unico (in fondo ha costruito anche le varie Milano 1, eccetera), ma, se e quando si presenterà l'occasione, a fare i ministri chiamerà i soliti tecnici senza grilli per la testa: tutti commercialisti e fiscalisti in doppiopetto. Tutti ex socialisti, ex repubblicani, ex democristiani eccetera. Riciclati d.o.c. che attueranno il solito programma, più o meno simile, a quello del centrosinistra. Gente affidabile, che “lavura” e non chiacchiera, e che per questo piace al Cavaliere.
In conclusione: partito unico forse. Cultura unica no, anzi boh… E tecnici e professori riciclati a chi? A noi! Anzi a loro…

Carlo Gambescia

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