giovedì 27 luglio 2006


Profili/32 
Georges Gurvitch



Georges Gurvitch (1894-1965) è tuttora considerato una specie di pianeta misterioso. I sociologi, quei pochi che lo ricordano, lo considerano un filosofo, mentre i filosofi, e non sono in tanti a conoscerlo, lo ritengono un sociologo. Un Gurvitch redivivo, non sarebbe d’accordo con gli uni né con gli altri, dal momento che amava definire il suo approccio "dialettico e iperempiristico" al tempo stesso: filosofico e sociologico, senza alcuna soluzione di continuità. Quel che lo interessava era lo studio della dinamica sociale: della società come fenomeno in perenne movimento. Gurvitch non distingueva tra movimento e istituzione (per usare la terminologia di Alberoni) : la società è movimento. Di qui la sua necessità di elaborare un pensiero sociologico “sinuoso” capaci di adattarsi a una realtà sociale in divenire.
George Gurvitch nasce nel 1894 ( per alcuni studiosi nel 1896) a Novorossisk in Russia sul Mar Nero, da una famiglia di ebrei russi. Il padre è un uomo d’affari che viaggia molto, portando con sé la famiglia . Compie i suoi studi a Dorpat (Estonia), e poi all’Università di San Pietroburgo, dove si addottora. Nel 1917 inizia a insegnare sociologia e filosofia del diritto, prima all’Università di San Pietroburgo, poi di Tomsk. Partecipa alla rivoluzione, senza essere membro di alcun partito. E’ su posizione socialiste e libertarie. Nel 1920, prima che la morsa del totalitarismo si stringa intorno a lui, abbandona la Russia. Come altri esuli russi sceglie provvisoriamente l’Università di Praga. E vi insegna fino al 1924. Dopo di che si trasferisce in Francia. Tiene corsi liberi alla Sorbona (1927-1929). Collabora col sindacato francese. Nel 1935 succede al sociologo Halbwachs nella cattedra di sociologia di Strasburgo. Allo scoppio della seconda mondiale si arruola come soldato semplice e va a combattere in prima linea. Ma dopo l’invasione tedesca sceglie la via dell’esilio negli Stati Uniti. Dove tra il 1940 e il 1944 ricopre l’incarico di direttore del French Sociological Institute (Ecole Libre) di New York. Finita la guerra rientra in Francia, e viene chiamato a insegnare alla Sorbona. Fonda i “Cahiers Internationaux de Sociologie” (1946). Riprende a collaborare con il sindacato. Nel 1962, a causa delle sue posizioni anticolonialiste è oggetto di un attentato terroristico da parte dell’OAS. Muore improvvisamente nel 1965.
L’ambito della sua ricerca è vastissimo: dal diritto alla sociologia delle conoscenza, dalle forme di socialità al concetto di classe e di determinismo sociale, dalla storia delle idee sociali ai problemi metodologici. Qui ci limitiamo a un abbozzo del suo " iperempirismo dialettico". Un approccio, non facile da spiegare e capire, Che tuttavia, una volta compreso, resta lo strumento euristico migliore per avvicinarsi alle sue opere.
Secondo Gurvitch la realtà sociale ( il lato empirico) si presenta suddivisa in una serie di piani, dieci per l’esattezza: 1) la superficie morfologica ed ecologica; 2) le organizzazioni sociali e gli apparati; 3) i modelli sociali; 4) le condotte collettive relativamente regolari; 5) le trame dei ruoli sociali; 6) gli atteggiamenti collettivi; 7) i simboli sociali; 8) le condotte collettive innovatrici e creatrici; 9) le idee e i valori collettivi; 10) gli stati e gli atti mentali collettivi. Questa "scomposizione" analitica, che secondo Gurvitch, riflette la realtà in quanto tale, implica una volta elaborata, il ricorso a un pensiero proteiforme (il lato dialettico): capace di cogliere e spiegare l’interazione dialettica tra i dieci piani e al tempo stesso di osservarsi dall’esterno per cogliere meglio il rapporto che si instaura tra dialettica reale e dialettica concettuale. Un duplice rapporto per il quale Gurvitch conia appunto il termine di "iperempirismo dialettico".
Immaginiamo la società, seguendo Gurvitch, come una successione di colate laviche che si sovrappongono le une alle altre: mentre sotto in profondità la lava si solidifica (si pensi agli aspetti ecologici, organizzativi e di condotta e mentalità), sopra in superficie la lava resta sempre allo stato semiliquido, se non liquido (si pensi alle condotte creative e alla veloce circolazione delle idee, fenomeni che spesso favoriscono brusche accelerazioni storiche e sociali). E quel che il sociologo deve cercare di cogliere, capire e spiegare - ecco la lezione di Gurvitch - è la natura vulcanica della società: i tempi, i modi e le ragioni dei successivi passaggi sociali, per mantenere la metafora, dallo stato liquido a quello semiliquido e solido.
Georges Gurvitch ha scritto alcune centinaia di articoli scientifici e una ventina di libri. Qui ricordiamo solo i principali: L’ Idée du droit sociale (1932), Sociology of Law (1942, trad. it. Edizioni di Comunità, Milano, 1957), La déclarations des droits sociaux ( 1944, trad. it. Edizioni di Comunità, Milano 1949) Twentieth Century Sociology (1946, curato con W.E. Moore, trad. it. delle pagine 267-296 sul "controllo sociale", Armando Editore, Roma 1997), La Vocation actuelle de la sociologie (1950, 2 voll., trad. it. del 1° volume, il Mulino, Bologna 1965), Le concept de classes sociales de Marx à nos jours (1954, trad. it. Città Nuova Editrice, Roma 1971), Déterminismes sociaux et liberté humaine (1955, trad. it. Città Nuova Editrice, Roma 1974), Traité de Sociologie ( sotto la direzione di Gurvitch, 1958, 2 voll., trad. it. Il Saggiatore, Milano 1967), Dialectique et Sociologie (1962, trad. it. Città Nuova Editrice, Roma 1968), Proudhon. Sa vie, son œuvre (1965, trad. it. Guida, Napoli 1974), Les cadres sociaux de la connaisance (1966, trad. it. Ave, Roma 1969).
Di Gurvitch va ricordato infine il denso profilo autobiografico, Mon intinéraire intellectuel ou l’exclu de la horde (“Lettres Nouvelles”, 1958). Un "fuoriorda", che dunque, non ha voluto o potuto avere allievi che ne continuassero il pensiero.

Carlo Gambescia

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