lunedì 31 luglio 2006


Il "Corrierone"
Come ti erudisco il lettore...




Domenica 30 luglio 2006. Corriere della Sera: una tranquilla domenica di disinformazione.
Apertura sull'indulto, con qualche dubbio... Si sa, i borghesi hanno paura dei furti ... Si ironizza invece sull'opposizione di Di Pietro. Ma accanto alla vignetta di Giannnelli che lo assimila a "Hez Bollah"(guarda caso...), si annuncia a pagina tre un servizio sui reclusi di Giarre, che invece preferiscono "restare in carcere". Che bravi! Poi magari mandiamo loro gli avanzi del pranzo domenicale (come faceva la brava borghesia del tardo Ottocento con i poveri...).
L' editoriale, è ovviamente scritto dal San Sebastiano dei professori liberisti: Francesco Giavazzi. Che questa volta se la prende con i coltivatori diretti. Ottima scelta, perché i coltivatori che percepiscono i sussidi comunitari sicuramente non leggono il Corriere della Sera. E poi abitano fuori Milano. Mentre i tassisti di cui il professore sarebbe diventato "bersaglio" no. Intanto, l'altro ieri, Pierluigi Battista, in qualità di "Commissario Politico del Partito Unico Liberale - sezione di Via Solferino", ha scomunicato proprio i tassisti milanesi, colpevoli di aver criticato le idee iperliberiste di Giavazzi. Per Battista sono tutti futuri brigatisti rossi... Dopo di che verrà il turno dei coltivatori diretti, di note simpatie leniniste...
Al centro della prima pagina, viene data grande evidenza alla Rice che "lavora alla tregua". Voi ci credete? Probabilmente neppure il Corriere della Sera. Ma devono crederlo i lettori. E dunque avanti tutta...
In alto, accanto al titolo di apertura, in buona evidenza, si annuncia a pagina 27 ("Cultura") un articolo di Giuliano Amato su Terzani. L'obiettivo è "normalizzarlo", strappandolo ai pacifisti antiamericani. Titolo, sul confidenziale, che fa molto vippaio accademico-mediatico: "Ma Tiziano non sarà mai un santone"... Notare che anche Aldo Grasso nella sua rubrica a pagina 35, dice più o meno le stesse cose, sul rischio "dell'iconografia pacifista". Evidentemenete dai piani alti di via Solferino è partito l'ordine per l'offensiva estiva contro i movimenti.
Alle pagine 8 e 9 , si tocca il fondo con la seconda e ultima puntata ("Contro le falangi del male"), di un reportage sulla "guerra vista da Israele", vergato - siamo sul Corriere della Sera - da Bernard-Henri Levy. Gli israeliani vengono assimilati ai combattenti repubblicani spagnoli e gli Hezbollah ( più Iran e Siria) ai fascisti di Franco. Guarda caso, Levy fa certe comparazioni storiche, tipo da guerre stellari, proprio quando l'attenzione mediatica sulla guerra civile spagnola, scoppiata proprio settant'anni fa nel luglio del 1936, è massima. Come per dire: la guerra contro il fascismo continua. Ora, è la volta, di quello islamico...
Dopo la notizia cattiva quella buona: non c'è il solito pezzo di Magdi Allam.
A pagina 12 si celebra Joseph Kabila (figlio), come candidato gradito all'Occidente: il solo con il quale combinare buoni affari... Di che tipo non si sa (o non si dice). Mentre più sotto, si ironizza sul "glossario autarchico" introdotto da Ahmadinejad. Scontata la foto di Mussolini (più piccola di quella del presidente iraniano), con richiamo, in perfetto stile Bernard-Henri Levy, alla "campagna" fascista contro i forestierismi" negli anni Trenta.
Invece nelle pagine economiche si inneggia alle fusioni-acquisizioni (leggi concentrazioni). Si veda infatti l'intervista al presidente di Abn-Amro. E liberismo dei professori? Quando fa comodo. E solo in prima pagina, come specchietto per le allodole.
Infine, nelle pagine dedicate agli spettacoli, si presenta il conto a Mel Gibson. Reo di aver guidato in stato di ubriachezza e rivolto insulti antisemti a un poliziotto di Malibù. Il che in effetti è esecrabile. Ma perché affiancare al resoconto dei fatti, un corsivo dove si lascia intendere che Gibson per famiglia, letture, e soprattutto come regista di "The Passion" (orrore!), se fosse nato cinquant'anni prima un tè con Mussolini e Hilter lo avrebbe preso.
Si dirà, è inutile insistere sulla disinformazione. Sono cose per gli addetti ai lavori... Tanto il lettore comune neppure se ne accorge. O comunque legge altro: di Moggi e Biscardi.
Ma il punto è proprio questo: il condizionamento del lettore. Assuefarlo, senza che se ne accorga, alla vulgata occidentalista (chiacchiere liberiste e distintivi militari), somministrandogli, con tocco apparentemente leggero (per gli inesperti), un mix di fatti e commenti tutti orientati a difendere, in primis, la politica americana e israeliana in Medioriente: dalle pagine dedicate alla politica a quelle economiche e culturali, senza tralasciare persino quelle degli spettacoli. Ma anche eliminando ogni remota possibilità di critica o dissenso.
Ad esempio, un fatto minore, ma probabilmente significativo: sarà un caso, ma dopo che Geminello Alvi, ha recensito un buon libro del grande orientalista Giuseppe Tucci (più di un mese fa), pubblicato da una casa editrice romana, sicuramente non filostatunitense, la sua firma è sparita dalle pagine culturali. Scrive solo di economia, e neppure spesso come prima...
Certo, il Corriere della Sera, pur non essendo mai stato antiamericano (neppure ai tempi in cui guardava con favore al compromesso storico e al ruolo del Pci), con la direzione Mieli si è decisamente spostato da posizioni filo a posizioni ultramericane.
E il processo di condizionamento del lettore sembra irreversibile. Anche perché, proprio in questi giorni, il patto di sindacato di Rcs ha tolto di mezzo l'amministratore delegato Vittorio Colao, sostituendolo con Antonello Perricone, più gradito a Mieli. Il quale potrà finalmente disporre di maggiore libertà economica (nella scelta di eventuali collaboratori prestigiosi, e dunque "costosi", ma in linea con le sue idee) . Pare che anche Prodi sia soddisfatto della scelta. Contento lui.

E le ambasciate americana e israeliana ?

Carlo Gambescia 

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