lunedì 15 luglio 2024

Trump "ipercapitalista"?

 

 


Ieri, su Trump, ne abbiamo lette di tutti i colori. Pensiamo in particolare, per parlare del micro mondo dei nostri social, a un commento dell’amico Carlo Pompei. Bravo analista che però nega l’epiteto-qualifica di fascista a Trump. Perché, nota, “ipercapitalista”, eccetera, eccetera (*).

Non può essere altrettanto negato che nella polemica giornalistica e politica il termine fascista – dopo il 1945 – abbia assunto un significato molto ampio, forse troppo, soprattutto negli Stati Uniti, dove ogni forma di autoritarismo la si usa tuttora liquidare come fascismo.

Però il ragionamento dei nemici americani di Trump, non è del tutto sbagliato. E per una semplice ragione: il fascista nega la libertà, qualsiasi tipo di libertà. Di conseguenza Trump che ha una visione tradizionalista, quindi coercitiva delle libertà individuali, rientra di diritto, per così dire, nella casistica.

Inoltre sul piano politico-economico Trump è un isolazionista, quasi ai limiti dell’autarchia. Crede in un’ America autosufficiente, che non ha bisogno di commerciare con altri paesi. Lo slogan “Fare  di nuovo grande l’America”, significa ribadire che gli Stati Uniti non hanno bisogno di nessuno. Un principio contrario a ogni forma di libero scambio.

E qui va fatta una precisazione. Tra le due guerre mondiali, il capitalismo, nei paesi dove prevalse il fascismo, si adattò al nuovo sistema, venne a patti: commesse militari, sostegno finanziario di banche pubbliche, o semipubbliche, in cambio di zero scioperi e pace sociale. 

Diciamo un capitalismo, che invece di espandersi all’estero in cerca di profitti, si accontentava di rendite interne, garantite dallo stato.  Così ad esempio, in Germania e Italia. Era il modo capitalista di sposare la causa della tentazione fascista. Non di tutto il capitalismo, ma di quello più accomodante e meno liberal-democratico.

Lo si può definire capitalismo fascista? Sì. A queste specie sociologica di capitalista, ben evidenziata anche nel suo primo mandato, quando il magnate si scontrò con i libero-scambisti americani, appartiene Trump. Pertanto, se dovesse vincere le elezioni – semplificando – migliorerebbero, di poco, le condizioni dei lavoratori americani ma peggiorerebbero, e di molto, quelle dei lavoratori non americani.

Trump, per dire una banalità, è per il capitalismo in un solo paese. Separa lo sviluppo capitalistico dallo sviluppo del mercato mondiale, che vedrebbe ben volentieri invaso – ecco il suo nazionalismo economico o neomercantilismo – da merci americane, senza però riceverne in cambio di non americane. Insomma Trump  più che iper, ipocapitalista.

Non ci vuole il cervello di Vilfredo Pareto per scoprire che il capitalismo americano propugnato da Trump è la copia conforme di quello di Xi Jinping. Che a sua volta si è ispirato, intenzionalmente o meno, al sistema economico della Germania Nazista (controlli sul commercio estero, anche monetari, diffusi finanziamenti pubblici, costruzione statale di infrastrutture, zone di sviluppo e piani economici controllati dal centro)

Inoltre la visione della politica di Trump (il suo odio per le istituzioni liberali, per ogni forma di dibattito pubblico, l’appello alla violenza popolare, eccetera) è tanto autoritaria quanto quella di Xi Jinping. Inoltre, sebbene possa sembrare eccessivo quanto stiamo per dire, il partito repubblicano, dal punto di vista del controllo, anche formale, che Trump esercita su di esso, ricorda quello del partito comunista cinese.

Queste riflessioni, politiche ed economiche, valgono anche per un allineamento tra gli Stati Uniti auspicati da Trump e sistema politico-economico russo. Per contro l’Europa, al momento, sembra andare a rimorchio di americani, russi e cinesi. Il vaso di coccio tra vasi di ferro, soprattutto militarmente. Ma questa è un’ altra storia.

Ovviamente non pensiamo a un cinesizzazione politica degli Stati Uniti, però il mondo di Trump, come quello dei cinesi ( e dei russi), è un mondo di blocchi economici, pronto, con la pistola carica, a farsi la guerra. Trump ha una visione bellica dell’economia. Proprio come il fascismo (e, mai dimenticarlo, come il nazionalcomunismo, e il populismo militare). E questo lo rende molto pericoloso.

Naturalmente, per chiunque abbia una visione romantica del fascismo, Trump è un capitalista, un borghese, nemico del popolo.

Ma è proprio così? Ora, a parte che il fascismo romantico è comunitarista, quindi arcinemico di ogni forma di individualismo liberal-democratico, va anche detto che sul piano economico è autarchico. Proprio come Trump. Diciamo che al momento fascisti romantici e Trump si annusano. Sebbene, come provano le frequentazioni di Trump e l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, le frange lunatiche non lo disdegnino. Per dirla alla buona, tutto fa brodo pur di abbattere l’odioso sistema liberale.

A quest’ uomo ieri hanno sparato ritenendolo un pericoloso fascista capace di attentare alle libertà americane. Diciamo pure che il metodo è sbagliato, però la pericolosità fascista del personaggio, non solo per le libertà americane, non può essere negata.

Carlo Gambescia

 

(*) Qui le tesi di Carlo  Pompei: https://www.facebook.com/photo?fbid=3850818338538949&set=a.1388148961472578   .

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