Laura Pausini, ospite di un programma televisivo spagnolo, non ha voluto intonare “Bella ciao”e la sinistra iberica si è offesa.
Perché una cantante, di fama mondiale si rifiuta di cantare “Bella ciao” e il popolo di sinistra di offende?
Un passo indietro. “Bella ciao” in Italia, era un canto di protesta, adottato dai partigiani, poi monopolizzato, per ragioni propagandistiche, dal partito comunista. Perciò in Italia la canzone viene tuttora giudicata, a livello di gente comune, nel bene e nel male, come un retaggio, per gli uni nobile, per gli altri vergognoso, di un gruppo politico che aveva combattuto contro il fascismo, vedendo però nella Resistenza – qui il problema – solo la prima tappa per un rivoluzione armata al tempo fondata sulle idee di Marx, Lenin e soprattutto sulle armate di Stalin.
All’estero, negli anni, la canzone è diventata generico patrimonio della forze di sinistra. Una specie di simpatica bandiera canora del progressismo. Pertanto all’estero, Spagna inclusa, “Bella ciao” ha una valenza politica più rosa che rossa: un simbolo libertario più che comunista.
Perciò, a nostro avviso, la Pausini, ha fatto male a non intonarla. Come però fanno male, coloro, soprattutto in Italia, che insistono nel dipingere il rifiuto come coraggioso e anticonformista.
In Spagna delle nostre beghe storiche non ne sanno nulla. Però, anche lì, esiste il riflesso antifascista, che deriva da una durissima guerra civile, e così la Pausini è stata crocifissa.
Del resto risulta debolissima anche la sua spiegazione sull’artista che non deve fare politica. Che politica si può fare accennando “Bella ciao”, intesa in tutto il mondo, come un simbolo libertario? Ossia, stando al vocabolario, una specie di bandiera per chi “consideri e proclami la libertà totale di pensiero e di azione come massimo valore nella vita individuale, sociale e politica, da salvaguardare e difendere contro tutto ciò che tende a limitarla”. Figurarsi perciò un artista. Come non può non essere libertario?
Però si potrebbe dire, che proprio perché tale, la Pausini aveva il diritto di rifiutarsi: sono artista e faccio quello che voglio, quindi non canto “Bella ciao”.
Il punto è che la Pausini ha tirato fuori dall’armadio il solito argomento di destra: dell’artista che non deve fare politica, usato contro la sinistra che, stando sempre alla destra, politicizzerebbe tutto.
Riassumendo, ci si può rifiutare di cantare “Bella ciao” – ci mancherebbe altro – ma non in nome della solita apoliticità evocata dalla destra, ma perché un libertario, se tale veramente, ha il pieno diritto di non cantare anche un canzone libertaria.
E qui, si dovrebbe riflettere sulla coda di paglia di una sinistra, che parla di libertà, per poi rifiutarla al primo accenno di dissenso. Ma anche sulla finta apoliticità dell’artista, evocata dalla destra, come scusa per impedire qualsiasi critica sociale.
Che malinconia.
Carlo Gambescia
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