Esiste una specie di colpa intellettuale del recensore. Che consiste nell’aver sottovalutato, quindi ignorato, un libro di valore, che invece avrebbe meritato la massima attenzione. Sicché una volta scoperto il “fallo”, si avverte una tristezza cosmica frammista a un senso di colpevolezza assoluta, forse irreparabile.
Abbiamo provato questa terribile sensazione ripescando nella nostra biblioteca, così per caso, appena tornati da una breve vacanza, il bellissimo romanzo, postumo, di Giuseppe Palomba (che però si firma come Corrado Barberino, pseudonimo quindi), Sekhmet la possente ( Autorinediti 2017). Romanzo che abbiamo letto tutto d’un fiato. Una cosa travolgente. Forse il ripescaggio non è frutto del caso… Se fosse qui con noi, il professor Palomba potrebbe dire la sua… Comunque sia, tentiamo di riparare al misfatto critico e bibliografico, come comprova la data di uscita del romanzo.
L’edizione è curata egregiamente, diremmo anche eroicamente, dalla nipote dell’economista, la dottoressa Maria Rosaria Cianniello. Che, come si legge nell’eccellente Introduzione, lo ebbe nel 1984 in veste di dattiloscritto, dalle mani stesse del nonno, “ uomo così speciale, complesso, sempre vicino ma irraggiungibile” (per inciso, buon sangue non mente mai). Il professor Palomba, mancò nel 1986. Era nato nel 1908.
Il romanzo, scritto nell’estate del 1944, è ambientato nella Napoli sconvolta dai bombardamenti, impaurita ma fino a un certo punto, sempre ricca di umori vitali, portato di una antropologia archetipica che annulla le distanze storiche e sociali. L’opera ha profondissime radici esoteriche, come del resto si evince dal titolo che rimanda a Sekhmet divinità egizia della guerra, figura che si interseca simbolicamente con quella di Bastet divinità dell’amore.
Per capire il taglio del racconto, che pone al centro l’enigmatica ma appassionante figura del trentaseienne professore universitario di matematica, Gregorio Pauli, si può tentare un costruttivo raffronto con il denso film di Mario Martone ("Morte di un matematico napoletano", 1992), dedicato a un altro matematico, realmente esistito però: Renato Caccioppoli.
Il film di Martone è un film sociale, essoterico, ripiegato sulla figura del ribelle antiborghese, di genio, che, forse proprio perché tale, prende una sua deriva alcolica e anarchica, sullo sfondo di una Napoli mediocre, persino nelle forze politiche – nel caso il partito comunista – che vogliono risollevarla.
L’approccio di Martone è quello di un materialista storico, elegante e forbito, spesso in aperto conflitto con lo stesso materialismo storico; un film che comunque si fa vedere ma che non fuoriesce dagli schemi del non conformista maledetto da dio e dagli uomini: il professor Caccioppoli.
Per contro il professor Pauli non è sicuramente un conformista, ma quanto a spessore letterario, risulta superiore al professor Caccioppoli. Certo, ferma restando la natura degli strumenti usati: un film, un libro. Nonché vanno considerate le differenze generazionali tra i due demiurghi: Palomba e Martone.
Comunque sia, per capirsi: Caccioppoli si fa dominare dalle “divinità infere” (per usare il linguaggio palombiano) mentre il professor Pauli si mette di traverso e lotta fino in fondo, sebbene anch’egli sottoposto alla “ruota” del samsāra, al logorante ciclo di vita, morte e reincarnazione.
Se i personaggi che ruotano intorno a Caccioppoli sono quasi privi di vita interiore, proprio per l’approccio materialista, ripetiamo, essoterico di Martone, quelli che ruotano intorno al professor Pauli, dagli effervescenti liceali, Luigi, Nicola, Guglielmo, alle rigogliose figure femminili, Clara, Vera, Anna, Juanita, hanno una vita interiore straripante e conflittuale, che rimanda a caratteristiche archetipiche ed esoteriche. Non semplici “caratteri” sociali, ma figure metafisiche scolpite nel subconscio del professor Pauli: un’interiorità che si apre però sull’ “oceano esistenziale”. Qui la grandezza dell’approccio, semplificando idealistico, di Giuseppe Palomba, o meglio ancora la profondità esoterica della sua scrittura.
Inoltre l’intreccio – la “ciccia” nel colorito linguaggio dei revisori editoriali – del romanzo “prende”. Siamo davanti a un lavoro ricco e articolato, capace di rinviare a più generi: noir, di formazione, persino di natura galante, con notevoli punte di sottile e penetrante tensione erotica, che adombrano un accoppiamento poco giudizioso (per dirla scherzosamente con Gadda), sebbene a livello metafisico, tra riti dionisiaci e comunità androgina di uomini donne…
Però la trama resta importante fino a un certo punto. E comunque sia, al lettore il gradito compito di scoprirla. In realtà quel che conta – che scolpisce e colpisce – sono i contenuti dei dialoghi: l’analitica spirituale delle anime, mai perse, magari fluttuanti, ma capaci di reincarnarsi attraverso i secoli in cerca di una via d’uscita dalla prigione del samsāra.
Una lotta senza fine con se stessi che rappresenta il punto di partenza di un viaggio interiore, iniziatico, verso una metafisica della vita, come ricerca delle costanti psicologiche, ma profondissime, addirittura latomiche, che ne attraversano i lati più oscuri e sulfurei: veri archetipi comportamentali. Se Caccioppoli si arrende, o comunque soccombe e si suicida, il professor Pauli scava dentro se stesso e dentro gli altri, in modo instancabile, marcando la distanza tra essoterismo ribelle ed esoterismo riflessivo.
Si dirà che professor Caccioppoli è realmente esistito mentre il professor Pauli è frutto della fantasia di Giuseppe Palomba. Fino a un certo punto, crediamo. Nelle pagine del romanzo e in particolare nelle magistrali orchestrazioni dialogiche del professor Pauli si ritrova in nuce il professor Palomba, insomma c’è già il progetto dello studioso: un arcieconomista, di formazione matematica, sempre però a metà strada tra l’economia pura e l’economia applicata, tra la filosofia e la teologia, tra il ripudio dell’essoterico e il tripudio dell’esoterico. Un tornado intellettuale spesso incompreso, forse perché temuto, dai suoi contemporanei.
Giuseppe Palomba resta un personaggio straordinario, e questo eccezionale romanzo, che va letto assolutamente, ne spiega il perché. Un romanzo che aspetta il suo nuovo Martone. Perché sarebbe bello farne un film.
Carlo Gambescia
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