martedì 18 febbraio 2020

Reddito di Cittadinanza
Come buttare i soldi dalla finestra

La mettiamo subito giù dura. Il debito pubblico italiano  si avvia  a superare i  duemilacinquecento miliardi. Una cifra colossale che indica l’esposizione dello stato nel riguardi di altri soggetti economici (individui, imprese, banche, stati esteri). Siamo ben oltre  il Pil (duemila miliardi circa).
Tradotto:  se una famiglia guadagna cento non può avere debiti  per centotrentacinque ( o comunque per più di un quarto di quel che entra).
Certo, uno stato può stampare moneta, moltiplicando però  i prezzi dei beni. O,come sta facendo l’Italia, implorare l’elemosina (altri crediti a tassi altissimi e dilazioni).  O, altra ricetta italiana, spennare i contribuenti innalzando il vessillo del patriottismo fiscale.   
Con un debito pubblico altissimo, e  con il clima di instabilità che ne deriva,  non si  cresce, si vegeta. Ecco  la condizione dell’economia italiana:  una famiglia che vive di debiti,  dei piccoli risparmi  delle generazioni del dopoguerra  e di chi si fida ancora (ma sono sempre di meno)  delle imprese italiane.  E’ ovvio  che poi  di debito pubblico vivano le banche, certe banche, tra l’altro obbligate ad acquistare i titoli pubblici. Ma di solito  sui vincoli di portafoglio dei titoli pubblici si tace...  
In questa situazione l’Inps informa che

«sono 1 milione 119 mila le domande di reddito e pensione di cittadinanza accolte dall'Inps. Tra le famiglie che hanno ottenuto il beneficio 60 mila sono decadute. Quindi le famiglie titolari di reddito (933 mila, per 2,419 milioni di individui) e di pensione di cittadinanza (126 mila con 143 mila persone coinvolte) sono nel complesso 1 milione e 59 mila, corrispondenti a 2 milioni 562 mila 'teste'. E' quanto riporta l'Osservatorio Inps sul Reddito di cittadinanza aggiornato a inizio febbraio. L'importo medio mensile percepito ammonta a 496 euro.
Finora per il Reddito e la pensione di cittadinanza sono stati spesi 4 miliardi e 358 milioni di euro circa».

Capito?  Quasi quattro miliardi e mezzo di euro  in meno di un anno. Sicché in tre anni (durata provvisoria  dell’esperimento) si raggiungerà la sommetta di circa quattordici miliardi. Che verranno finanziati o con altro debito pubblico o con tasse più alte. 
Per avviare al lavoro chi?  Qui viene il bello.
Persone, stando a quanto emerge dalle prime indagini,  che vivono ai margini del lavoro e della società. E che al massimo  potrebbero  essere oggetto non di politiche pubbliche  del lavoro ma di politiche rivolte a contrastare la povertà (ammesso e non concesso che entrambe funzionino).
Cosa vogliamo dire?  Le politiche del lavoro sono rivolte verso coloro che  hanno perso il lavoro, e che quindi possono essere "approcciate" in termini di labour resourcing.  Invece le politiche contro la povertà riguardano coloro che non hanno  mai lavorato o che non lavorano da decenni. La “platea” per così dire è completamente differente. 
Nei Centri per l’Impiego di  tutta Italia, dove tra l’altro i cosiddetti  “navigator” non lavorano in condizioni certamente ideali,  sono sorti enormi problemi di natura  curriculare  in senso stretto. Detto altrimenti:  non si sa  cosa si deve scrivere sui curriculum  di persone  prive  di risorse professionali, perciò  di qualsiasi appetibilità economica per le imprese, carenti quindi  non solo  dal punto di vista  delle  mansioni non specializzate, ma soprattutto  da quello "basico" di tipo  comportamentale e  relazionale.
Una tragedia   -   non sapremmo quale altro termine trovare -  provocata dall’errore fondamentale, come dicevamo, di confondere  mercato del lavoro e lotta alla povertà. Insomma, per dirla alla buona,  di mescolare insieme acqua e olio, sotto l’etichetta dell' "Extravergine":  "Reddito di Cittadinanza".
Detta più propriamente: di mettere insieme due protocolli sociologici profondamente diversi, addirittura opposti, il primo economico, il secondo assistenziale.
Ecco come si buttano i soldi dalla finestra. E si affossa il debito pubblico.

Carlo Gambescia