giovedì 6 febbraio 2020

Il summit romano della Edmund Burke Society
Conservatori? Non basta la parola



Si  è tenuta a Roma il  3-4 febbraio la seconda edizione della National Conservatism Conference,  organizzata dalla  Edmund Burke Society  in  collaborazione con l’associazione  italiana “Nazione Futura”.  Tema del convegno:  “God, Honor, Country: President Ronald Reagan, Pope John Paul II and The Freedom of Nations”.   Vi hanno partecipato politici europei  sovranisti come Marion Maréchal, già parlamentare  lepenista,  Giorgia Meloni, postmissina e postaennina,  Viktor Orbán, diciamo liberale molto per caso.   Matteo Salvini,  nonostante fosse tra i relatori, non  si è presentato, lasciando   tutta  scena a Giorgia Meloni, che come vedremo ha fatto del suo "meglio"  per rimpiazzarlo.   
Quanto agli intellettuali invitati, per quanto ne sappiamo, si è trattato di seconde se non terze file del pensiero conservatore euro-americano (*). 
Inutile sottolineare, come confermeranno  le relazioni, che il tema in sé  è   uno scatolone  vuoto: “God, Honor, Country”, sono valori, che ognuno  interpreta come meglio crede. Ad esempio Hitler difendeva l’onore della Germania nazista, in nome di un dio tedesco  antisemita, non sgradito al protestantesimo e cattolicesimo filohitleriani.  Quanto a Reagan e Giovanni Paolo II, quel che li separava, ad esempio, la difesa della libertà di mercato era superiore, e di molto a quel che li univa, l’anticomunismo.       
Vorremmo però concentrare la nostra attenzione sull’intervento di Giorgia  Meloni. Per capirne lo spirito riteniamo bastino alcune citazioni dal suo discorso inaugurale (**):

 «Il nostro principale nemico è oggi la deriva mondialista di chi reputa l’identità, in ogni sua forma, un male da combattere e agisce costantemente per spostare il potere reale dal popolo a entità sovrannazionali guidate da presunte élite illuminate. Ricordiamocelo, perché non abbiamo combattuto e sconfitto il comunismo per sostituirlo con un nuovo regime internazionalista, ma per consentire a nazioni indipendenti di tornare a difendere la libertà, l’identità e la sovranità dei loro popoli».

« La logica del “vincolo esterno”, quella per cui c’è sempre qualcuno che si arroga il diritto di decidere al posto dei popoli sovrani e dei governi nazionali. E questo qualcuno a Bruxelles o a Francoforte, a Davos o nella City londinese, pur non avendo alcuna legittimazione democratica, condiziona ogni giorno le scelte economiche e quindi le scelte politiche di chi invece quella legittimazione l’ha ottenuta dal voto popolare».
«Le scelte dei governi nazionali si rivelano incompatibili con il vincolo esterno si attiva subito il processo di normalizzazione: o il Governo si piega ai diktat sovrannazionali oppure sarà rimosso e sostituito, usando come armi i vincoli economici europei da rispettare, le azioni mirate sui mercati finanziari, l’influenza sui media».

«A noi non servono i manuali di indottrinamento ideologico cari alla sinistra. La nostra visione valoriale e di visione del mondo è in realtà una cosa molto semplice come ci raccontava un grande filosofo morto pochi giorni fa, Roger Scruton: “La vera ragione per cui le persone sono conservatrici è che sono attaccate alle cose che amano” E quello che io considero un altro grande padre del pensiero conservatore, John Ronald Reuel Tolkien, lo spiegava in modo altrettanto chiaro, per bocca di uno dei personaggi del suo Signore degli Anelli: “non amo la lucente spada per la sua lama tagliente, né il guerriero per la gloria, né la freccia per la sua rapidità: amo solo ciò che difendo”».

«Quando Trump dice “America first” o noi diciamo “Prima gli italiani”, c’è sicuramente anche un aspetto di difesa dell’interesse economico nazionale rispetto agli altri Stati, ma a mio avviso per noi conservatori il riferimento dovrebbe essere soprattutto alla Grande finanza e ai grandi poteri economici che stanno imponendo la loro volontà agli Stati nazionali. Il messaggio “prima la nostra Patria” vuol dire, nella mia visione, ribadire il primato dell’economia reale su quella finanziaria, ribadire la sovranità popolare sulle entità sovranazionali prive di legittimazione democratica».

Crediamo ci sia poco da commentare. Lessico e contenuti  non rinviano  al conservatorismo  animato da un sano realismo  politico ed economico, rispettoso dell’esperimento liberale in tutti i campi, bensì alla grammatica ideologica dell' estrema  destra, populista o neofascista. Un pensiero che vede   nell’economia di mercato  e nella liberal-democrazia la lunga mano di un complotto ordito da fantomatiche élite  contro un altrettanto  fantomatico popolo.
Si notino in particolare le citazioni di Scruton e Tolkien, ( mediocre pensatore politico il primo; vecchio mito, suo malgrado, della gioventù missina il secondo). Cosa significa che  il conservatore difende ciò che ama?  Tutto e niente.  Hitler,  grande amante  del popolo  tedesco si propose di  difenderlo dal pericolo  ebraico. E sappiamo come.    
Il conservatorismo meloniano,  molto applaudito quindi condiviso da relatori e pubblico presente, rimane  uno scatolone vuoto, dentro cui  vi si  può mettere di tutto:  non solo le pseudo-idee politiche di Trump, ma visto che siamo in Italia anche quelle velenose di Mussolini.
Senza l'adesione, chiara e netta,  al  presidio neutrale della libertà,  rappresentato  dalla democrazia rappresentativa, dal libero mercato e dallo stato di diritto,  naturale prolungamento, in senso autenticamente burkeano, della mano invisibile della modernità, non c'è spazio per alcun conservatorismo. E a maggior ragione non ce n' è   per il conservatorismo  posticcio alla Giorgia Meloni.  Che, come evidente,  in caso di contrasto con i valori liberali,  avanza regolarmente le stesse presuntuose  ragioni che animarono e animano i nemici della società aperta, dai tradizionalisti ai fascisti e comunisti:  la pretesa di sapere, ovviamente in alto,  ciò che sia bene per il "popolo", entità misteriosa, ogni volta ridefinibile a piacere,  nonché, cosa ancora più pericolosa, di  sapere, di riflesso,  ciò che sia bene  per ogni singolo individuo.   
Insomma,  si è contro il presupposto fondamentale della società liberale:  che ogni individuo sa ciò che è bene per sé, e che  nessuno deve o può  forzarlo a fare ciò che non vuole o non  può  fare: né  in nome dello “stato”,   del  “popolo” o peggio ancora della “razza”.   

Carlo Gambescia


(*) Qui l’elenco dei relatori  partecipanti:   https://nationalconservatism.org/natcon-rome-2020/ .  Si metta a confronto questa lista con quella dei firmatari,  nomi molto più "pesanti",  del Manifesto di Parigi: https://thetrueeurope.eu/uneuropa-in-cui-possiamo-credere/ .