lunedì 26 agosto 2019

Crisi di governo, le lezioni della storia che nessuno ricorda
Riecco i veti



Bonomi nel febbraio del 1922, in un’Italia dove impazzava lo squadrismo fascista, si dimise senza voto di sfiducia del Parlamento. Nel corso delle successive   trattative  si aprì una finestrella  per la nascita di un governo Giolitti con l’appoggio di liberali,  popolari e forse dei socialisti riformisti  (che nel mese di ottobre i socialisti in pieno clima pseudo-rivoluzionario avrebbero espulso dal partito).
Se il tentativo fosse riuscito, sarebbe nato un governo inviso a Mussolini. Che accadde invece? Sturzo, nascondendosi dietro una votazione del gruppo parlamentare popolare,  pose il  veto. Ne nacque il Governo Facta,  spostato più a destra, non sgradito ai fascisti.
In luglio, dopo altri  gravissimi  atti di violenza, si profilò la possibilità, di un ministero antifascista Sturzo-Turati-Treves, presieduto da Bonomi,  sostituito in gennaio da Facta.  Giolitti si oppose. Sturzo pure, Turati nicchiò.  Non se ne fece nulla.  Di lì a qualche mese l’Italia si consegnò a Mussolini. 
Non siamo impazziti,  abbiamo rievocato una triste vicenda politica, distinta da veti incrociati, frutto velenoso della cecità di partito, per un semplicissima ragione:   perché nell’Italia del 2019  i veti  di Luigi  Di Maio e Nicola Zingaretti rischiano di consegnare il Paese  a Salvini.  Che non è Mussolini, ma resta comunque pericoloso. Altro che "due forni" democristiani. 
Perché continuare a farsi del male?  Perché ignorare le lezioni della storia? 

Carlo Gambescia

(*) Nella foto, da sinistra a destra: Giolitti, Facta, Turati, Sturzo.