venerdì 28 giugno 2019

Salvini, audace e fortunato
Come Mussolini



La fortuna aiuta gli audaci. Il punto però  resta  lo scopo dell’audacia.  A quale fine  sia rivolta, se buono o cattivo.
Ad esempio, nel Novecento, Mussolini fu un uomo audace e fortunato. Prese il potere  con un  colpo di stato, mobilitando i suoi armati contro il governo liberale,  sfruttando le contraddizioni e divisioni  degli avversari politici. In particolare seppe abilmente intercettare  la voglia di normalità degli italiani, usciti da una guerra mondiale. E gli italiani, avvinti dalle parole,   perdonarono  il delitto Matteotti e digerirono le misure eccezionali, che stravolgevano ogni principio di libertà. 
Potremmo citare anche altri casi. Lenin, Hitler, uomini altrettanto audaci e fortunati, ma con un’idea di dittatura ben salda nella mente. Audacia… a fin di male.
Matteo Salvini è della stessa  specie, audace e fortunato, probabilmente con differenze di grado, legate alle doti  dell'’uomo e al diverso carattere dei tempi. Fermo però restando tutto il resto.  
Salvini  è  audace, perché dice cose e porta avanti progetti politici, economici e sociali profondamente contrari all’ordine liberale,  con una crudezza  e una violenza verbale  che rinviano ai tempi della retorica  fascista.   Siamo perciò  davanti a  qualcosa di inaudito, di  mai sentito negli anni della Repubblica.

Salvini è fortunato per due ragioni. 
La  prima,  perché   incontra la voglia di normalità degli italiani, non usciti dalla guerra come allora, ma altrettanto egoisti e sordi, gelidamente  disposti a  tutto pur di difendere il proprio status. 
La seconda, perché le opposizioni italiane ed europee, sono deboli e divise. Il liberalismo  - e non è la prima volta - sembra aver  paura di usare la spada contro i suoi nemici. Resta indeciso, cincischia,  aggrappandosi alle regole ben oltre ogni misura prudenziale.   
E da questa codardia,  trae vantaggio  Salvini, che una volta conquistato il governo con astuzia e fortuna ( si pensi solo alla pochezza intellettuale dei suoi alleati),   usa il potere costituito,  come un moltiplicatore, imponendo  agli avversari un onere  della prova  che non può  spettare a lui, potente Ministro dell’Interno e Vice Presidente del Consiglio, “eletto dal popolo”. E che dunque, come nuovo unto del "popolo-signore",  non può mentire 
Perciò è perfettamente inutile elencare le bugie  di Salvini, anche sul piano della semplice dialettica politica.  Perché significa scendere sul  suo terreno preferito di gioco, quello della menzogna,  del rigirare i fatti,  della calunnia. Si pensi a bugie, facilmente smascherabili,  come quella che  l’Olanda sarebbe obbligata a prendere gli immigrati della Sea Watch, quando il diritto del  mare e i trattati, in particolare Dublino,  imporrebbero di prenderli all'Italia.  Le bugiarde parole di Salvini  diventano verità in forza del fatto che a  pronunciarle solennemente è un politico di primissimo  piano, "al quale piace sempre  quel che piace agli italiani" .

Il potere, diventa così, ripetiamo,  un moltiplicatore del potere stesso, trasferendo sugli avversari, dipinti però come  falsi e corrotti, l’onere della prova.  Parliamo di un potere  che in ultima  istanza  può  essere contrastato, solo con una forza maggiore, che però attualmente l’Ue non ha, se non in versione economicista, limitata alle leggi di bilancio, sulle quali, proprio per la materia stessa, resta sempre facile trovare accomodamenti, proporre dilazioni, ipotesi di accordo:  tutte perdite di tempo, che però finiscono per favorire il gioco sporco di  Salvini.  
Per ridurre all’osso la questione:  opporre come unico deterrente a un personaggio pericoloso per la liberal-democrazia  come Salvini,  l’idea "del mercato che vota  tutti  i giorni", significa usare un fucile a tappi. Vuol dire consegnarsi alla sua propaganda  sovranista che trae forza proprio dall’indicazione del nemico: il burocrate Eu, l’immigrato, l’intellettuale di sinistra, il banchiere, l'economista, l'organizzatore umanitario,  eccetera, eccetera.  Tutti  dipinti come bugiardi, corrotti e  nemici dell’Italia, della quale  Salvini si  è autonominato difensore ufficiale e unico.
Che importa  a Salvini dei mercati che votano tutti i giorni? Anzi per lui diviene gioco facile opporre, al voto falso dei mercati, quello vero degli italiani: al "ricatto" dell'economia i "diritti" dell'Italia. Salvo tacere, come suo costume, sui costi...  E del resto gli italiani, per ora,  non chiedono spiegazioni. Come potrebbero? Dal momento che  siamo dinanzi a  un nuovo  uomo della provvidenza? Che, come da copione,  mai rinuncia a quel tono minaccioso,  che traspare  da  video e  interviste,  del  “provate ora  a dire il contrario”?  
La situazione è grave. E  non ha precedenti nella storia della Repubblica.  Qui serve altro.

Carlo Gambescia