domenica 2 giugno 2019

Festa della Repubblica,  il discorso del Presidente  Mattarella
La corda dell’impiccato

Stupisce che un giurista, e in particolare un professore di diritto pubblico, con specializzazioni in diritto costituzionale e parlamentare come Sergio Mattarella, tra l’altro già Ministro degli Interni e politico di lunga data,  si mostri così incerto sulla definizione di democrazia. Ci riferiamo in particolare  al discorso di  apertura delle celebrazioni del 2 Giugno (*)
La democrazia, in sé per sé, senza  correzioni di tipo liberale,  è destinata alla autodistruzione. Si noti infatti come i nemici del liberalismo, dai  fascisti ai comunisti,  usino celebrare la democrazia nella sua versione diretta e plebiscitaria, opponendola  alla democrazia rappresentativa, per l’appunto liberale.
Si tratta di una scelta celebrativa alquanto sospetta, perché  la differenza  tra la democrazia plebiscitaria e la democrazia rappresentativa è  proprio  data dal rispetto liberale nei riguardi delle minoranze.  Per un democratico la maggioranza ha sempre ragione, per un liberale no. Di qui proviene il rispetto del liberalismo per le minoranze politiche e la conseguente articolazione giuridica  dei diritti e doveri delle maggioranze e delle minoranze politiche.
Quando Mattarella asserisce  che “la democrazia è incompatibile con la ricerca del nemico” confonde la democrazia liberale, che tendenzialmente è trasformazione  del nemico in avversario, con la democrazia tout court,  che nella sua forma plebiscitaria, nel senso del chi vince può opprimere lo sconfitto, scorge inevitabilmente  in ogni avversario un nemico. 
Sarebbe perciò corretto dire che è  la liberal-democrazia,  e non la democrazia, a risultare “incompatibile con la ricerca del nemico”.  Ma proprio sempre?  E qui si giunge a un punto nodale sul quale Mattarella sembra stranamente non avere le idee chiare. 
Ci spieghiamo meglio:  non è affatto vero che  basti  “il dialogo” per avere ragione  dei nemici  - attenzione  non della democrazia tout court  (che proprio perché intesa come tale può essere usata artatamente dai suoi nemici),  bensì  della  liberal-democrazia.
Il Secondo conflitto mondiale, con le democrazie liberali  costrette, tra non pochi tentennamenti, a raccogliere la sfida delle democrazie plebiscitarie, quindi a sfondo totalitario, per  battersi, con tutti i mezzi possibili, anche i più duri, pur di vincere,  testimonia l’esatto contrario.  Il prossimo 6 giugno, saranno settantacinque anni dallo sbarco in Normandia (nella foto).  Una data importante per la storia della democrazia liberale.  Da non dimenticare mai.   

Pertanto la liberal-democrazia con i nemici della liberal-democrazia (scusandoci per la ripetizione) non può non essere inflessibile. Proprio come nel 1939-1945.  Pena la sua distruzione.
Ora, che un uomo di studi giuridici e politici come Mattarella   confidi solo nella forza del dialogo ( se si vuole, del porgere l’altra guancia), e per giunta nei riguardi dei nemici della liberal-democrazia, che vogliono usarla strumentalmente inneggiando ai valori supremi della democrazia tout court, indica una sola cosa:  che il Presidente della Repubblica rischia di  fornire,  a chi  non merita la qualifica di avversario ma di nemico,  la corda per impiccarlo…  Anzi, per impiccarci tutti.  
Certo, l’espressione può anche non piacere.  Provi allora il lettore a trovarne una più gradevole  e al  contempo più efficace.

Carlo Gambescia