lunedì 17 giugno 2019

Dugin for dummies...


Abbiamo messo insieme alcuni brani  del  Dugin Pensiero,  tratti da interviste significative a siti e giornali italiani principalmente di destra, diciamo però con varie sfumature. Non è comunque  questo il punto.
Le vere  questioni  sono  la natura reazionaria del pensiero duginiano e l’incompatibilità delle sue  tesi con la modernità liberale.  Di più, diremmo, con la modernità tout court, come si può facilmente capire  dai  testi riuniti. Il  che ovviamente  spiega le simpatie fasciste e populiste in Italia e altrove. Tema quest’ultimo che riconduce agli effetti di ricaduta politica del pensiero duginiano, effetti che possono essere   pericolosi, soprattutto nel presente quadro politico.
Come comportarsi allora?   “Imparare”, studiare e capire. Cose  che oggi non si fanno più… E in che modo? Puntando,  ad esempio, su  lavori antologici,  ovviamente in forma più ampia,   che permettano anche ai dummies  di comprendere tutta la pericolosità politica e  sociale del pensiero di Dugin.  
Attenzione,  i  dummies, che dovrebbero essere interessati a capire e imparare (il condizionale è d'obbligo)  non  sono presenti  solo  tra il  popolo, insomma la gente comune,  ma, come talvolta capita per certi cognomi, sono diffusi, cosa ancora più pericolosa,  tra le  élite.  A buon intenditor...
Buona lettura.

Carlo Gambescia 


P.S.  Il grassetto  nei testi è originale.
          
     
 ***

Contro la modernità
Oltrepassare la Modernità non è facile, ogni alternativa rischia di essere impregnata di alcuni pregiudizi moderni. Abbiamo bisogno di non temere nulla, incluso il regresso, l’autoritarismo e così via. Noi ci vergogniamo di questi fenomeni perché risentiamo della mentalità moderna. Io apprezzo il comunitarismo, in sé possiede qualcosa di premoderno in quanto comunità organica di persone che vivono relazioni personalizzate con la natura e con I propri simili. Ma non dovremmo escludere un immaginario imperiale basato sulle gerarchie e sulla sacralità. Noi abbiamo bisogno di restaurare tutte e tre le funzioni originarie tradizionali quali il Sacerdote, il Guerriero ed il Contadino. L’economia è il campo del contadino, in tal modo la comunità rurale e dei piccoli artigiani sono la base dell’aspetto materiale della società. Ma al di fuori della Modernità tale aspetto materiale dovrebbe occupare l’ultimo posto di ciò che interessa. La base reale della società dovrebbe essere il Paradiso, la vita spirituale, I valori sacralizzati. La Terra dovrebbe essere, una volta ancora, conquistata dal Paradiso perché I Sacerdoti ed I Guerrieri recuperino le loro posizioni essenziali. Abbiamo, in tal modo, bisogno di invertire il processo della Modernità che iniziò con il posizionare, all’opposto, il materiale al di sopra dello spirituale, la Terra sopra il Paradiso.

La   Quarta Teoria Politica

È infatti impossibile rinunciare alla lingua, alla storia, a una certa mentalità… È impossibile pensare senza una lingua, no? La mia è una visione metafisica dell’intelletto e della linguistica, dalla storia e della società. Basandosi su tutto ciò, rinunciando alle tre teorie politiche della modernità – comunismo, nazionalismo e liberalismo – dobbiamo costruire una nuova visione del mondo, una politica in senso esistenziale capace di dare una risposta a tutte le sfide del presente: il nostro rapporto con gli altri, il gender, l’idea di un mondo multipolare… Occorre ripensare tutto questo al di fuori della modernità occidentale. Ebbene, è proprio comparando questa costruzione teorica e i tre regimi della modernità occidentale che è nata la Quarta Teoria Politica.

Il fondamentalismo islamico e la Quarta Teoria Politica

Lo sciismo moderno è un’espressione, in ambito islamico, della Quarta Teoria Politica. Il mio libro è stato tradotto in persiano, ed è stato sottolineato che parla della politica iraniana…! Che infatti non è comunista, né liberale, né nazionalista. Credo che il cosiddetto “populismo” – compreso quello italiano – sia una forma della Quarta Teoria Politica. Nemmeno i populisti sono fascisti o comunisti, e sono profondamente antiliberali. Il populismo è una reazione esistenziale dei popoli, che evidentemente non sono morti, come vorrebbero i liberali, i mondialisti e i globalisti. Sono tutti esercizi preparatori della Quarta Teoria Politica – che d’altronde potrebbe essere definita una forma di populismo integrale. Né di destra, né di sinistra, provvisto naturalmente di simpatie verso la giustizia sociale e l’ordine morale. Da questo punto di vista, la Quarta Teoria Politica è la metafisica del populismo.

Borghesia,  il nemico

Credo che la difesa della borghesia contro il proletariato di Evola e Guénon sia un errore legato all’applicazione della teoria che vede quattro caste nelle società indoeuropee. La prima era sacerdotale e la seconda guerriera, degli kshatrya: sennonché, a differenza di Evola e Guénon, sono convinto che la terza casta debba essere identificata con quella dei contadini. Georges Dumézil ha mostrato che nella tradizione indoeuropea le caste sono tre, non quattro. Se le cose stanno così, allora la borghesia non è nemmeno una casta, bensì un gruppo costituito da contadini incapaci di vivere nei campi che si mossero verso le città. I più onesti si trasformarono nei proletari; i peggiori, invece, nei capitalisti. La borghesia divenne così una casta che riuniva i guerrieri peggiori, che avevano paura di lottare, e i contadini che non volevano lavorare. Era l’unione degli individui peggiori di tutte le caste. Ecco perché non bisogna difendere la borghesia, non essendo una vera casta indoeuropea. Odiando sacerdoti, guerrieri e contadini, ha creato una realtà avversa a tutte le caste tradizionali indoeuropee. È interessante notare come la rivoluzione socialista – il comunismo sovietico – fosse orientato dapprima contro la borghesia, non tanto contro guerrieri, sacerdoti o contadini. Così credo sia possibile concepire, per così dire, un socialismo – o un comunismo – indoeuropeo del tutto avverso alla borghesia, che non rappresenta in alcun modo la Tradizione.  Questa mia analisi, si badi, non è una critica a Evola, che odiava la borghesia, lo status quo e il mondo moderno, ma piuttosto una correzione e un’integrazione della sua teoria.

Liberalismo, il nemico 



La Quarta Teoria Politica propone lo stesso, in modo più accademico, con la decostruzione del liberalismo, dell’eurocentrismo e del modernismo. Non è dogmatica, ma è un invito a esercitare il pensiero e la critica. Alcuni propongono di trovare un nome a questa teoria. È inutile farlo:essa delineerà uno spazio concettuale che troverà il proprio nome in un momento futuro, a tempo debito. Ma già oggi è possibile lavorare con questo concetto, preparando il terreno per la sua manifestazione. Gli iraniani, come i cinesi, possono vedere nel loro assetto politico una manifestazione storica della Quarta Teoria Politica. È un invito aperto. Questo è il lato debole ma anche forte dell’espressione “Quarta Teoria Politica”. Voglio precisare che non si tratta di un mascheramento della Terza Teoria Politica – del fascismo – ma di un paradigma realmente alternativo ai primi tre. Fascismo, comunismo e liberalismo sono del tutto intrisi di modernità. Io critico il fascismo nei suoi aspetti borghesi, razzisti e nazionalisti. La Quarta Teoria Politica spalanca un altro spazio concettuale. Il problema è che quasi tutto ciò che continuiamo a pensare appartiene al retaggio delle prime tre teorie politiche. Bisogna compiere una grande purificazione interiore per sviluppare in modo fruttuoso il tradizionalismo e allo stesso tempo la Quarta Teoria Politica, che è la forma logica di un certo sviluppo di alcuni aspetti del tradizionalismo stesso.

Il fronte comune

Al populismo vengono applicate etichette di destra – fascista, nazionalsocialista – o di sinistra – comunista, maoista, trotskista… Ma anticomunismo e antifascismo sono solo tentativi di spaccare il popolo. Il populismo propone di abbandonarli entrambi, insieme ai dogmi del nazionalismo e del comunismo, unendo le forze popolari – di destra e sinistra – per giungere al populismo integrale, facendo fronte comune contro i liberali, i globalisti, i mondialisti, residui ultimi del ciclo ultimo dell’Occidente. Sono convinto che i mondialisti di oggi siano i peggiori – peggiori dei fascisti così come dei comunisti. Una rivoluzione contro di loro sarà l’ultima missione escatologica d’Occidente. Il popolo tenterà una resistenza organica, esistenziale. La Quarta Teoria Politica, inoltre, apre la strada al recupero di tutto ciò che non è moderno né occidentale: il pre-moderno, il post-moderno, l’anti-moderno, l’Asia, la tradizione romana, il cristianesimo ortodosso, la Grecia, l’Islam. La modernità occidentale è l’insieme di tutto ciò che vi è di più negativo, i Soros, i globalisti, i liberali… Farla finita con il liberalismo significherà superare tutto ciò che nell’Occidente ha un carattere nefasto. È una lotta escatologica, evidentemente: e qui la Quarta Teoria Politica si ricongiunge al tradizionalismo. Sempre, va da sé, con uno sguardo aperto al futuro.



Heidegger, Tradizione e Quarta Teoria Politica


Questo è il punto di partenza della Quarta Teoria Politica, che non accetta il liberalismo come destino inevitabile, vuole negare l’individualità, ma senza ritornare alle ideologie del passato che erano moderne e, in quanto tali, rappresentante allo stato più puro dal liberalismo. Riconosciamo questo risultato della storia ideologica della modernità, riconosciamo che il liberalismo ha vinto ed i motivi. Vogliamo allora opporre al liberalismo vincitore qualcosa che vada oltre alla modernità, auspicando il ritorno alla pre-modernità, al mondo tradizionale. Dobbiamo però comprendere che non deve essere un “ritorno al tempo passato”, ma ai principi eterni della Tradizione che appartengono ad ogni epoca. Quando parliamo di “tradizione” abbiamo l’idea del passato, del vecchio, della reazione; la Quarta Teoria Politica però non è conservatorismo, ma è un appello all’eternità, nel cui contesto possiamo trovare la dimensione dell’uomo presente e futuro. Questa eternità è proprio ciò che viene negato dalla modernità e dal liberalismo. In questo ritorno alla pre-modernità ci può essere d’aiuto Heidegger con la sua critica del logos occidentale, moderno e pre-moderno; la pre-modernità di per sé non basta, perché quando viene concepita soltanto formalmente – e la Tradizione perde il suo senso eterno – è destinata a farsi superare dalla modernità, come già avvenuto quando ha perso il suo carattere esistenziale, vivente, ridotta ad una pura forma vuota senza contenuto sacro. Il ritorno al sacro deve essere concepito nel contesto heideggeriano come un nuovo inizio, da costruirsi intorno al concetto di Dasein: questo è la distruzione del concetto individuale in favore del fatto umano, concreto, pensante.

Il populismo come risveglio del popolo
Il populismo, come fenomeno post-moderno, è il rifiuto del liberalismo, ma si tratta di una reazione viscerale, “di pancia”, non intellettuale. Come un organo vivente reagisce a ciò che attenta alla sua vita, il populismo è la reazione immediata della società ancora vivente contro l’imposizione del liberalismo che uccide tutta la vita. Anche in questo fenomeno possiamo trovare una dimostrazione del Dasein: Heidegger scriveva « Dasein existiert völkisch ». L’uomo non può esistere senza il popolo: senza la lingua, senza la cultura e senza la tradizione, perché l’uomo è elemento del popolo ed il popolo è la natura dell’uomo. Tutto il contenuto dell’uomo è popolare. Dobbiamo comprendere allora il populismo come il risveglio del popolo che esiste e che si oppone alla metafisica della modernità, contro i concetti liberali dell’individuo e della società civile.

Il populismo come reazione organica
L’opposizione al liberalismo spiega anche perché il populismo declina facilmente verso “populismo di sinistra”, quasi-socialismo (Syriza in Grecia, Podemos in Spagna, Movimento 5 Stelle in Italia) o “populismo di destra”, quasi-fascismo (come Le Pen in Francia, AfD in Germania, Lega Nord in Italia). Ritengo però che il populismo non debba essere interpretato né dalla sinistra né dalla destra, perché altrimenti si cade nella trappola della modernità e si ripristina il circolo vizioso della storia: un’altra volta si creerebbe una società “chiusa” con il socialismo o il fascismo ed il liberalismo diventerebbe un’alternativa attraente. Questo occorre evitare, quindi il populismo deve essere inteso in senso puro, senza intromissioni “di destra” o “di sinistra”, come se fosse una reazione organica che deve essere coltivata intellettualmente. Il populismo è la forma grezza, primitiva, della creazione della cultura della Quarta Teoria Politica, di cui rappresenta l’argomento più importante della sua validità; esso deve essere letto nel senso del superamento del liberalismo e delle sue altre forme critiche moderne, e solo in questo senso può essere considerato uno strumento per affermare una totale alternativa al liberalismo ed alla globalizzazione. In questa lotta, i nemici del populismo sono le idee manipolate dallo stesso liberalismo: il neofascismo (come nel caso ucraino) ed il neosocialismo (come i movimenti finanziati da Soros); il populismo deve quindi opporsi a queste interpretazioni distorte “di destra” o “di sinistra”, perché da qui passa la differenza tra essere ostacolo al liberalismo oppure essere uno strumento del liberalismo stesso. Non basta dunque la raccolta del dissenso o il “voto di protesta”: bisogna che sia ben chiara, nella visione dei leader politici, la funzione storica del populismo.
Macron, l’Anticristo politico
Con Macron vediamo la situazione molto più chiara della post-modernità: lui rappresenta il liberalismo puro, globalista, oltre la destra e la sinistra, è l’Anticristo politico. Chi gli si oppone è di destra (Le Pen) o di sinistra (Mélenchon); ma il polo del populismo puro, che è il centro della Quarta Teoria Politica, sta tra Le Pen e Mélenchon. Anche in Italia bisogna trovare una “Quarta posizione”; personalmente credo che Salvini vada in questa direzione, anche se per ragioni di convenienza di propaganda politica, per non perdere il sostegno dei liberali “di destra” del Nord Italia, questo aspetto non sia accentuato.
Trump e  trumpismo 

Trump, pur comportandosi talvolta in modo irrazionale, non può essere interpretato né come un perfetto liberale, né come comunista né come fascista. La sua visione sincretica e caotica del mondo denota del populismo; ma il “trumpismo” è più importante di Trump, perché è ciò che il popolo americano aspira ed ha voluto il Trump “trumpista”, non il Trump manipolato dal deep state, dalle strutture liberali e globaliste. Trump ha dichiarato in campagna elettorale di voler cambiare il sistema, ma senza una volontà rivoluzionaria è impensabile vincere contro la palude liberale. Il sistema esistente non può essere migliorato cambiando le procedure o le élites, ma deve essere distrutto nei suoi principi. Questo è possibile soltanto attraverso la revisione totale della modernità, imponendo un’altra filosofia della politica, della scienza e della società. La via è comunque molto lunga e non evidente. Forse Trump sottostima la sfida di questa rivoluzione totale ed è per questo che occorre lavorare affinché altri leader abbiano i mezzi che a lui mancano.

Eurasiatismo

La strategia e la filosofia dell’Eurasia si fonda sulla multipolarità. L’Eurasia non è un sinonimo di Russia. Indica il concetto del “grande spazio”, come inteso da Carl Schmitt, di civilizzazione. La Russia è un Paese. L’Eurasia è l’insieme di elementi culturali che esistevano prima della Russia. Quando i russi pensano in termini di civilizzazione nella sua pluralità, con riferimento al tempo, allo spazio, all’uomo, possiamo valorizzare e riconoscere anche altre culture, nel rispetto e nella diversità. L’eurasiatismo è una filosofia contrapposta al globalismo, all’atlantismo, all’universalismo liberale occidentale della modernità e post-modernità. È una difesa del pluralismo anche antropologico in una concezione policentrica dell’uomo.  

Putin

Non sono un consigliere ufficiale del presidente Putin. Alcune mie tesi vengono prese in considerazione, evidentemente per il valore dei loro contenuti ed il loro ancoraggio alla nostra storia.
[…] Nel mio nuovo libro, «Putin contro Putin», pubblicato anche in Italia, in cui descrivo il presidente russo come una persona con due volti. Parlo del Putin “solare” e del Putin “lunare”. Il primo è euroasiatico, con una grande visione in politica estera, amato dei suoi cittadini. Il secondo è il Putin cesarista e trasformista, troppo assorbito dagli oligarchi del vecchio e nuovo corso politico. Il mio è stato uno sforzo per conoscere chi è davvero Putin. Nessuno, però, sa davvero chi è il presidente.


Dopo Putin…

Putin non sta pensando ad una sua successione. Come detto prima, ha costruito una individualità particolare e trovare un suo continuatore è molto difficile. Medvedev, per esempio, è, a mio avviso, un continuatore del Putin lunare. Nella situazione attuale Putin è solo, a capo di tutto, al vertice della piramide. Lavrov (attuale ministro degli Esteri, ndr), non è un decisore. Come Medvedev, ricopre un ruolo. È un attore della scena politica.

( Intervista  a cura di Gennaro Grimolizzi:   http://www.domus-europa.eu/?p=7623 )