venerdì 29 marzo 2019

L’editoriale di  Vittorio Feltri
Populismo giudiziario

Se qualche lettore desidera capire, in due battute,  come  riuscì Hitler ad afferrare il potere,  si legga il fondo di Vittorio Feltri sulla legittima difesa. Dove Salvini viene celebrato come una specie di  führer in sintonia con il popolo.  Perché -  riassumiamo la perla feltriana -   un leader  deve pensare come il popolo. Altrimenti non è democrazia.   
Insomma, secondo Feltri,  qual sarebbe  il compito del governo ? Quello di tradurre il legge la voglia di menare le mani del tizio del  bar, che al quarto-quinto superalcolico, afferma di essere pronto a  dare un fracco di legnate, fino a ucciderlo, a chiunque provi  a entrargli casa. 
Sicché portando alle estreme conseguenze il ragionamento,  Hitler e Salvini, facendosi promotori di un desiderio di vendetta collettivo, dagli ebrei ai topi d’appartamento,  incarnerebbero  la volontà del popolo. Senza la quale, ripetiamo, a giudizio di Feltri  non c’è democrazia.  
Pertanto, il lettore sarà felice di scoprire che la Germania hitleriana, incarnando la volontà del popolo tedesco, fu la più alta forma di democrazia del Novecento.  Sicché, anche Salvini sembra essere sulla buona strada.  Auguri.
Primo anno di  Giurisprudenza: il concetto di  stato di diritto implica il superamento  del concetto di vendetta. Ovvero, l’idea arcaica di farsi giustizia da soli.  
Si tratta della più alta forma di civiltà. Si chiama governo delle leggi. E cosa ancora più importante,   il fatto  che per ragioni organizzative, i tempi della giustizia  e l’operato di alcuni giudici politicizzati, lascino  a desiderare, non implica  la demolizione dello stato di diritto e la sostituzione  di esso, con le faide tra capi tribù armati fino ai denti.
Ovviamente -  come la sociologia insegna -  la comprensione del valore del diritto oggettivo non è da tutti. L'uomo comune vuole risposte non domande. E guarda  al particolare più che all’universale.  Il che non è un male, anzi.  Però,   servono dei paletti, delle regole generali, che,  senza scendere troppo nei dettagli (per evitare eccessi di legiferazione e regolamentazione), fissino solo alcuni principi,  chiari e semplici per tutti.  E uno di questi rinvia al divieto di farsi giustizia da soli.  Adam Smith, che un pochino se ne intendeva,  tra i compiti ridotti dello stato,  incluse l’amministrazione della giustizia,  oltre alla difesa nazionale e al miglioramento- mantenimento delle opere pubbliche.

Ora, elevare, in tema di giustizia,  il particolare (lo spirito di  vendetta) all' universale (delle leggi), celebrando la cosa come una lezione di democrazia, significa affossare lo stato di diritto e spianare la strada al populismo giudiziario: all'idea sbrigativa del popolo giudice ed esecutore al tempo stesso.
In parole povere, siamo davanti al tentativo (come pare riuscito)  di sostituire la volontà del bevitore di superalcolici,  a quella  di una raffinata cultura giuridica liberale.  Si mettono in discussione, tra l’altro con grande leggerezza, le stesse  coordinate  giuridiche, che consentono  il vivere civile. Certo, lo scambio protezione-obbedienza, che è  alla base  del moderno stato di diritto, non può e non deve risolversi mai  nella trasformazione dei cittadini in sudditi.  Servono equilibrio e prudenza.  Ma la libertà  non va confusa con la libertà di  farsi giustizia da soli.          
Quasi ci vergogniamo di dover scrivere queste cose, così banali.  Eppure…

Carlo Gambescia