mercoledì 6 febbraio 2013

Matrimoni gay e Stato-Sorveglianza





Oggi cercheremo di  andare oltre la  “ vexata quaestio” dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.  E come? Proponendo una analisi avalutativa dei fatti "nudi e crudi",  attenta perciò  non tanto alla prevedibile  retorica usata dalle diverse forze in campo, quanto a una  questione sociologica di fondo.
Diciamo subito che dal punto di vista argomentativo siamo davanti a due immagini  della realtà  fondate su presupposti differenti. I favorevoli partono da una concezione individualistico-egualitaria (uguali diritti individuali di matrimonio per e fra tutti, a prescindere dal sesso); i contrari invocano il valore di una tradizione -  asseriscono -   secolare, (quindi qualcosa che precede i diritti dei singoli), socialmente  maggioritaria,  che non ammette il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Insomma, due visioni opposte della realtà: la prima antepone l’individuo alla società, la seconda la società all’individuo. Naturalmente, come capita in tutte le dispute, i due "partiti" fanno risalire  i diritti dell’individuo e della società  a valori di tipo assoluto: da un lato i diritti dell’uomo (i favorevoli), dall’altro la naturalità della famiglia eterosessuale (i contrari). Di qui, l’inconciliabilità.  
Per ora, sotto il profilo legislativo,  sembra prevalere la tesi favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Prevalenza che viene giudicata da coloro che sono  contrari come una pesante interferenza dello stato nei riguardi di una tradizione costitutiva - come spesso si legge - della stessa realtà umana.    Quanto alla comunità gay, così libertaria,   è  veramente sorprendente che  non si sia ancora accorta  di una questione sociologica di fondo ( e così veniamo  al punto...). Quale?   Che  la legalizzazione dei  legami omosessuali ( di fatto, antichi quanto l’uomo),  ha un  inevitabile e imbarazzante effetto di ricaduta, e   proprio dal punto di vista libertario...   Nel senso che  la razionalizzazione giuridica implica  il   ruolo propulsore dello stato, quale  macchina produttrice di diritti.   Ruolo, imperniato  su una "motorizzazione" del diritto,  che, come sappiamo, non ha precedenti  storici.  Ovviamente, sul piano argomentativo,   l' intervento legislativo  dello stato  viene giudicato positivo o negativo a seconda  del "partito" scelto:  per i favorevoli ai matrimoni gay  è un fattore di progresso, per i contrari di  decadenza. Di qui, altri conflitti.
Tuttavia i fatti  "nudi e crudi" si vendicano sempre della retorica umana. Cosa vogliamo dire?  Che il punto vero è un altro: può essere vista con favore -  sospendendo il giudizio sui   valori storicamente incarnati dai diversi "partiti" -   la prepotente crescita della macchina legislativa dello stato?  Macchina che produce diritti su diritti solo  per poi controllarne l’applicazione e quindi favorire la propria  perpetuazione come “pagatore” e "sorvegliante", in ultima istanza, di tutti i diritti?  
Certo, per secoli, il braccio secolare, sembra essere stato al servizio di leggi che punivano qualsiasi approccio omosessuale. E di conseguenza coloro che sono favorevoli ai matrimoni tra persone dello stesso sesso scorgono nella nuova legislazione un giusto atto  riparatore.  Però non va dimenticato che qui parliamo non dell'antiquato stato pre-moderno, ma del tecno-stato moderno ( per alcuni post-moderno), monopolista della violenza legittima e istituzionalmente vocato  a rendere  prevedibili e  "tracciabili" tutti i  comportamenti umani.  

Pertanto, non sarebbe meglio per il momento  sospendere il giudizio   sulla  legalizzazione o meno  dei matrimoni gay, per  affrontare un fenomeno sociologico di fondo che sembra invece riguardare   tutti?  Quello dell'inarrestabile espansione dell’occhiuto "Stato-Sorveglianza"?  Che produce diritti solo per controllare  meglio i cittadini?    E non importa se  omo o  etero?

Carlo Gambescia

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