Come promesso, continuiamo a fornire materiali di
riflessione sul “grande malato”, per usare la terminologia riproposta su
queste pagine da Bernard Dumont. Oggi siamo lieti di ospitare
il tagliente scritto del professor Alberto Buela che, come il lettore scoprirà,
non fa sconti intellettuali e formula un'
interessante previsione sul “dopo Ratzinger”. Lo scritto di Buela è
disponibile anche nell'eccellente traduzione di Aldo La Fata: http://corrieremetapolitico.blogspot.it/2013/02/la-chiesa-il-papa-e-la-sua-rinuncia.html#comment-form . Buona lettura. (C.G.)
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di Alberto Buela
Spirito Santo. Vetrate della Basilica di San Pietro |
A proposito dell’
abdicazione del Papa, Carlo Gambescia, sociologo e padrone di casa, ha distinto
cinque tesi: la apocalittica, come segno della fine di un’epoca; la provvidenzialista, sostenuta
da coloro che confidano in Dio, il quale “vede e
provvede”; la dietrologica che indaga su ciò che si nasconderebbe dietro la
rinuncia; la progressista, che invece vi scorge la possibiltà di una
democratizzazione della Chiesa; l’umanitarista che si limita a rispettare la
dolorosa scelta del Papa.
Come credenti,
condividiamo la quinta tesi. Che, tuttavia, da analisti politici
quali siamo, non ci soddisfa, perché accetta, senza spiegarli, i fatti
nudi e crudi.
La stragrande
maggioranza dei mezzi di comunicazione sociale ha scelto la tesi progressista o
democratico-riformista secondo la quale le insperate dimissioni del Papa
consentono di proseguire, e in maniera più vigorosa che mai, nella
modernizzazione della Chiesa, linea inaugurata dal Concilio Vaticano II, e
parzialmente interrottasi durante il pontificato di Giovanni Paolo II
(1978-2005), Papa anticomunista, nonché contrario alla
sinistra. E continuata , ma con scarsa convinzione, da
Benedetto XVI (2005-2013).
In buona sostanza, i
mezzi di comunicazione sociale puntano su un Papa immaginario, a loro uso
e consumo. Aspirano a un Santo Padre in stile Giovanni XXIII (1958-1963),
all'epoca "riconsacrato" dagli stessi media
come il “Papa Buono”... Mentre, in realtà, egli aprì le porte
della Chiesa “al fumo di Satana", secondo l’espressione di un altro Papa,
Paolo VI (1963-1978), in seguito forse pentitosi per gli errori
commessi. E qui va sottolineato che dopo Pio XI (1922-1939), che si
oppose a Hitler pubblicando un'Enciclica in lingua tedesca (“Mit Brennender
Sorge”, “Con viva preoccupazione”, 1937) e Pio XII (1939-1958), la Chiesa sembra aver
perduto definitivamente la sua rilevanza internazionale. Nessuno dei Papi
successivi è riiuscito a ottenere quella risonanza mondiale che
aveva distinto nei secoli la Chiesa romana.
Certo, non si
può non ammettere quanto il mondo sia cambiato. In realtà, però, il
mutamento ha riguardato soprattutto la Chiesa. E a cominciare
dal Vaticano II (1962-1965). Concilio, fortemente mediatico e mediatizzato (nel
senso di aver subito grandemente l’influenza dei mezzi di
comunicazione sociale): un Concilio, come si dichiarò ai quattro venti,
tutto rivolto all’ "aggiornamento"; che iniziò come
pastorale e finì come dogmatico; che desacralizzò una liturgia millenaria; che
trasformò i parroci in professori di sociologia.
In definitiva, si trattò un Concilio che non tenne minimamente in conto, un fatto fondamentale, ben sottolineato da Franz Brentano, profondissimo filosofo: che il sapere della Chiesa è un “sapere di salvezza” e non un sapere sociale e politico.
In definitiva, si trattò un Concilio che non tenne minimamente in conto, un fatto fondamentale, ben sottolineato da Franz Brentano, profondissimo filosofo: che il sapere della Chiesa è un “sapere di salvezza” e non un sapere sociale e politico.
E la conseguenza
politica e storica di questo fatto fu che, la Chiesa , giocando con Paolo
VI la carta del socialismo, andò in pezzi con esso.
A causa di questo
processo diminuirono vocazioni e conversioni, due pilastri
che avevano permesso alla Chiesa, durante il papato di Pio IX (1846-1878)
e Leone XIII (1878-1903), di resistere e poi battere il Kulturkampf
di Bismarck. Ovviamente il progressismo si guarda bene dal
parlarne. A tale proposito va ricordato che per
contro nel periodo 1871-1950 le vocazioni si moltiplicarono come del
resto le conversioni di grandi pensatori e personalità varie: Scheler, Bergson,
Newman, J.Green, il rabbino di Roma, Edith Stein, Simone Weil, Ch. Peguy, P.
Claudel, L. Bloy, J. Maritain, Ch. de Foucauld, J. Joergensen, P. Wust, Raissa
Maritain, J. Cocteau, G. Marcel, G. Chesterton, Y.Lewis, G. Greene, F.
Copleston, T.S. Eliot, T. Haecker, E. Jünger, García Morente, per ricordare uno
storico spagnolo.
Però queste
conversioni, di altissimo livello intellettuale e spirituale, cessarono
di colpo con lo “scandalo” del Vaticano II (dal greco skándalon nel senso
stretto di ostacolo, insidia, molestia, capace di sviare
l'uomo dalla difficile strada intrapresa verso il bene).
In questo modo, la Chiesa precipitò se stessa
e i suoi fedeli nella più grande confusione. Il famoso
"aggiornamento" si risolse nella pedissequa accettazione
della istanze di una pubblica opinione che in larga maggioranza
proveniva da una sinistra liberaleggiante, in verità mai
stata cattolica. Insomma, il concetto di "aggiornamento" fu un
concetto equivoco, che all’interno della Chiesa venne inteso come adattamento
parziale a certe necessità sollevate dalla modernità, mentre all’esterno, tra i
nemici (massoni, fondamentalisti ebraici, atei, marxisti, socialisti,
liberali, protestanti, neopagani) venne giudicato come resa
a una tavola di valori, lontana anni luce dalla Chiesa:
abbandono del celibato, sacerdozio femminile, pillola anticoncezionale, uso del
preservativo, aborto, divorzio, matrimonio gay, il sacerdozio aperto agli
omossessuali, l’eutanasia, l’utero in affitto, l’ irresponsabilità degli ebrei
nella crocifissione di Cristo ( ci rifieriamo al passo di San Paolo nella I
Tes. 2, 14-25: 1, contestato dalla teologia post-conciliare).
Il Papa ha
rinunciato perché sapeva che la
Chiesa , in quanto istituzione politica, era (ed è) nelle mani
di poteri a lui superiori, come quelli della Curia romana o di altri
poteri indiretti. Cosicché, non volendo essere trattato alla stregua di un
burattino, ha rinunciato. E in questo senso, come ha ben titolato il quotidiano
madrileno, ex cattolico, “ABC”, “El Papa Libre” (“Il Papa [è] libero”).
Il Papa non ha
agito, da agnostico, da persona indebolita dal male o dalla vecchiaia, né
da borghese individualista che fugge davanti alle difficoltà, né ha agito in
veste di Papa, altrimenti non avrebbe mai rinunciato. I Papi non scendono dalla
Croce, come stato detto da un Vescovo. La decisione del Santo
Padre è stata una scelta privata della persona Ratzinger, in quanto unica,
singolare e irripetibile. Parliamo della scelta di un essere morale e
libero. Perciò, sotto tale aspetto, la scelta è
indiscutibile.
Ci sono segnali che
permettono sperare? Non molti. Di sicuro, i poteri che hanno generato la
drastica decisione di Ratzinger, non cercheranno di porre sulla Cattedra di San
di Pietro un intellettuale politicamente progressista (Benedetto XVI nel
suo messaggio al parlamento tedesco non propose “uno Stato
socialdemocratico”? E alla fine della sua enciclica Caritas
in veritate non parlò
della costituzione di un governo mondiale?), già anziano e
impacciatissimo nel manovrare gli uomini. E allora?
Eleggeranno chi avrà tutti i requisti racchiusi nel concetto di establishment:
gruppo dominante che detiene il potere e l’autorità.
Ci arrischiamo a
dire, che considerata la situazione finanziaria dello Stato del Vaticano, il
prossimo Papa potrebbe provenire da qualche grande potenza, anche emergente.
Per parafrasare un celebre detto, “Don Denaro” è un dominus molto importante.
Le nostre opinioni sono puramente umane. E di sicuro ben altro sarà il criterio di Dio Padre Nostro che nella sua infinita grandezza potrà giovarsi, per influire sul prossimo Conclave, del soffio dello Spirito Santo. La cui santa opera, però, va oltre l’analisi politologica. (trad. di C.G.)
Le nostre opinioni sono puramente umane. E di sicuro ben altro sarà il criterio di Dio Padre Nostro che nella sua infinita grandezza potrà giovarsi, per influire sul prossimo Conclave, del soffio dello Spirito Santo. La cui santa opera, però, va oltre l’analisi politologica. (trad. di C.G.)
Alberto Buela
Alberto Buela,
filosofo argentino, professore universitario, collaboratore di programmi
culturali televisivi. A Buela si devono fondamentali studi nel
campo della metapolitica. Di recente ha pubblicato Teoria della dissidencia e Disyuntivas de nuestro tiempo . È in stampa il suo ultimo libro, Sobre el ser y el obrar.
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