giovedì 14 febbraio 2013

Il post  di Bernard Dumont,  tradizionalista colto e  intelligente,  pone un problema fondamentale:  quello del potere all'interno della Chiesa. Può sopravvivere alle varie fazioni - presenti del resto in ogni istituzione sociale -  un Papa "inadatto" a governare? Sembra proprio di no. E soprattutto se di debole carattere. Inoltre - e non è una critica -    la Tradizione, cui Dumont  si riferisce tra le righe,  è sicuramente  importante per molti cattolici.  Ma la sua pura  e semplice  riproposizione dottrinaria,  senza "l'uomo giusto", ossia un nuovo Papa, "politico" deciso a  fare uso del suo potere,  non  rischia di  creare   altre divisioni?  Allora,  la vera domanda è:  esiste oggi, all'interno delle più alte gerarchie cattoliche  una figura simile?  (C.G.)        



Benedetto XVI: un Magistero amletico
di Bernard Dumont




A causa della sua “ingovernabilità”, la Chiesa ricorda l'Impero Ottomano dell'Ottocento. Insomma, il Vaticano   può essere definito  il “grande malato” del XXI secolo. Per quale motivo ingovernabile? In certa misura, per le numerose questioni accumulatesi in cinquant’anni, ma soprattutto perché sembra mancare, al suo interno, la volontà di governare.
Nelle patetiche dimissioni di Benedetto XVI si fondono i due aspetti. Sotto questo profilo le motivazioni ufficiali vanno prese alla lettera. L’incapacità di superare il disordine può essere attribuita a un carattere inadatto per una carica così importante (ma gli apostoli, e Pietro per primo, non erano nella stessa condizione di debolezza?). E, a maggior ragione, alla continuità del sistema di pensiero- che a parole  si rifiuta - inaugurato da Giovanni XXIII e mantenuto dai successori  sotto il  pretesto di essere "pastorale". Il potere sovrano appartiene al Pontefice, ma a patto che abbia la volontà  di farne uso.
L’ultima moda teologica consiste nel parlare di “stili” (Christoph Theobald, Gilles Routhier, Lieven Boeve, eccetera). Ora, lo “stile” vaticano è quello di non prendere decisioni chiare e nette per evitare di dispiacere alla cultura dominante. Il rifiuto di decidere (nelle questione riguardanti fede e disciplina), paradossalmente, è compatibile con l’autoritarismo. Si rilegga la “Respuesta al Cardenal Ratzinger” (1985) di Juan Luis Segundo, teologo della liberazione.
Il teologo uruguaiano accettava di sottomettersi nelle materie chiaramente presentate dal pontefice come verità di fede, però non accettava di vedersi imporre opinioni come se fossero articoli di fede. Ma anche l'arcivescovo Müller, al presente  Prefetto della   Congregazione per  la Dottrina e della Fede,  insiste su argomenti dello stesso tipo,  quando pretende di  dogmatizzare l'interpretazione del concilio,  definendola   "riforma nella continuità",  nonché di  condannare come "eretici" chiunque non  accetti  tale interpretazione.
Pertanto, queste dimissioni, quali che  siano le cause immediate (dietrologiche, umanistiche, eccetera) e il giudizio che si possa dare sulle possibili conseguenze (apocalittiche, democratico- riformiste, eccetera), provano lo scacco in cui è incorso un Magistero, segnato da un’ incertezza degna di Amleto.
Da questo punto di vista le dimissioni si possono considerare provvidenziali. Alla ragione teologica resta il compito di trarne le giuste conseguenze.  (trad. di C.G. e B.D.)
Bernard Dumont


Bernard Dumont è redattore capo della rivista trimestrale “Catholica” (http://www.catholica.presse.fr/  ). Ha introdotto in Francia il pensiero di Augusto Del Noce. In Italia ha curato il libro-intervista a Thomas Molnar, Dove va la tradizione cattolica? (Edizioni Settimo Sigillo - http://www.libreriaeuropa.it/scheda.asp?id=4429&ricpag=1  ) .

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