venerdì 8 febbraio 2013

La sinistra di  Karl e... Groucho Marx




Il titolo de “il manifesto” di oggi  sui tagli  a cinema e musica, è veramente esemplare. Di che cosa? Di certa sinistra incapace di capire due cose fondamentali: la prima, che la conoscenza (culturale), anche dei classici del cinema e della musica, non fa virtù (soprattutto politica) ; la seconda, che non è affatto vero che l’intervento pubblico, anche in ambito culturale, sia sempre buono e quello privato sempre cattivo.
Che cosa intendiamo dire?
Uno, che  il progresso morale, ammesso che esista,   non è alla portata di tutti: migliorarsi richiede volontà, carattere  e rispetto di se stessi. Parliamo di virtù innate che sono patrimonio di pochi. E che, comunque sia, non tutti sono capaci di interiorizzare e praticare il rispetto verso se stessi.  Insomma, per cambiare il sistema morale di un individuo non basta farlo assistere, anche per cento volte, a una rappresentazione teatrale finanziata dal ministero. Perché, ripetiamo, la crescita morale, ammesso che sia possibile, è frutto di un impegno individuale, molto faticoso, che dura tutta la vita.  E quanti possono esserne capaci?
Due, lo stato,  anche quello democratico,  proprio perché portatore degli interessi dei partiti di maggioranza deve restare fuori dalla cultura, per non trasformarla in cultura di parte, generando l' asservimento politico dell'artista. Per contro,  la logica della lottizzazione tra maggioranza e minoranza  non migliora le cose. Anzi... E  il caso italiano della Rai.tv è emblematico. E di peggio accade, per fare un altro esempio, nei sistemi totalitari, dove lo stato-partito unico si fa addirittura portatore e “inculcatore” (nel cittadino) di valori propri.
Siamo coscienti  di aver sollevato in poche battute una enorme quantità di problemi antropologici e sociologici, probabilmente insolubili. Ma di una cosa siamo certi: la cultura deve restare  libera, dal momento che lo stato (o se si preferisce il potere) con una mano dà, con l’altra toglie.  Basta con il socialismo-spettacolo che saltella  tra  i due  Marx:  Karl e Groucho.  E con le lagne sui mancati finanziamenti pubblici dei compagni-redattori de “il manifesto”.  E ancora peggio con  una visione "sindacal-lavorista" del  mondo dello spettacolo,  innaturale portato di un  finanziamento pubblico, ottusamente rivolto  "a creare posti di lavoro" in un settore dove,  a differenza di quello metalmeccanico,  si entra  per  vocazione.       
E se i privati - qualcuno dirà - decidono di valorizzare una cultura puramente "divertentistica"? Diciamo che si tratta  di  un pericolo  da accettare.   La libertà, se deve restare tale, non può rifiutare il rischio. 
Anche perché qual è  l’alternativa ? Il pubblico censore che decide ciò che è bene o male per ogni cittadino.


Carlo Gambescia

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