Terremoti,
carestie, freddo polare.
Verso la società dell’allarme totale?
Se
di settimana in settimana, gli allarmi
mediatici si susseguissero, prima l'allarme terremoto, poi l'allarme freddo, e così via, di emergenza in emergenza, in che tipo di società vivremmo? In una società del controllo totale, attraverso “il
terrorismo psicologico”. Esageriamo?
Solo
nell’ultimo mese, e in Italia, abbiamo
avuto tre allarmi: prima la paura dei
“supermercati vuoti”, causa sciopero dei Forconi, poi, il terremoto e
lo sciame sismico, ora il
freddo polare…
Che
dire? Sotto ovviamente, non c’è alcun
complotto, ma più semplicemente, la macchina della società mediatica: un
sistema sensibilissimo che si mette in moto al primo “sussulto informativo” un
po’ per autoriproduzione, un po’ per ragioni economiche. Insomma, alla base
della società dell’allarme totale c’è un mix di economia (ascolti/pubblicità) e
di imperativo territoriale (parlare subito di un certo evento, per non rimanere
indietro rispetto agli altri media).
Ovviamente,
abbiamo semplificato la questione, anche dal punto di vista terminologico, ma
il problema esiste. E quanto i più i media dettano l’agenda (sulla base di
considerazioni “interne), tanto più si rischia di precipitare nella società
dell’allarme totale.
Quali
correttivi? Difficile dire. Nuove regole?
Altri codici deontologici?
O Controlli politici (tra l’altro
già attivi)? Oppure Controlli
economici?
Dal
punto di vista sociologico, un meccanismo auto-riproduttivo come quello
mediatico (ma la società si fonda e regge su meccanismi del genere), può essere
contrastato solo dall’esterno.
Quindi servono regole. Ma chi ci assicura che le regole, una volta introdotte, non limiteranno la libertà dei media? E quindi la libertà di
espressione in generale?
Carlo Gambescia
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