sabato 4 febbraio 2012

La Camera dice sì  alla responsabilità delle toghe.
 Chi sbaglia, paghi



Per i giudici continuerà ad esistere il principio del chi sbaglia non paghi?  Principio, ingiusto ma necessario,  secondo alcuni,  perché eviterebbe di trasformare il magistrato in un burocrate impaurito e di rallentare, ancora di più, a  causa dei possibili ricorsi, una giustizia già elefantiaca. 
Il testo al centro della polemica  rivede la legge del '98 prevedendo che "chi ha subito un danno può agire contro il soggetto riconosciuto colpevole per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale. Costituisce dolo il carattere intenzionale della violazione del diritto". Il testo stabilisce che "ai fini della determinazione dei casi in cui sussiste una violazione manifesta del diritto, deve essere valutato se il giudice abbia tenuto conto di tutti gli elementi che caratterizzano la controversia sottoposta al suo sindacato con particolare riferimento al grado di chiarezza e di precisione della norma violata, al carattere intenzionale della violazione, alla scusabilità o inescusabilità dell'errore di diritto".
Al di là dei giuridichese e semplificando, tutto ciò significa, che chiunque venga assolto in via definitiva, dopo aver subito una condanna nel livelli inferiori di giustizia, può direttamente  citare in giudizio il magistrato autore della sentenza. Il quale  risponderebbe, se condannato,  per  i danni recati, senza più alcuna mediazione dello Stato.

Cosa dire?  Che indubbiamente una misura del genere può minare l’indipendenza di giudizio. Ma va anche detto, che  il provvedimento, urta contro un senso comune (come provò  un lontano referendum sulla responsabilità civile),  ancorato  principio del chi sbaglia paghi… Tuttavia, considerata la forza della magistratura, quale gruppo pressione,  probabilmente al Senato  i partiti  troveranno un accordo. E i giudici, per farla breve, continueranno  a sbagliare e  non pagare.  Con grande indipendenza di giudizio, ovviamente.

Carlo Gambescia

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