Europa
Parola d'ordine: austerità!
La politica europea sembra ormai polarizzata intorno a due realtà nazionali ed
economiche, profondamente diverse: Germania e Grecia. Due nazioni che sono
rappresentate mediaticamente, come il Paradiso e l' Inferno. Da un lato, il
regno idilliaco del rigore e dell’efficienza, e ovviamente della forza
economica (la Germania ),
dall’altro il fosco teatro politico-economico degli sprechi, delle furbizie, e
della inadeguatezza economica (la
Grecia ).
Oggi i media affrontano, e con grande evidenza, i gravi incidenti di Atene.
Comunque sia, al di là della voluta enfasi giornalistica, la politica europea,
tutta, sembra tacere. Dal momento che a giudizio quasi unanime i sacrifici
sarebbero giustificati se non addirittura giusti. Del resto le poche voci
contrarie, parlano, in modo semplicistico, di tirare un frego sul debito
greco... Il che non è un soluzione, se non a brevissimo termine. Il problema,
infatti, è strutturale, perché riguarda le politiche economiche. E' banale
dirlo, ma tutto dipenderà da se e come l’Europa uscirà dalla crisi. Se dovesse
verificarsi giusta la ricetta tedesca, il neoliberismo, non avrà veramente più
rivali. Per contro, se la crisi dovesse perdurare ed estendersi socialmente
agli altri paesi Ue (anche nelle forme contestative), allora toccherebbe alla
ricetta neoliberista mordere la polvere.
Resta però una questione: al di là delle chiacchiere (del resto a livello di
microscopiche sette politicamente ininfluenti) su decrescita, neo-comunismo e
altre scempiaggini, non esiste allo stato attuale, considerate le dimensioni
globali (in senso territoriale) della crisi, nessuna nuova ricetta alternativa
a quella neoliberista. Perciò, in caso di fallimento delle politiche
“mercatiste", l'unica strada percorribile sarebbe quella del ritorno all'
economia mista, con prevalenza della proprietà pubblica, soprattutto nel
settore creditizio. Come dire, dalla politica dell'offerta si tornerebbe a
quella della domanda. Naturalmente, parliamo di un’economia mista segnata però
inizialmente da bassi tassi di sviluppo, causati dalla recessione. E perciò
legata a un’austerità sociale, praticamente indotta. Certo, austerità, nei
limiti di un sistema di mercato, chiaramente distinto da finalità espansive e
quindi di crescita della domanda. Il nodo, anche in un sistema misto, resta
quello di determinare il giusto mix di spesa pubblica, incentivi al mercato e
tagli non sempre giustitificati al welfare. Problema, tra l'altro, di non
facile soluzione.
Ecco, comunque vadano le cose, nel nostro destino (immediato, per carità...)
c’è maggiore austerità sociale, nel quadro - eventualmente - di un sistema di
mercato, che non può non appoggiarsi, ciclicamente, allo Stato, proprio per
avviare periodici processi di accumulazione e rilancio della domanda. Perché -
punto fondamentale - senza crescita, ogni forma di austerità, anche temporanea,
rischia di essere inutile e regressiva.
Carlo Gambescia
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