mercoledì 19 marzo 2008

Sociologia del senso di colpa collettivo


I popoli sono maggiorenni o minorenni?




Le forme del dominio politico sono esplicite e implicite. Quelle esplicite consistono nel puro e semplice dominio di un’entità politica da parte di un’altra attraverso la forza o costrizione materiale. Quelle implicite riguardano l’uso ideologico, sempre a livello interattivo della forza o costrizione morale. Spesso, nell’agire concreto, le due forme si mescolano.
L’uso ideologico della forza morale rinvia al concetto di senso di colpa collettivo. Che cosa significa? Che un popolo, e non solo le sue élite vengono storicamente giudicati responsabili di determinati atti sociali, spesso consistenti in azioni militari di vario tipo nei riguardi di popolazioni civili inermi.
Ovviamente, come è giusto che sia, il moderno diritto internazionale di guerra, condanna e persegue gli atti di questo genere. Ma qui parliamo di altra cosa: dell’uso ideologico e sociologico del senso di colpa collettivo, che i vincitori hanno da sempre praticato nei riguardi degli sconfitti, per tenerli il più a lungo possibile in una condizione di inferiorità morale, da sfruttare politicamente in termini di dominio. Pertanto il problema del senso di colpa collettivo è squisitamente politico. E sociologico, perché si tratta di una forma di controllo interna e/o esterna al gruppo sociale.
Ma tale questione pone un problema di fondo. Le collettività, sono maggiorenni o minorenni? Non è una battuta. Perché considerarle maggiorenni implica la successiva giustificazione, in caso di guerra, sconfitta, eccetera, di misure, anche severe, da applicare "collettivamente" nei riguardi di un dato popolo: dal Capo dello Stato all’ultimo dei suoi cittadini. Invece, ritenerle minorenni, significa distinguere tra un popolo innocente ed una élite colpevole. Comunque sia, questa seconda posizione, se sposata dai vincitori, si presta meglio a un’opera di preventivo accertamento delle responsabilità individuali. O come si dice giudicamente: soggettive. Ma in genere ciò non accade.
Ora, nelle democrazie moderne, si vota. Di conseguenza i popoli sono ritenuti costituzionalmente, per così dire, maggiorenni.
Ma fino a che punto? Se l'elettore, "ha sbagliato”, votando in favore di un tiranno, presentatosi invece come amico del popolo, è colpevole? Di che cosa? Di essere stato ingannato da un istrione? E coloro che nascono dopo la caduta del tiranno, i figli, possono essere ritenuti colpevoli di un inganno in cui sono caduti i padri? Ma, in questo caso, la colpa collettiva, non diventa essa stessa una forma di inganno, per continuare a tenere, come i “padri”, anche i “figli” sotto tutela? E quei figli, “cresciuti” in un clima moralmente censorio, quale libera capacità di giudizio politico potranno maturare ?
Crediamo che i popoli, al di là delle questioni costituzionali (spesso di mera facciata), non debbano essere considerati né maggiorenni né minorenni, ma più semplicemente studiati e accettati per quello che sono: facili all’errore (che non è sinonimo di colpa), proprio perché entità collettive. Il che però non implica, come insegna la sociologia, l'esistenza di una ragione collettiva. Né questa può essere surrogata, come talvolta si osserva, dalla sommatoria delle singole ragioni individuali: non esiste, infatti, alcuna mano invisibile sociale e/o economica, che vede e provvede, armonizzando interessi e ragioni individuali. E qui ci fermiamo per evitare di mettere troppa carne al fuoco... Un accenno è più che sufficiente.
Inoltre - ma questo è un problema morale, nostro, soggettivo - riteniamo ingiusto che i figli debbano pagare collettivamente le "colpe" dei padri. Anche perché nel mondo moderno - e questo invece è un problema sociologico, oggettivo - i figli, di regola, tendono ad opporsi ai padri, in nome di valori differenti, spesso opposti. E di conseguenza il tentativo di controllare politicamente un popolo nella sua generalità, facendo leva sul senso di colpa, e dunque su alcuni giudizi di valore, può provocare nelle generazioni più giovani reazioni di segno contrario. E dunque ottenere effetti non voluti. Magari di apprezzamento nei riguardi di tiranni morti e sepolti.
Tuttavia il "politico" richiede forme di dominazione implicita. E anche questa forma di controllo implicito dei popoli, attraverso la diffusione di un senso di colpa collettivo, è una costante politica. E storica.
Purtroppo a molti lettori ciò potrà non piacere, ma anche la sociologia politica, come spesso si dice dell'economia, è una scienza triste.

Carlo Gambescia

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