venerdì 14 marzo 2008

Lo scaffale delle riviste: “Imperi. Rivista Quadrimestrale di Geopolitica e Globalizzazione”, n. 12, anno IV, 2007, Euro 22,90



Probabilmente la principale caratteristica di “Imperi”, interessante rivista di geopolitica, diretta da Aldo Di Lello, di cui già ci siamo occupati in altri post, è l’abilità di collegare le questioni teoriche alla problematiche pratiche. Non solo teoria dunque, ma individuazione concreta dei problemi e delle possibili soluzioni.
Ad esempio, il fascicolo appena uscito ruota intorno al fondamentale problema della “Geopolitica dell’acqua” (“Imperi”, n. 12, anno IV, 2007, euro 22,90 - tel. 06 45.46-86.00 - fax 06 39.73.87.71 ). Si tratta di un dossier di grande qualità, curato da Marco Cochi (L’emergenza del XXI secolo, pp. 11-21). Il quale, da studioso di questioni legate al Sud del mondo, mostra come sia necessario un impegno di tipo globale (ma non globalista), a livello di grandi istituzioni internazionali in onesta collaborazione con i singoli stati interessati, per costruire quelle infrastrutture, soprattutto in Asia e Africa, utili per gestire e tutelarne il patrimonio idrico. “Basterebbe - scrive nella chiusa - creare molti più bacini e riserve d’acqua per far sì che gran parte della popolazione [ivi] residente possa vivere con una minor penuria d’acqua a vantaggio della qualità della vita” (p. 11). Il che richiede, certamente, collaborazione tra i popoli ma, crediamo, anche una qualche forma di controllo politico (e militare?) internazionale, per evitare speculazioni privatistiche, interne ed esterne, di grandi gruppi transnazionali, su un bene di primaria importanza, come l'acqua. Ma chi sarà disposto a impegnarsi in prima persona? E un’Europa, preoccupata solo dei suoi buoni rapporti con gli Stati Uniti, che tipo di ruolo potrà svolgere, soprattutto laddove gli interessi, come in Africa, ci pare di capire, sono divergenti?
Sempre su questo tema intervengono anche Francesco Tajani (Nazioni disunite, sull’acqua, pp. 22-26), Francesco Tortora (La grande sete cinese, pp. 27-37), Roberto Coramusi (L’acqua dietro l’Intifada, pp.38-43), Eugenio Balsamo (La sovranità viene dalle falde, pp. 44-49), Raffaele Cazzola Hofmann (Africa: deserti e conflitti, pp. 50-54).
Un’altra sezione della rivista è dedicata alle “Tensioni Balcaniche”. Si apre con un’interessante riflessione di Antonio Albanese (Bomba a tempo dentro l’Europa, pp. 57-61), che pone l’accento sulla pericolosità per i già precari equilibri locale dell’autoproclamazione di indipendenza kosovara. A suo avviso si svilupperà sicuramente una partita a tre (Ue, Usa e Russia). Per quanto ci riguarda siamo molto pessimisti sul ruolo che potrà giocare l’Europa. Seguono, sempre in argomento, l’approfondito e pittorico articolo di Joseph Pillet ( Bosnia lo Stato che non c’è, pp. 62-80 ), e quelli, altrettanto validi, di Marco Leofrigio (Gli spettri di Serajevo, pp. 81-87), Massimo Ciullo (Il vicolo cieco del Kosovo, pp. 88-96),Andrea Marcigliano (Risiko Macedonia, pp. 97-108), Luca Fantin (La Croazia senza identità, pp. 109-116).
Da segnalare, nella sezione “Osservatore globale” il documentato articolo di Gabriele Natalizia (Russia, le vie della potenza, pp. 117-122), nonché in “Geocultura” l’ avvincente saggio di Teodoro Klitsche de la Grange (Nuove guerre, vecchi tribunali, pp. 133-142). Infine nella sezione "Geosofia" si conclude l’intrigante e dotto viaggio di Barbara Carmignola intorno ai diversi significati, assunti sotto l’aspetto storico-simbolico, dalle figure bibliche di “Behemoth e Leviathan tra medioevo e welfare state” (pp. 159-192). Da non perdere.
Abbiamo lasciato per ultimo quel che invece veniva per primo: l’editoriale di Aldo Di Lello (Il mondo corre, l’Italia è ferma, pp. 5-8). E per una semplicissima ragione: chiudere la recensione con una riflessione-viatico sull’Italia e la globalizzazione selvaggia, che condividiamo totalmente, soprattutto in tempi di elezioni. Scrive Di Lello, in chiara polemica con quei poteri economici transnazionali, soprattutto finanziari, che pretendono di governare l’economia delle nazioni: “ Fino a che punto può essere definita democratica una società in cui chi decide realmente del nostro destino non è vincolato ad alcun mandato dei popoli sovrani? […]. In Italia il problema se l’è posto Giulio Tremonti […] ‘La globalizzazione c’è stata presentata come l’età dell’oro. Ma così nei fatti non è stato’. Al dunque, la sola politica capace di incidere sulla storia è quella che riesce a guardare oltre i confini. In Italia il popolo sovrano continua a correre come in una giostra di criceti, tra riforme che non si fanno e un establishment che si rinnova solo per cooptazione. Il mondo corre e la classe dirigente politica contempla il proprio ombelico. Quanto può ancora durare? Alla fine la giostra si romperà e i criceti correranno via”.
Carlo Gambescia 

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