Voltaire e Pascal, secondo Giulio Giorello
Accoppiamenti poco giudiziosi
Ieri sulle pagine del Corriere della Sera, Giulio
Giorello ha benedetto l’alleanza tra razionalisti e cattolici nel nome di un
“nuovo illuminismo”, tutto da costruire, partendo da Voltaire e Pascal. Secondo
l’amico Nicola Vacca, al quale dobbiamo la segnalazione, l’intervento di
Giorello meriterebbe grande attenzione, per la sua capacità di andare oltre
certi luoghi comuni del dibattito, spesso polemico e non costruttivo, tra laici
e cattolici. Non siamo d’accordo. E proviamo a spiegare perché.
Purtroppo Giorello, e in questo senso è cattivo allievo del suo maestro Ludovico Geymonat (grande storico della filosofia e della scienza), confonde il metodo con il contenuto.
Perché se è vero che tra Voltaire e Pascal può registrarsi, metodologicamente, consonanza, ponendo l’accento sul fatto che entrambi ritengono l’uomo fragile e portato al pregiudizio, è altrettanto vero che Pascal, a differenza di Voltaire, riconduce questa visione della debolezza umana a una concezione cristiana del peccato, assente in Voltaire (la nostra è una pura constatazione…).
Insomma, tra i due pensatori la differenza è segnata dall’ adesione o meno all’ antropologia cristiana del peccato. Pertanto il “nuovo illuminismo” di Giorello resta puramente basato su un criterio metodologico, e non di contenuto. Fondato sulla consapevolezza circa l’effettiva capacità dell’uomo di resistere alle proprie passioni. Di qui il dubbio sistematico del “nuovo illuminismo” sulla possibilità di individuare i veri significati delle azioni e umane. Nonché la necessità, entro certi limiti sociali, di lasciar correre: tollerare ma fino a che punto? Ecco il problema che Giorello sembra sottovalutare.
Ma che cos’è il metodo? Una scatola vuota, che ogni studioso riempie con gli strumenti euristici della propria disciplina. Il che va benissimo quando la ricerca concerne un campo limitato (la storia, l’economia, la sociologia, eccetera). Ma non quando si vuole addirittura puntare, come Giorello, su un progetto di alleanza politica tra laici e cattolici. Perché la scatola vuota del “nuovo illuminismo”, rischia di essere riempita non di strumenti, ma di contenuti, dal momento che la politica non è mai decisione sulle metodologie (scientifiche), ma sui contenuti che queste rivestono. E il contenuto riguarda quei “limiti” di cui sopra… Sui quali, proprio perché sostanziali e non metodologici, di regola, come la storia mostra, non è possibile trovare accordo. Se non al prezzo di astrarre dai contenuti. I quali sono invece il sale della vita sociale e politica… E spieghiamo perché.
Il metodo e il dubbio sistematico vanno benissimo quando si fa scienza. Ma quando si fa politica, e soprattutto si deve creare coesione sociale, il dubbio può essere fonte di instabilità e incertezza sociale. Gli uomini, magari anche sbagliando, hanno bisogno di punti riferimento sociale. Perché, piaccia o meno, le società si reggono sul pregiudizio: su valori e credenze che informano normativamente il giudizio. La tolleranza non è una scatola vuota, ma è dettata dall’accettazione dei rispettivi pregiudizi. I quali spesso sono frutto di scelte passionali, difficilmente controllabili “in laboratorio”. Di qui il suo qualificarsi (della tolleranza), soprattutto nell’Occidente moderno, come il pregiudizio dei pregiudizi: quello per cui tutte le idee hanno lo stesso valore eccetto quelle dell’Occidente. Il che rassicura gli occidentali, facendoli sentire migliori degli altri popoli. Ma sempre più spesso provoca, in quanto pregiudizio, reazioni non certo benevole nei popoli non occidentali, verso una tolleranza che in realtà non può essere percepita come tale.
Certo, storicamente, si registrano le fasi rivoluzionarie, spesso benefiche, in cui il giudizio storico(in formazione) ha la meglio sul pregiudizio sociale (esistente) . Ma poi una volta superata la condizione dello stato nascente, le società tendono a tornare alla normalità del pregiudizio sociale, basato, ovviamente, sui nuovi giudizi storici "stabilizzatisi" però come pregiudizi, e così via. Si pensi solo al “politicamente corretto" oggi in voga… E ogni epoca (post-rivoluzionaria) ha avuto il suo.
Pertanto il “nuovo illuminismo” di Giorello non è altro che uno dei numerosi tentativi, spesso socialmente molto pericolosi, di trasformare il metodo scientifico in scienza dei contenuti di governo. E quel che è peggio Giorello ignora - o fa finta di ignorare - che scienziati e politici, in quanto uomini, possono essere vittime di quelle stesse passioni, dalle quale e in modo piuttosto maldestro come abbiamo visto, Giorello propone di difendersi, ricorrendo al valore salvifico del “metodo”. Ma un mondo fondato sul metodo implica un uomo privo di passioni sociali… Il che è impossibile.
Purtroppo Giorello, e in questo senso è cattivo allievo del suo maestro Ludovico Geymonat (grande storico della filosofia e della scienza), confonde il metodo con il contenuto.
Perché se è vero che tra Voltaire e Pascal può registrarsi, metodologicamente, consonanza, ponendo l’accento sul fatto che entrambi ritengono l’uomo fragile e portato al pregiudizio, è altrettanto vero che Pascal, a differenza di Voltaire, riconduce questa visione della debolezza umana a una concezione cristiana del peccato, assente in Voltaire (la nostra è una pura constatazione…).
Insomma, tra i due pensatori la differenza è segnata dall’ adesione o meno all’ antropologia cristiana del peccato. Pertanto il “nuovo illuminismo” di Giorello resta puramente basato su un criterio metodologico, e non di contenuto. Fondato sulla consapevolezza circa l’effettiva capacità dell’uomo di resistere alle proprie passioni. Di qui il dubbio sistematico del “nuovo illuminismo” sulla possibilità di individuare i veri significati delle azioni e umane. Nonché la necessità, entro certi limiti sociali, di lasciar correre: tollerare ma fino a che punto? Ecco il problema che Giorello sembra sottovalutare.
Ma che cos’è il metodo? Una scatola vuota, che ogni studioso riempie con gli strumenti euristici della propria disciplina. Il che va benissimo quando la ricerca concerne un campo limitato (la storia, l’economia, la sociologia, eccetera). Ma non quando si vuole addirittura puntare, come Giorello, su un progetto di alleanza politica tra laici e cattolici. Perché la scatola vuota del “nuovo illuminismo”, rischia di essere riempita non di strumenti, ma di contenuti, dal momento che la politica non è mai decisione sulle metodologie (scientifiche), ma sui contenuti che queste rivestono. E il contenuto riguarda quei “limiti” di cui sopra… Sui quali, proprio perché sostanziali e non metodologici, di regola, come la storia mostra, non è possibile trovare accordo. Se non al prezzo di astrarre dai contenuti. I quali sono invece il sale della vita sociale e politica… E spieghiamo perché.
Il metodo e il dubbio sistematico vanno benissimo quando si fa scienza. Ma quando si fa politica, e soprattutto si deve creare coesione sociale, il dubbio può essere fonte di instabilità e incertezza sociale. Gli uomini, magari anche sbagliando, hanno bisogno di punti riferimento sociale. Perché, piaccia o meno, le società si reggono sul pregiudizio: su valori e credenze che informano normativamente il giudizio. La tolleranza non è una scatola vuota, ma è dettata dall’accettazione dei rispettivi pregiudizi. I quali spesso sono frutto di scelte passionali, difficilmente controllabili “in laboratorio”. Di qui il suo qualificarsi (della tolleranza), soprattutto nell’Occidente moderno, come il pregiudizio dei pregiudizi: quello per cui tutte le idee hanno lo stesso valore eccetto quelle dell’Occidente. Il che rassicura gli occidentali, facendoli sentire migliori degli altri popoli. Ma sempre più spesso provoca, in quanto pregiudizio, reazioni non certo benevole nei popoli non occidentali, verso una tolleranza che in realtà non può essere percepita come tale.
Certo, storicamente, si registrano le fasi rivoluzionarie, spesso benefiche, in cui il giudizio storico(in formazione) ha la meglio sul pregiudizio sociale (esistente) . Ma poi una volta superata la condizione dello stato nascente, le società tendono a tornare alla normalità del pregiudizio sociale, basato, ovviamente, sui nuovi giudizi storici "stabilizzatisi" però come pregiudizi, e così via. Si pensi solo al “politicamente corretto" oggi in voga… E ogni epoca (post-rivoluzionaria) ha avuto il suo.
Pertanto il “nuovo illuminismo” di Giorello non è altro che uno dei numerosi tentativi, spesso socialmente molto pericolosi, di trasformare il metodo scientifico in scienza dei contenuti di governo. E quel che è peggio Giorello ignora - o fa finta di ignorare - che scienziati e politici, in quanto uomini, possono essere vittime di quelle stesse passioni, dalle quale e in modo piuttosto maldestro come abbiamo visto, Giorello propone di difendersi, ricorrendo al valore salvifico del “metodo”. Ma un mondo fondato sul metodo implica un uomo privo di passioni sociali… Il che è impossibile.
Carlo Gambescia
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