mercoledì 31 gennaio 2007


Il libro della settimana: Niklas Luhmann, Osservazioni sul moderno, Armando Editore, Roma 2006, pp. 144, Euro 12,00

http://www.ibs.it/code/9788860810083/luhmann-niklas/osservazioni-sul-moderno.html

Il pensiero sociologico di Niklas Luhmann (1927-1998) è complesso ma molto interessante. Luhmann ha scritto, da solo e in collaborazione, circa una quarantina di libri. Tedesco, laureato in giurisprudenza e sociologo per scelta, alla non più verde di età di quarant’anni, dopo aver dato il meglio di sé, nell’amministrazione pubblica, come specialista in sistemi di archiviazione. Ma anche attento lettore, per tutta la vita, dei classici della sociologia. E in particolare di un “quasi classico” come l’americano Talcott Parsons, che conobbe personalmente. Anche per Luhmann la società risponde a una logica sistemica e funzionale. Il che rivela una sensibilità conservatrice, legata a certo organicismo sociologico: dove tutto si muove, secondo una logica d’insieme, che presuppone, come nel famoso apologo di Menenio Agrippa, l’ accettazione condivisa dell’ordine sociale. Non per niente, Luhmann venne definito da Habermas un conservatore. Per contro, lo stesso Luhmann, preferiva definirsi un puro e semplice sociologo: un osservatore che cercava di capire i fatti sociali, al di là delle possibili ricadute politica delle sue riflessioni. Pareto, diceva di sé, più o meno, la stessa cosa…
Una buona occasione per scoprirlo è rappresentata dalla lettura di Osservazioni sul moderno (Armando Editore, Roma 2005, pp. 144, euro 12,00). Dove sono facilmente individuabili, anche grazie alla scorrevole traduzione, i principali temi del suo pensiero.
In primo luogo, per Luhmann, il mondo moderno è un fenomeno complesso. Il che impone non la resa totale (come capita a sinistra), ma invece - proprio perché l’uomo ha bisogno di punti di riferimento (e qui si avverte l’influenza di Gehlen) - la riduzione della complessità. Come? Conferendo un senso culturale alle azioni umane. Tradotto: valori. Il che implica, che la politica si trasformi nello strumento comunicativo di un senso condiviso. In certa misura, la politica deve essere se non produttrice, almeno sicura interprete dei valori culturali del suo tempo. Per capirsi: attenta alle tradizioni, ma al passo con i tempi.
In secondo luogo, per Luhmann, il mondo moderno, come mai nella storia, è segnato dal rischio. Che significa? La complessità di tecniche e idee, impone la possibilità di una pluralità di scelte, e quest’ultima implica la possibilità di sbagliare. Ma il rischio di errare va accettato, perché legato alla decisione: solo chi non decide mai non rischia sbagliare…
Va detto - per amore di verità - che all’ interesse per la riduzione della complessità e per la decisione, si uniscono in Luhmann una minore attrazione per la storia e una certa tendenza a delegare al sistema più che all’uomo, il funzionamento dell’ordine sociale. Ma, come si è già notato, siamo davanti a una sensibilità, intelligentemente conservatrice, piuttosto che a una netta scelta politica. Ad esempio, la sua teoria sociologica del diritto, che sfocia in un elogio del proceduralismo, (benché di tipo sistemico), può lasciare perplesso chi si sia nutrito di letture schmittiane.
Ma ai grandi, quelli veri, qualcosa si deve sempre perdonare.
Carlo Gambescia

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