Saddam e l'Europa
La cartina tornasole
Le reazioni europee alla “vicenda Saddam”, per usare il
“normalizzante” linguaggio dei media italiani, sono utili, per scoprire il
vicolo cieco in cui si è cacciata l’Europa politica. E, purtroppo, a ogni
livello: a destra e sinistra, fino a fagocitare le stesse opposizioni
antisistemiche (o extraparlamentari). Vediamo come e perché.
La destra e la sinistra sistemiche hanno interpretato l’esecuzione di Saddam,
come un errore politico o come contraria ai principi liberali di dignità della
persona, principi che, secondo le varie Carte, “vieterebbero” la pena di
capitale. Insomma, per la destra e la sinistra parlamentari l’impiccagione di
Saddam rappresenta una specie di risorsa simbolica, da usare ma con giudizio,
per differenziarsi dagli americani, senza infastidirli troppo: solo nella
misura sufficiente a riassorbire le proteste delle opposizioni pseudoradicali,
senza inimicarsi l’alleato… A loro volta, la Chiesa Cattolica e le Chiese
Riformate hanno definito l’esecuzione dell’ex rais come contraria al perdono
cristiano. Scelta coraggiosa, netta e chiara, ma irrilevante sotto il piano
strettamente politico, perché non accompagnata, come è scontato e giusto che
sia per le chiese, da qualsiasi elemento di deterrenza economica e militare.
La destra e la sinistra antisistemiche hanno interpretato l’esecuzione di Saddam come il sacrificio di un eroe eponimo, imposto dagli americani agli iracheni. Per i movimenti dell’ estrema destra extraparlamentare, Saddam incarnava, e incarna tuttora, il grande destino di un dittatore nazionalista; al tempo stesso modernizzatore e tradizionalista: un “rivoluzionario conservatore”. Per i movimenti dell’estrema sinistra extraparlamentare, Saddam rappresentava e rappresenta quasi con concretezza corporea, la grande epopea di un capo socialista, certo con venature nazionaliste e autoritarie, ma laico e modernizzatore. Di riflesso, anche per la destra e la sinistra extraparlamentari, l’impiccagione di Saddam rappresenta una risorsa simbolica. Da usare in chiave antiamericana. Di qui la rappresentazione mitologico-politica dell’ ex rais.
Ora, sospendendo ogni giudizio di valore sul Saddam in carne e ossa perché non importante ai fini del nostro ragionamento, va notato come l’intero schieramento politico (sistemico e antisistemico), “accanendosi” simbolicamente su Saddam, stia mostrando la totale mancanza di un immaginario simbolico all’altezza delle nuove sfide geopolitiche. Ci spieghiamo meglio.
La destra e la sinistra sistemiche (parlamentari) usano Saddam, come bersaglio politico-morale, riproponendo i vecchi ideologemi liberali e socialdemocratici europei, più o meno modificati e aggiornati, imperniati sul pacifismo dei buoni affari. In realtà si tratta di due ideologie (soprattutto nella versione liberal-riformista del tardo Novecento), totalmente incapaci di arrestare l’attuale ascesa del nuovo impero americano, basata proprio su un abile dosaggio tra espansione militare reale e liberalismo democratico formale. Liberalismo e socialdemocrazia, puntando solo sull’ espansione economica demilitarizzata e delegando negli anni della Guerra Fredda la difesa europea agli Stati Uniti, hanno la responsabilità storica di aver favorito la nascita di un’ Unione Europea totalmente invertebrata sotto l’aspetto militare e politico. Non siamo ancora agli stessi livelli di impotenza della Chiesa Cattolica. Ma ormai vi siamo abbastanza vicini: con la differenza fondamentale che l’Europa appartiene ( o dovrebbe appartenere...) al rango geopolitico delle potenze mondane.
La destra e la sinistra antisistemiche (extraparlamentari) usano invece Saddam, come una bandiera politica, riproponendo così certo rivoluzionarismo novecentesco, privo di sbocchi concreti, perché impolitico e tuttora diviso tra massimalismo pacifista e sorelismo guerriero ( mai dimenticare che i fascismi novecenteschi sono eresie, nate da una costola del socialismo…): tra l’avvento per autopoiesi di un “mondo migliore”, e la sua faustiana edificazione ad opera di pochi rivoluzionari di professione. Se ci si passa la quasi battuta: ancora oggi, gli extraparlamentari, di sinistra e di destra, continuano a dividersi sull' incapacitante scelta obbligata tra la “comune” e la “caserma”…
E’ perciò scontato che su queste basi ideologiche superate e prive di sostanza politica ( e ci riferiamo a tutto lo schieramento sistemico e antisistemico), Saddam finisca per incarnare sui due “fronti”, solo in apparenza contrapposti, o la figura del mostro gelatinoso lovecraftiano, nemico della liberaldemocrazia (che però si riserva di condannare a morte chi non rispetti i patti…), o dell’eroe eponimo, al tempo stesso pacifista, rivoluzionario e nazionalcomunista, caduto sul campo dell’onore.
Ora, dal punto di vista di coloro che auspicano, a destra e sinistra, la nascita di un'opposizione antisistemica (ovviamente, rispettosa della democrazia), il vero problema da risolvere , non può essere quello di stabilire i quarti di nobiltà guerriera e/o rivoluzionaria di Saddam. Oppure di assolvere la necessità di combattere in qualche modo gli Stati Uniti, cooptando il primo mito politico sottomano. Dal momento che più si continuerà a discutere di Saddam, secondo le categorie ideologiche novecentesche, più sarà difficile uscire dal vicolo cieco della dipendenza europea dagli Stati Uniti. Dove invece le stesse categorie - opportunamente modificate secondo i criteri del pragmatismo americano - sono abilmente presentate come apportatrici di progresso illimitato. Si pensi all’impatto tremendo, che ha avuto sulla sinistra di classe e sull’ estrema destra sociale, il mix diritti civili-libertà economica. Oggi, ad esempio, sulla scia dell’agenda ideologica fissata dagli Usa, in Europa e anche in Italia (si pensi alla "Fase 2" del governo Prodi), si discute, anche in ambito extraparlamentare, di pacs e diritti privati e non - o comunque molto meno di quanto si dovrebbe - delle condizioni di lavoro.
Servono idee nuove. Anche perché, nel vuoto ideologico, anche l' improvvisa apparizione di “capi carismatici”, rischia di risolversi nel nulla di fatto. O peggio, in forme di postume e tardive commercializzazioni. Si pensi al culto mercantile di Che Guevara. E si spera solo, che Saddam non debba subire la stessa sorte del rivoluzionario castrista. E finire effigiato su felpe, magari sponsorizzate dalla Coca Cola.
Ecco perché la “vicenda Saddam” è in qualche misura la cartina tornasole della crisi politica europea.
Chi avrà il coraggio di ridurlo in frantumi e andare oltre?
La destra e la sinistra antisistemiche hanno interpretato l’esecuzione di Saddam come il sacrificio di un eroe eponimo, imposto dagli americani agli iracheni. Per i movimenti dell’ estrema destra extraparlamentare, Saddam incarnava, e incarna tuttora, il grande destino di un dittatore nazionalista; al tempo stesso modernizzatore e tradizionalista: un “rivoluzionario conservatore”. Per i movimenti dell’estrema sinistra extraparlamentare, Saddam rappresentava e rappresenta quasi con concretezza corporea, la grande epopea di un capo socialista, certo con venature nazionaliste e autoritarie, ma laico e modernizzatore. Di riflesso, anche per la destra e la sinistra extraparlamentari, l’impiccagione di Saddam rappresenta una risorsa simbolica. Da usare in chiave antiamericana. Di qui la rappresentazione mitologico-politica dell’ ex rais.
Ora, sospendendo ogni giudizio di valore sul Saddam in carne e ossa perché non importante ai fini del nostro ragionamento, va notato come l’intero schieramento politico (sistemico e antisistemico), “accanendosi” simbolicamente su Saddam, stia mostrando la totale mancanza di un immaginario simbolico all’altezza delle nuove sfide geopolitiche. Ci spieghiamo meglio.
La destra e la sinistra sistemiche (parlamentari) usano Saddam, come bersaglio politico-morale, riproponendo i vecchi ideologemi liberali e socialdemocratici europei, più o meno modificati e aggiornati, imperniati sul pacifismo dei buoni affari. In realtà si tratta di due ideologie (soprattutto nella versione liberal-riformista del tardo Novecento), totalmente incapaci di arrestare l’attuale ascesa del nuovo impero americano, basata proprio su un abile dosaggio tra espansione militare reale e liberalismo democratico formale. Liberalismo e socialdemocrazia, puntando solo sull’ espansione economica demilitarizzata e delegando negli anni della Guerra Fredda la difesa europea agli Stati Uniti, hanno la responsabilità storica di aver favorito la nascita di un’ Unione Europea totalmente invertebrata sotto l’aspetto militare e politico. Non siamo ancora agli stessi livelli di impotenza della Chiesa Cattolica. Ma ormai vi siamo abbastanza vicini: con la differenza fondamentale che l’Europa appartiene ( o dovrebbe appartenere...) al rango geopolitico delle potenze mondane.
La destra e la sinistra antisistemiche (extraparlamentari) usano invece Saddam, come una bandiera politica, riproponendo così certo rivoluzionarismo novecentesco, privo di sbocchi concreti, perché impolitico e tuttora diviso tra massimalismo pacifista e sorelismo guerriero ( mai dimenticare che i fascismi novecenteschi sono eresie, nate da una costola del socialismo…): tra l’avvento per autopoiesi di un “mondo migliore”, e la sua faustiana edificazione ad opera di pochi rivoluzionari di professione. Se ci si passa la quasi battuta: ancora oggi, gli extraparlamentari, di sinistra e di destra, continuano a dividersi sull' incapacitante scelta obbligata tra la “comune” e la “caserma”…
E’ perciò scontato che su queste basi ideologiche superate e prive di sostanza politica ( e ci riferiamo a tutto lo schieramento sistemico e antisistemico), Saddam finisca per incarnare sui due “fronti”, solo in apparenza contrapposti, o la figura del mostro gelatinoso lovecraftiano, nemico della liberaldemocrazia (che però si riserva di condannare a morte chi non rispetti i patti…), o dell’eroe eponimo, al tempo stesso pacifista, rivoluzionario e nazionalcomunista, caduto sul campo dell’onore.
Ora, dal punto di vista di coloro che auspicano, a destra e sinistra, la nascita di un'opposizione antisistemica (ovviamente, rispettosa della democrazia), il vero problema da risolvere , non può essere quello di stabilire i quarti di nobiltà guerriera e/o rivoluzionaria di Saddam. Oppure di assolvere la necessità di combattere in qualche modo gli Stati Uniti, cooptando il primo mito politico sottomano. Dal momento che più si continuerà a discutere di Saddam, secondo le categorie ideologiche novecentesche, più sarà difficile uscire dal vicolo cieco della dipendenza europea dagli Stati Uniti. Dove invece le stesse categorie - opportunamente modificate secondo i criteri del pragmatismo americano - sono abilmente presentate come apportatrici di progresso illimitato. Si pensi all’impatto tremendo, che ha avuto sulla sinistra di classe e sull’ estrema destra sociale, il mix diritti civili-libertà economica. Oggi, ad esempio, sulla scia dell’agenda ideologica fissata dagli Usa, in Europa e anche in Italia (si pensi alla "Fase 2" del governo Prodi), si discute, anche in ambito extraparlamentare, di pacs e diritti privati e non - o comunque molto meno di quanto si dovrebbe - delle condizioni di lavoro.
Servono idee nuove. Anche perché, nel vuoto ideologico, anche l' improvvisa apparizione di “capi carismatici”, rischia di risolversi nel nulla di fatto. O peggio, in forme di postume e tardive commercializzazioni. Si pensi al culto mercantile di Che Guevara. E si spera solo, che Saddam non debba subire la stessa sorte del rivoluzionario castrista. E finire effigiato su felpe, magari sponsorizzate dalla Coca Cola.
Ecco perché la “vicenda Saddam” è in qualche misura la cartina tornasole della crisi politica europea.
Chi avrà il coraggio di ridurlo in frantumi e andare oltre?
Carlo Gambescia
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