lunedì 15 gennaio 2007


Da Erba a Caserta, americanizzazione dei costumi? 
L'Italia del non detto 




Chi si occupa di analisi sociale non può non porsi la seguente domanda: c ’è un legame sociologico e culturale tra quel che è accaduto a Erba e Caserta? La questione può apparire stramba e perfino provocatoria, magari mirata a colpire solo una certa parte della classe politica, quella a sinistra. Se però il lettore avrà la pazienza di seguire il nostro ragionamento, potrà accorgersi che le cose non stanno così.
Che cosa è successo a Erba? Un episodio di inaudita violenza. E che cosa indica? Che spesso la violenza più feroce colpisce all'improvviso, accanendosi sempre sui più deboli: donne e bambini. Di questo fatto si sono date finora le interpretazioni più differenti. C’è chi vi ha visto una “pura” esplosione di follia. E chi l’ha giudicato un frutto avvelenato dell’ odio razziale. E, infine, chi vi ha scorto, la disgregazione della “sana” vita di provincia. Una cosa però non è stata ricordata. Che dietro l’esplosione di violenza, l’odio razziale, la distruzione dei legami sociali c’è un nuovo modello socioculturale, in grande espansione: quello del farsi giustizia da soli, dando ascolto a un riflesso carnivoro... Si tratta di un modello estraneo alla tradizione europea continentale (basata sul rispetto del monopolio pubblico della violenza) e a quella europea mediterranea, meno rispettosa delle norme, ma dove in passato anche la faida più violenta rinviava a vincoli di tipo comunitario. A Erba, ha avuto il suo battesimo del fuoco, il modello dell’ individuo in guerra con tutti, a partire dagli “odiati” vicini di casa. Insomma, siamo davanti al modello americano del giustiziere “solitario”, un essere "carnivoro" per eccellenza (ai limiti della pura animalità), ma celebrato continuamente da cinema e televisione. E, di riflesso, sempre più condiviso a livello di immaginario collettivo, grazie al ruolo giocato dalla pervasiva megamacchina comunicativa Usa. Ora, per farla breve, quando una società si va americanizzando, o comunque inizia a subire l’ influenza di una cultura esterna, c’è il rischio che ne recepisca insieme, e confusamente, gli aspetti positivi e negativi. Urgono perciò scelte selettive: i media “locali” e la cultura "autoctona" sono chiamati a svolgere un ruolo critico e di contrasto. In Italia però si preferisce non dire…
Che cosa è successo a Caserta? Un episodio politico di puro valore mediatico. E che cosa indica? Che la politica è ormai ridotta a poca cosa. O se si preferisce a pubblipolitica: a presentazione e vendita pubblicitaria di decisioni politiche di nessun impatto. Dell’incontro si sono date le interpretazione più disparate. C’è chi vi ha visto lo scontro tra riformisti e radicali. Chi vi ha scorto il tentativo prodiano di ergersi a leader assoluto. E chi, infine, come l’opposizione di centrodestra, ne ha colto il valore pubblipolitico, guardandosi bene però dal riconoscere le responsabilità di Berlusconi, il primo in assoluto a introdurre in Italia il modo americano di far politica. Nessuno - ripetiamo nessuno - ha però colto il dato di fondo. Che la politica italiana somiglia sempre di più a quella americana, basata sulla gestione dell’esistente e sull’assenza di reali politiche di raccorciamento delle distanze sociali. Ormai, anche nell’ Italia politica, tutto si riduce per un verso, all’eccesso di riflettori puntati su eventi poco produttivi di decisioni redistributive, e per l’altro, a discussioni politico-giornalistiche su questioni di cortissimo respiro. E qui una cosa deve essere chiara: accettare gli attuali vincoli di bilancio - subiti bovinamente a destra e sinistra - significa rinunciare al varo di qualsiasi politica economica degna di questo nome (nei campi dell’istruzione, delle ricerca, della salute, dei lavori pubblici, del lavoro). Il che ci riporta al problema della politica-spettacolo all’americana, “tutto fumo e niente arrosto”, se ci si passa l’espressione… Tuttavia, se è vero, come abbiamo visto, che una società che si americanizza, o che comunque subisca un mutamento culturale di derivazione esterna, lo fa confusamente (mescolando bene e male), perché allora non individuare e contrastare gli aspetti negativi di questo processo ? Perché continuare a non dire?
A questo punto risulta chiaro, quanto il legame tra Erba e Caserta, sia rappresentato dall’americanizzazione dei costumi sociali e politici. E, ovviamente, dall’ influsso negativo che questa trasformazione culturale va esercitando sulla società italiana. Un legame debitamente occultato dai media e dalla parte meno critica, se non del tutto servile della cultura. Si preferisce tacere.
Si dirà, ecco il solito intellettuale antiamericano in cattiva fede. Perché non ricorda anche agli aspetti positivi del processo? Certo. Ma non è quel che già  fanno  i media quotidianamente? Che senso avrebbe unirsi al coro degli entusiasti? La questione che ci interessa e compete è un’altra: può una società democratica reggersi sul non detto e sull’accoglimento acritico di un’ altra cultura?
Ecco, la vera lezione che si può ricavare, da eventi come quelli di Erba e Caserta.
Carlo Gambescia

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