Prodi fischiato al Motor Show
E il peggio deve
ancora arrivare
l
La situazione politica italiana rischia di farsi sempre
più seria. I fischi bolognesi dovrebbero far riflettere tutti sulle ragioni più
generali e profonde di una crisi. Che è soprattutto crisi di legittimità. E che
perciò va oltre le figure di Prodi e Berlusconi. Cerchiamo di spiegare perché.
Innanzitutto bisogna prendere atto che la crisi di legittimità apertasi con
Tangentopoli non si è mai conclusa. Dal 1994 in poi si sono alternati governi di
centrodestra e centrosinistra che hanno sempre puntato, apertamente o meno, sul
disconoscimento politico reciproco.
Che vogliamo dire? Che prima di Tangentopoli la classe politica si riconosceva nella Costituzione repubblicana. O comunque in uno scenario politico che escludeva per qualsiasi destra (che si presentasse come tale) un riconoscimento politico e costituzionale: perché ritenuta forza potenzialmente fascista e antidemocratica.
Di conseguenza, nel 1994, con la partecipazione di An al primo governo di centrodestra, si aprì una crisi di legittimità: la presenza di ex fascisti al governo metteva in crisi la legittimità antifascista sancita dalla Costituzione repubblicana. E di conseguenza, a Berlusconi, si rimproverava - e si continua a rimproverare - il fatto di aver “sdoganato” Fini e così inquinato la purezza della costituzione repubblicana. Il primo governo Berlusconi, fu allora tolto di mezzo ricorrendo a una crisi extraparlamentare pilotata da Scalfaro. Per il centrodestra - e non importa se vero o meno - fu un mezzo di colpo di stato.
Negli anni successivi, si è proceduto più o meno nello stesso modo: a colpi di delegittimazione reciproca. Senza entrare nei fatti, basti qui ricordare, gli appelli all’antifascismo del centrosinistra e all’anticomunismo del centrodestra. E le reciproche accuse di brogli elettorali, venute fuori di recente, non fanno che aggravare la crisi in atto della legittimità repubblicana.
Da una situazione del genere non è facile uscire. Solo due sono le strade possibili.
La prima consiste nell’accettazione dell’avversario politico e nel mantenimento ("allargato" a destra) della legittimità repubblicana instaurata costituzionalmente nel 1948. Ma come? Ad esempio smettendo di puntare - a prescindere dalla consistenza o meno delle accuse - sulla questione dei brogli elettorali, a destra come a sinistra. Il che non è facile perché l’antifascismo (e il conseguente vedere ovunque trame “nere”) è un “collante” piuttosto forte, e in certo senso obbligato per una Costituzione “nata dalla Resistenza”. Tuttavia i conflitti permanenti sui “principi fondamentali” fanno malissimo alla democrazia, e rischiano di alimentare rigurgiti di tipo qualunquista e autoritario. E di fare il gioco del centrodestra, che, a sua volta, denuncia, con pari isteria, il pericolo di “trame rosse”.
La seconda consiste nel disconoscimento totale dell’avversario politico (in termini schmittiani). In questo caso però la lotta politica deve essere condotta a fondo e senza esclusione di colpi: perché si tratta di eliminare un nemico mortale, e non di mettere fuori gioco temporaneamente un semplice avversario... E soprattutto, il conflitto deve essere basato su un’idea precisa del tipo di legittimità repubblicana che si vuole imporre o riproporre. Vecchia o nuova non importa. L’unica cosa che conta è che sia “una” e condivisa dal blocco sociale e politico “vincente”. O comunque capace di conferire stabilità al paese, isolando politicamente i pochi e residui oppositori.
L’unica cosa da evitare - e questo dovrebbe valere per Prodi e Berlusconi - è continuare a scontrarsi su tutto, senza avere alle spalle un’idea precisa di legittimità repubblicana.
O altrimenti detto: vivere alla giornata.
Che vogliamo dire? Che prima di Tangentopoli la classe politica si riconosceva nella Costituzione repubblicana. O comunque in uno scenario politico che escludeva per qualsiasi destra (che si presentasse come tale) un riconoscimento politico e costituzionale: perché ritenuta forza potenzialmente fascista e antidemocratica.
Di conseguenza, nel 1994, con la partecipazione di An al primo governo di centrodestra, si aprì una crisi di legittimità: la presenza di ex fascisti al governo metteva in crisi la legittimità antifascista sancita dalla Costituzione repubblicana. E di conseguenza, a Berlusconi, si rimproverava - e si continua a rimproverare - il fatto di aver “sdoganato” Fini e così inquinato la purezza della costituzione repubblicana. Il primo governo Berlusconi, fu allora tolto di mezzo ricorrendo a una crisi extraparlamentare pilotata da Scalfaro. Per il centrodestra - e non importa se vero o meno - fu un mezzo di colpo di stato.
Negli anni successivi, si è proceduto più o meno nello stesso modo: a colpi di delegittimazione reciproca. Senza entrare nei fatti, basti qui ricordare, gli appelli all’antifascismo del centrosinistra e all’anticomunismo del centrodestra. E le reciproche accuse di brogli elettorali, venute fuori di recente, non fanno che aggravare la crisi in atto della legittimità repubblicana.
Da una situazione del genere non è facile uscire. Solo due sono le strade possibili.
La prima consiste nell’accettazione dell’avversario politico e nel mantenimento ("allargato" a destra) della legittimità repubblicana instaurata costituzionalmente nel 1948. Ma come? Ad esempio smettendo di puntare - a prescindere dalla consistenza o meno delle accuse - sulla questione dei brogli elettorali, a destra come a sinistra. Il che non è facile perché l’antifascismo (e il conseguente vedere ovunque trame “nere”) è un “collante” piuttosto forte, e in certo senso obbligato per una Costituzione “nata dalla Resistenza”. Tuttavia i conflitti permanenti sui “principi fondamentali” fanno malissimo alla democrazia, e rischiano di alimentare rigurgiti di tipo qualunquista e autoritario. E di fare il gioco del centrodestra, che, a sua volta, denuncia, con pari isteria, il pericolo di “trame rosse”.
La seconda consiste nel disconoscimento totale dell’avversario politico (in termini schmittiani). In questo caso però la lotta politica deve essere condotta a fondo e senza esclusione di colpi: perché si tratta di eliminare un nemico mortale, e non di mettere fuori gioco temporaneamente un semplice avversario... E soprattutto, il conflitto deve essere basato su un’idea precisa del tipo di legittimità repubblicana che si vuole imporre o riproporre. Vecchia o nuova non importa. L’unica cosa che conta è che sia “una” e condivisa dal blocco sociale e politico “vincente”. O comunque capace di conferire stabilità al paese, isolando politicamente i pochi e residui oppositori.
L’unica cosa da evitare - e questo dovrebbe valere per Prodi e Berlusconi - è continuare a scontrarsi su tutto, senza avere alle spalle un’idea precisa di legittimità repubblicana.
O altrimenti detto: vivere alla giornata.
Carlo Gambescia
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