L'esecuzione di Saddam
L' ombra dell'impiccato
Con l’esecuzione, sembra all'alba di oggi, di Saddam
Hussein, gli Stati Uniti hanno raggiunto alcuni obiettivi di tipo deterrente.
Risultati, che piacciano o meno, vanno comunque presi in considerazione.
In primo luogo, l’esecuzione dell’ex rais indica, agli altri leader mediorientali, ostili all’America, che opporsi ai disegni Usa, implica una condanna a morte, magari in contumacia. Ma che prima o poi viene eseguita. D’ora in poi, perciò, anche per le alte sfere, opporsi all’America significherà rischiare di essere condannati a sparire fisicamente. Il messaggio è piuttosto rozzo, ma comunque efficace, soprattutto sui pavidi.
In secondo luogo, la condanna a morte mediante impiccagione, implica la degradazione simbolica del condannato. Saddam, che comunque apparteneva a una casta militare e guerriera, è stato perciò trattato come un criminale comune. D’ora in poi, chi si opporrà agli Stati Uniti, soprattutto se capo di stato, sa che tribunali, ovviamente istituiti ad hoc, non terranno assolutamente conto dello status politico dello sconfitto. Anche questo è un messaggio piuttosto rozzo, ma efficace, soprattutto su coloro che temono di perdere onori e prebende politiche.
In terzo luogo, sarà interessante scoprire dove, e se, verranno sepolte le spoglie mortali, dell’ex rais. Di sicuro, da parte degli americani, si cercherà di evitare qualsiasi tentativo di “sacralizzazione” del “corpo” di Saddam. Il pericolo maggiore per gli Usa è quello della trasformazione dell’ex presidente iracheno in un martire politico. Di qui l’interesse per quel che accadrà ai suoi resti mortali. E’ la prima volta che Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare un fatto del genere. Le “procedure” che verranno adottate in questo caso avranno perciò valore di esemplarità per il futuro. E dunque di monito per gli attuali avversari dell’America.
Infine, con la morte di Saddam, si chiude simbolicamente un ciclo politico-militare (certo parziale, perché riguarda il “contenzioso” Stati Uniti-Iraq, apertosi nel 1991), ma probabilmente se ne apriranno altri, ad esempio con l’Iran.
Sui quali però, dall’alba di oggi, grava, come un macigno, la lunga ombra oscillante del corpo di un impiccato.
In primo luogo, l’esecuzione dell’ex rais indica, agli altri leader mediorientali, ostili all’America, che opporsi ai disegni Usa, implica una condanna a morte, magari in contumacia. Ma che prima o poi viene eseguita. D’ora in poi, perciò, anche per le alte sfere, opporsi all’America significherà rischiare di essere condannati a sparire fisicamente. Il messaggio è piuttosto rozzo, ma comunque efficace, soprattutto sui pavidi.
In secondo luogo, la condanna a morte mediante impiccagione, implica la degradazione simbolica del condannato. Saddam, che comunque apparteneva a una casta militare e guerriera, è stato perciò trattato come un criminale comune. D’ora in poi, chi si opporrà agli Stati Uniti, soprattutto se capo di stato, sa che tribunali, ovviamente istituiti ad hoc, non terranno assolutamente conto dello status politico dello sconfitto. Anche questo è un messaggio piuttosto rozzo, ma efficace, soprattutto su coloro che temono di perdere onori e prebende politiche.
In terzo luogo, sarà interessante scoprire dove, e se, verranno sepolte le spoglie mortali, dell’ex rais. Di sicuro, da parte degli americani, si cercherà di evitare qualsiasi tentativo di “sacralizzazione” del “corpo” di Saddam. Il pericolo maggiore per gli Usa è quello della trasformazione dell’ex presidente iracheno in un martire politico. Di qui l’interesse per quel che accadrà ai suoi resti mortali. E’ la prima volta che Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare un fatto del genere. Le “procedure” che verranno adottate in questo caso avranno perciò valore di esemplarità per il futuro. E dunque di monito per gli attuali avversari dell’America.
Infine, con la morte di Saddam, si chiude simbolicamente un ciclo politico-militare (certo parziale, perché riguarda il “contenzioso” Stati Uniti-Iraq, apertosi nel 1991), ma probabilmente se ne apriranno altri, ad esempio con l’Iran.
Sui quali però, dall’alba di oggi, grava, come un macigno, la lunga ombra oscillante del corpo di un impiccato.
Carlo Gambescia
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