lunedì 11 settembre 2006



Bilanci
11 settembre 2001/11 settembre 2006



Dal punto di vista storico cinque anni sono quasi niente. Siamo appena all'inizio di una nuova fase storica, apertasi con la caduta dell'Unione Sovietica (1989-1991): tra contraddizioni morali, incoerenze politiche, contraccolpi economici e militari sta nascendo una nuova formazione imperiale ( o comunque macropolitica) , guidata dall'America. Non è un impero classico, ma non è neppure qualcosa di completamente nuovo... Comunque sia, le prime conseguenze potranno essere tratte solo da qui a qualche decennio.
Potrebbe perciò essere più interessante una breve rassegna dei numerosi significati sociali attribuiti a caldo all'11 settembre. Per poi analizzare quel che oggi ne è restato di significativo.
11 Settembre 2001.
Per i parenti delle vittime è principalmente un lutto familiare. Una tragedia che sconvolge la vita normale di migliaia di persone.
Per i vigili del fuoco, poliziotti, medici, e primi soccorritori è un evento psicologicamente incancellabile, qualcosa che non dimenticheranno mai.
Per l'America della gente comune è l'improvvisa scoperta della guerra in casa. Una sensazione che il cittadino americano non aveva in passato mai provato in modo così bruciante.
Per le alte sfere della politica americana è una sfida militare alla quale rispondere, indipendentemente dall'appartenenza politica.
Per l'Europa politica è un avvenimento inspiegabile, considerati (egoisticamente) i buoni rapporti tra Europa e mondo islamico.
Per l' "europeo medio" è un evento da rimuovere.
La Chiesa Cattolica e le altre fedi religiose , condannano l'attentato e invocano la pace. Come del resto fanno i movimenti pacifisti laici.
Per il mondo islamico o comunque non occidentale è un avvenimento terribile. E solo alcuni gruppi estremisti ne gioiscono. Va pure ricordato un certo atteggiamento, precedente all'attacco alle Torri Gemelle, di critica (popolare e spontanea) verso l'arroganza degli Stati Uniti. Arroganza che, secondo alcuni, andrebbe posta alle origini dell'attentato,
Per Israele, l'evento serve ad accrescere il sentimento popolare di accerchiamento. Subito sfruttato dall'ala militarista della sua classe politica per allargare le attività di repressione interna.
11 settembre 2006.
L'America politica e non, al di là di temporanee fluttuazioni di opinione, è tutta per la guerra. O comunque, per il mantenimento di forze di occupazione nel mondo.
L'Europa politica, tutta presa dai problemi della crescita economica, non si è ancora resa conto dell'importante ruolo di mediazione che potrebbe svolgere. E che non consiste solo nell'inviare truppe. Mentre l'atteggiamento dell' "europeo medio" nei riguardi dei non occidentali e degli immigrati di religione islamica è cambiato in peggio: per ora, hanno la meglio paura e l'intolleranza. Sentimenti che non portano mai nulla di buono.
La Chiesa cattolica e le altre fedi religiose continuano, inascoltate, a invocare la pace tra gli uomini. E lo stesso silenzio circonda anche i movimenti pacifisti laici.
Nel mondo non occidentale è invece cresciuta la voglia di rivalsa verso gli Stati Uniti. Alla quale si accompagna  certo  antiamericanismo  anche "pratico". Purtroppo.
Israele è sempre più solo e "arrabbiato". E politicamente punta, ormai, solo sull'aiuto militare americano.

Ci sono dunque tutte le premesse per un peggioramento della situazione internazionale.

Carlo Gambescia 

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