martedì 27 dicembre 2005


Polemiche (da seguire)
I cattolici tradizionalisti 
italiani e gli Stati Uniti




Sicuramente a molti è sfuggita la dura polemica che infuria all'interno dell'universo cattolico-tradizionalista italiano. Si tratta di una "guerra culturale" (e non solo), tuttora in corso tra i cattolici tradizionalisti, che volenti o nolenti, in nome del realismo politico si sono schierati con Bush, e i cattolici tradizionalisti che non condividono tale scelta, e vedono invece nell'Islam (e ovviamente non nelle sue componenti terroristiche), un prezioso interlocutore, culturalmente e geopoliticamente meno lontano del pensiero neoconservatore e degli Stati Uniti. Le due posizioni rispecchiano sul versante mediatico e culturale le scelte di una serie di riviste e gruppi intellettuali, e possono essere riassunte, sul piano delle persone, da due note figure di intellettuali cattolici come Roberto de Mattei, fondatore e presidente del Centro Lepanto, e Franco Cardini, già presidente dell'Associazione Culturale Identità Europea. A grandi linee, e facendo torto ad entrambi, si può dire, che il primo è su posizioni filoamericane, il secondo filoislamiche.
Per comprendere la durezza della polemica si consiglia però di leggere l'ultimo fascicolo della rivista "Alfa e Omega" (n.4, maggio-agosto 2005, pp. 103-134, < rivista-alfaeomega@tiscali.it), diretta dal bravo Siro Mazza, dove è riportato un vero e proprio "botta e risposta" tra Francesco Mario Agnoli, attuale presidente di "Identità Europea", Luigi Copertino, valente studioso dello gnosticismo filosofico-politico da un lato, e Claudio Bernabei del Centro Culturale Lepanto dall'altro.
Sul piano della storia e della cultura, le tesi di Agnoli e Copertino sono sicuramente più convincenti. Dal momento che è giusto sostenere che il rapporto tra cristianesimo e Islam è di lunga data, e che proprio per questo, ha garantito una migliore conoscenza, e di riflesso, pur tra alti e bassi, una buona convivenza tra i due mondi, grazie soprattutto alla comune visione non materialistica. Meno convincenti le tesi di Bernabei, che oltre a sopravvalutare il ruolo storico giocato attualmente dagli Usa, poca cosa rispetto a quello giocato in passato dall' Europa cattolica e dall' Islam, non tengono conto, di quel pragmatismo, a sfondo materialistico e gnostico, che anima la cultura conservatrice americana, che oggi si dichiara erede di quella cristiana ed europea, e che invece può finire per corrompere tutto quello che tocca, come osserva puntalmente Copertino
Tuttavia, sul versante "politico" immediato (e dunque non storico e culturale) potrebbe aver ragione Bernabei, dal momento che ai cattolici tradizionalisti anti-neocon,   in effetti, manca una sponda politica "forte", sia in Italia e in Europa che nel mondo Islamico. Di qui la necessità di una scelta "prudenziale", come scrive Bernabei, in favore degli Stati Uniti di Bush. Scelta che tuttavia, nel lungo periodo, potrebbe rivelarsi pericolosa, proprio per la difficoltà di liberarsi dalla morsa del pragmatismo materialistico di cui sopra.
E' una situazione molto complicata, e questo spiega anche la durezza della polemica, che vede le ragioni culturali e storiche (di lungo periodo) essere dalla parte dei tradizionalisti anti-Bush, e quelle politiche immediate (di breve periodo), dalla parte dei tradizionalisti pro-Bush.
I primi sperano nella ragioni della storia, i secondi in quelle della politica.
E tutti insieme si appellano a Dio.
Carlo Gambescia


***

Siamo lieti di pubblicare, come replica al commento del gentile lettore LeggendaNera, una densa nota di Luigi Copertino.
Ci auguriamo ne nasca un dibattito chiarificatore e soprattutto dirimente sotto il profilo metapolitico . (C.G.)

Caro Gambescia,
noi non ci conosciamo personalmente ma siamo stati entrambi collaboratori della rivista, ora defunta, “Pagine Libere”. Ho sempre letto i suoi interventi con interesse. Scopro solo ora il suo blog, molto interessante, ed è per questo che Le scrivo soltanto a distanza di quasi due anni dal suo ottimo commento, del 27 dicembre 2005, circa la polemica intercorsa, sulle pagine di Alfa e Omega, tra i cattolici filobushisti ed i cattolici antineocons. Lei ha capito perfettamente, nel merito, quel contenzioso. Non altrettanto posso dire di LeggendaNera. Essendo stato in ballo dal nostro interlocutore, ed additato come un pericoloso “eretico” infiltratosi in ambito cattolico, mi consenta un piccolo intervento chiarificatore. Mi è già capitato, in passato, di essere trasversalmente, da destra e da sinistra, oggetto di fuorvianti aggettivazioni e del contrario. Stando alla ristrettezza spirituale di certi detrattori il sottoscritto sarebbe ad un tempo fascista e comunista, filosemita ed antisemita, integralista cattolico e pericoloso sovversivo che se la intende con interlocutori di sinistra. Cristianamente, accetto e sopporto tutto ma non posso accettare l’accusa, infondata, di “marcionismo” e gnosticismo che mi si muove da parte di Leggenda Nera. Non per la mia persona ma per il solo puro amore di verità La prego di pubblicare quanto segue.
Non ho soci ma solo amici. Blondet è tra questi amici ma non è mio “socio”. Così come non sono miei “soci”, ma cari amici, gli aderenti ad Identità Europea, l’associazione culturale, fondata da Franco Cardini, assolutamente laicale ma cattolica, e della quale sono in Abruzzo il responsabile. Nessuno di noi svolge attività lucrative quando si fa cultura.
Con buona pace di LeggendaNera, non ho nessuna difficoltà ad ammettere la mia provenienza giovanile dalla destra radicale. Ma, al tempo stesso, non ho difficoltà ad ammettere che le mie letture giovanili di Evola e Guénon si sono limitate ai soli testi più “politici” o più utilizzabili politicamente come “Orientamenti”, “Gli uomini e le rovine”, “Rivolta contro il mondo moderno” e “La crisi del mondo moderno”. Tutto qui! E tutto in forma molto ma molto blanda, pur avendo respirato l’aria dell’ambiente della destra giovanile durante la militanza liceale. Il mio è in fondo, e non lo dico per piaggeria ma solo perché è oggettivamente vero, un percorso esistenziale, culturale e spirituale molto simile, salvo l’esito accademico che per me non c’è stato, a quello che Franco Cardini ha descritto ne “L’intellettuale disorganico” (Aragno, 2001), la sua “autobiografia” che invito LeggendaNera a leggere per capire. Qualche anno fa recensendo, sulla rivista Avallon (n. 50/2002), un libro dedicato ai contenuti cristiani dell’opera di Tolkien, scrivevo, onde descrivere l’itinerario della mia generazione, che è quella della destra giovanile a cavallo degli anni ’70 ed ’80, quella, per intenderci, dei “Campo Hobbit”, quanto segue: “… vent’anni fa, coinvolti nella generosa confusione adolescenziale, che ci spingeva a mettere insieme le idealità del fascismo socialista e di sinistra (il defeliciano fascismo/movimento opposto al fascismo regime) alle pulsioni tradizionaliste e reazionarie di Evola e Guénon di cui più tardi molti di noi scoprirono l’origine gnostica … non potevamo intenderne (dell’opera di Tolkien) il senso altamente cristiano”. Ecco, questa è stata la mia giovanile frequentazione della destra radicale ed esoterica: vi sono entrato da “sinistra”, dalla “sinistra fascista”, alla scoperta del sacro, sebbene un sacro (ma allora non lo capivo) del tutto ambiguo. Un percorso che sarebbe sfociato nel nichilismo, prometeico esoterico o produttivista poco importa, se, dopo l’abbandono della “confusione adolescenziale”, in una terribile notte di oscurità spirituale, non mi fossi ritrovato ad invocare ed ottenere, immeritatamente, dalla Vergine Maria (“per Mariam ad Iesus), la grazia della Luce e dell’incontro con Cristo. Si tratta di un evento personale sul quale non mi dilungo. Ma, in seguito a quell’evento, è iniziato un percorso che, dopo avermi fatto transitare attraverso la provvidenziale opera di Attilio Mordini (so bene che in Mordini, ed anche questo lo capito mano a mano che quell’Incontro invocato ed ottenuto si consolidava, sussiste una qualche influenza del tradizionalismo esoterico, anche se non bisogna esagerarla fino, come fanno alcuni, a “scomunicarlo”: rimane il fatto che comunque non si può dubitare della provvidenzialità dell’opera mordiniana per molti, come me, provenienti dalla destra radicale), mi ha portato ad un’adesione totale al Cattolicesimo. Un’adesione, ripeto, totale e non inquinata da marcionismo. Onde convincerlo, invito Leggenda Nera a leggere in proposito due miei articoli (“La teologia cristiano-sionista del cardinale Kasper”, in http://www.effedieffe.com/, e “Fratelli maggiori e fratelli minori”, in http://www.jerusalem-holy-land.org/,) dei quali trascrivo in nota alcuni passi, del tutto allineati con la prospettiva paolina (1). Da parte dello scrivente, non c’è nessuna negazione, marcionita, della continuità ed unità tra Antico e Nuovo Testamento ma solo evidenziazione, oggi troppo codardamente taciuta anche all’interno della Chiesa, della discontinuità tra la Fede di Abramo, che era il Cristianesimo ante litteram (“Prima che Abramo fosse, Io sono” Gv. 8,58), ed il giudaismo post-biblico, che è un’altra religione rispetto alla fede veterotestamentaria adempiutasi in Cristo. Nessun marcionismo, dunque, ma solo un “caveat” lanciato a quei cattolici che, anche sulla scorta di Alain Bensacon, credono che la religione giudaica post-biblica sia la stessa fede abramitica che è, essa e non il giudaismo post-biblico, la paolina “radice santa”.
Per quanto poi riguarda, più in generale, lo gnosticismo invito LeggendaNera a leggere quanto da me scritto (“La gnosi spuria smascherata – la ricerca filosofica e teologica di Ennio Innocenti) nel volume collettaneo “Ennio Innocenti – in septuagesimo quinto aetatis suae amici et sodales – fraternitas aurigarum in Urbe 2007” (scritti in onore di don Ennio Innocenti, purtroppo non reperibile in rete ma scrivendo direttamente a don Ennio Innocenti è via Capitan Bavastro 136 - 00154 Roma). In tale saggio faccio mia la definizione di gnosi spuria che l’insigne teologo romano, di formazione schiettamente tomista, ha formulato, nella sua opera “La gnosi spuria”, in termini assolutamente espliciti, anch’essa riportati in nota (2). Sulla scorta della migliore tradizione teologica cattolica, lo scrivente distingue senza riserve tra trascendenza ed immanenza, armonizzate sulla base dell’analogia entis, e senza cadere in alcun panteismo ad un tempo prometeico (non accettazione della dipendenza creaturale dall’Essere trascendente) e negatore della bontà del reale ossia nichilista (negazione degli enti creati come illusione – maya – della manifestazione apparente del pleroma cosmico che sarebbe l’unico reale nella sua essenza di “Tutto/Nulla”). Un panteismo, per l’appunto, gnostico.
Infine, veniamo alla questione Massignon ed Islam. Di Massignon, che era un grande esegeta e teologo cattolico nonché sacerdote di Santa Romana Chiesa, lo dico subito, ho notizie solo indirette, ma ho letto alcune opere di un suo grande allievo, il teologo ed esegeta francescano, docente in diverse Università pontificie, recentemente scomparso, padre Giulio Basetti Sani.
L’affiliazione abramitica della stirpe di Ismaele non è affermata da Massignon ma dal Genesi, nel capitolo 16, 11-12, laddove Dio, a mezzo del suo angelo, dice ad Agar, la schiava con cui Abramo aveva generato Ismaele e poi cacciata a causa della gelosia di Sara, e che è prossima alla morte nel deserto: "Ecco sei incinta, partorirai un figlio e lo chiamerai Ismaele, perché Dio ha ascoltato la tua afflizione. Egli sarà come un ònagro; con la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro lui e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli". E poi poco più in là, in Genesi 21,18, è aggiunto, con riferimento ad Ismaele, "ne farò una grande nazione". Orbene, un cattolico non può non chiedersi che senso abbiano queste promesse di Dio, senza però nulla concedere alla pretesa islamica di essere “il sigillo della Rivelazione” e fermo rimanendo l’assoluta centralità dell’Unica Mediazione Universale che è solo quella di Cristo. La risposta che Massignon, e sulla sua scorta, padre Basetti Sani danno è la seguente: i tempi di Dio non sono i nostri tempi sicché ciò che per noi storicamente viene dopo (l’Islam) nel Piano di Dio è semplicemente l’adempimento di una promessa veterotestamentaria in vista di avvenimenti escatologici futuri nei quali popoli, al momento non ancora giunti alla Pienezza della Rivelazione, ossia a Cristo, dovranno svolgere un qualche ruolo escatologico (nell’escatologia islamica, l’Impostore, il Dajjal, l’Anticristo, è ucciso da Isa, figlio di Maryam Vergine, ossia dal Gesù della Parusia: sarà pure un caso ma – si rifletta - ciò che attualmente impedisce ai fondamentalisti giudaici di ricostruire il tempio di Gerusalemme è il fatto che sulla spianata dove esso sorgeva sono state erette le due moschee di Omar e di Al Aqsa. Se non fosse per questo i rabbini fondamentalisti avrebbero già imposto al governo sionista israeliano di ricostruire il tempio per ripetere il sacrificio arcaico dello sgozzamento dell’agnello e “costringere” Dio – puro prometeismo! - a ricordarsi e rispettare il Patto stretto con Israele, “messia collettivo”, e consegnare a quest’ultimo la gloria sul mondo nel regno messianico promesso. Si tenga conto che l’eventuale ricostruzione del tempio da un punto di vista cristiano è un atto blasfemo: il Vero Tempio, distrutto e risorto in tre giorni, ed il Vero Agnello di Dio, sacrificato definitivamente per la salvezza del mondo, è Cristo Dio-Uomo, del quale l’antico ed abolito rito ebraico dell’agnello pasquale e l’antico tempio di Gerusalemme erano solo prefigurazioni. Quel tempio, ricostruito al ritorno dalla cattività babilonese e distrutto nell’anno 70 dopo Cristo, secondo le profezie veterotestamentarie avrebbe visto il Messia e non avrebbe potuto essere distrutto prima che il Messia fosse giunto: proclamando l’intenzione di ricostruirlo i fondamentalisti giudaici altro non fanno che affermare la “non-messianicità” di Cristo). In tal senso, ossia ipotizzando un ruolo escatologico ma Cristo-centrico e Cristo-direzionale dell’Islam, Maometto altro non sarebbe che un profeta veterotestamentario, storicamente post-litteram ma escatologicamente ante-litteram, mandato da Dio a preparare ai discendenti di Ismaele la futura piena conoscenza ed accettazione della Divino-Umanità di Cristo, che essi, gli islamici, come gli ebrei, comprenderanno solo alla fine dei tempi. Si prenda, ad esempio, la Sura III versetto 45 del Corano:"E quando gli angeli dissero a Maria: 'O Maria, Iddio ti annunzia la buona novella di un Verbo che viene da Lui, e il cui nome è: il Messia, Gesù, figlio di Maria, eminente in questo mondo e nella vita immediata ed ultima; egli è tra i vicini a Dio". Orbene, questo non è l'unico passo coranico in cui si proclama Cristo Messia e Verbo di Dio nonché la Perpetua Verginità della Madonna. Dico questo in via assolutamente ipotetica e soprattutto senza fare del facile ed ingenuo irenismo perché è indubitabile che l'Islam non riconosce (o almeno non ancora riconosce) la Divino-Umanità di Cristo. Tuttavia che questa, la Divino-Umanità di Cristo, sia adombrata nel testo coranico è argomento che non si può, neanche da parte mussulmana, respingere facilmente. Il ruolo dell’Islam, nel Piano Divino della Salvezza Universale, è certamente un ruolo che, comunque, lo vogliano o meno gli islamici, passa inevitabilmente, in un modo per il momento ancora non perfettamente comprensibile né storicamente evidente, per l’Unico Mediatore e Salvatore Universale Gesù Cristo, Dio-Uomo. Questo diceva Massignon, e dopo di Lui Basetti Sani. Quest’ultimo, ad esempio, ricorda che lo stesso Profeta Muhammad, più volte, ha confessato che il Mistero Divino per eccellenza, l’al-Ghayb della sura 7, non gli era stato rivelato. Padre Giulio Basetti Sani ritiene che l’al-Ghayb riguardi il Logos, la Parola, il Verbo di Dio. Quel Logos che, nell’incipit del suo Vangelo, san Giovanni, l’apostolo che Gesù amava, afferma essere in Principio, ossia all’inizio di ogni cosa, in quanto da sempre presso Dio, perché è Dio, ed afferma essersi incarnato, nel cuore verginale ed immacolato di Maria, in Cristo Gesù.
Come si vede, esiste un approccio cristiano all’Islam che riconduce del tutto quest’ultimo nell’alveo cristiano alla stregua di una rivelazione parziale e propedeutica, per i popoli germinati da Ismaele, all’accoglimento futuro ed escatologico della Pienezza della Rivelazione ossia Gesù Cristo, Dio-Uomo, il Verbo di Dio Incarnato. Se tutto questo è marcionismo e gnosticismo, allora credo di essere in ottima compagnia dal momento che quel grande scrittore cattolico che è Vittorio Messori, l’intervistatore di ben due Papi (Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, quest’ultimo lo ha anche citato nel suo ultimo libro “Gesù di Nazareth”), ha avuto modo di scrivere (“Appunti sull’Islam” in Il Timone, n. 57, anno VIII, novembre 2006): “ (Massignon) Fu uno dei pochi che rifletté sull’enigma che sta dietro alla scelta di Maria – tanto venerata nel Corano – di apparire in un villaggio portoghese che porta il nome della figlia prediletta di Maometto, Fatima. Da Massignon ho imparato a riflettere sull’Islam non come fastidioso incidente, una sorta di errore della storia, ma come mistero da cui tentare di ricavare gli insegnamenti che, attraverso di esso, ha voluto darci il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. C’è una pista di pensiero indicata dall’islamista francese che mi ha sempre colpito ed è ancora tutta da approfondire. Osserva, infatti, Massignon che c’è un tempo storico e un tempo teologico. C’è, dunque, un calendario umano e c’è un calendario divino, per il quale non valgono le nostre categorie di ‘prima’ e di ‘dopo’, di ‘presente, passato, futuro’. Forse il sorgere dell’Islam va letto in questa dimensione che sfugge alle nostre categorie. Muhammad ‘dopo’ Gesù? Certo, secondo il nostro calendario: ma che ne sappiamo dei programmi divini, per i quali il Corano potrebbe essere una preparazione all’accettazione di un Vangelo per il quale ancora molti popoli non erano pronti?”. Permette LeggendaNera che si possa da, un punto di vista strettamente e fedelmente cattolico, indagare su questa – ripeto – (pura) ipotesi piuttosto che arruolarsi nelle schiere dello “scontro di civiltà”, parodia anticristica dell’“iter aut passagium ad Ierusalem” ossia di quel che noi ci ostiniamo a chiamare “crociata” e che tale non fu essendosi trattato di un “pellegrinaggio armato”? Non solo, poi, Messori è tra gli estimatori di Massignon ma anche un Pio XI, Papa pre-conciliare, il quale ebbe modo di incoraggiare gli studi islamisti del teologo e sacerdote cattolico con parole davvero lusinghiere. Ricevendo in udienza Massignon nel 1934, Pio XI definì la sua vicenda "una vocazione" e "un'elezione" che rimandavano a "una predilezione". I Papi pre-conciliari erano evidentemente molto più aperti di cuore che non i loro presunti nostalgici odierni. A questi ultimi basta l'immaginetta che essi si sono fatti di quei Papi e della Tradizione.
Per quanto riguarda, infine, Solov’ev, voglio ricordare a LeggedaNera che il grande scrittore russo, del quale comunque ammiro sinceramente la capacità “profetica” dimostrata nel suo “Racconto dell’Anticristo”, non sembra aver completamente superato le sue giovanili esperienze teosofiche che, in qualche modo, continuano a riverberare persino nell’importantissima opera testé citata, laddove, in chiusura del suo romanzo, il nostro fa seguire alla conversione di Israele l’apertura del millennio inteso come regno messianico sulla terra. Un cedimento al millenarismo, da sempre riprovato dalla Chiesa Cattolica ed anche da quella Ortodossa, che non può spiegarsi senza l’influenza della gnosi teosofica frequentata, prima della conversione, da Solov’ev. Sia detto, naturalmente, senza nulla togliere né alla grandezza dello scrittore né alla sincerità della sua conversione.
Chiedo scusa, caro Gambescia, per questa lunga invasione di campo, ma l’assurdità dei sospetti paventati da LeggendaNera mi ha costretto a tanto.
La saluto con stima e con cordialità
  Luigi Copertino


Note
1) (Prima citazione) “… la neo-teologia di cui si fa portavoce il cardinale Kasper è fondata su una palese falsificazione ermeneutica della dottrina di san Paolo. Infatti, l’Apostolo delle genti nel capitolo 11, 16-24 della ‘Lettera ai Romani’ chiama ‘Olivo Santo’ la Fede di Abramo intendendo per tale, né poteva essere diversamente date le stesse parole di Cristo in Gv. 8,58 (‘Prima che Abramo fosse, Io sono’), il Cristianesimo ante litteram. Quindi, l’Apostolo passa ad affermare che da questo ‘Olivo’ l’Israele post-biblico, a causa – lo abbiamo già ricordato – del suo ‘indurimento di cuore’, è stato ‘reciso’. Gli israeliti che non hanno riconosciuto Cristo sono, per san Paolo, ‘rami tagliati’ per far posto ad altri ‘rami’, agli ‘oleastri’, ossia ai gentili, che così sono chiamati anch’essi da Dio alla salvezza. L’esegesi paolina deve essere letta, per essere interpretata nel suo vero senso, alla luce delle parole di Cristo in Gv. 15, 5-6 ‘Io sono la vite e voi i tralci. Chi rimane in me e Io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi li raccolgono e li gettano nel fuoco e li bruciano’. Per san Paolo, dunque, la caduta di Israele ha permesso la salvezza dei pagani e ciò, con tutta evidenza, significa che Israele, sebbene soltanto temporaneamente, in attesa della fine dei tempi, è fuori dall’ ‘Alleanza non revocata’, ossia dalla Rivelazione di Dio ad Abramo compiutasi in Cristo. Alleanza che, intesa come complesso unitario di Vecchio e Nuovo Testamento, è detta ‘non revocata’ non nel senso che essa coincida, attualmente, con il giudaismo talmudico-cabalista post-biblico, come sostengono i neo-teologi alla Walter Kasper, ma nel senso, per l’appunto insegnato da san Paolo, che tale Alleanza, inizialmente pattuita nella sua forma Antica, è stata definitivamente adempiuta nella, e superata dalla, Nuova Alleanza stabilita da Cristo e che pertanto solo in Cristo, e non nell’Israele post-templare, essa ha trovato la sua continuazione e, quindi, la sua ‘irrevocabilità’. Al modo, cioè, del contratto definitivo che, includendolo, perfeziona e prende il posto del preliminare nell’Unico Patto tra i contraenti, ossia, fuor di metafora, Dio e l’umanità. Nella Lettera ai Romani, san Paolo non usa mai, come forzando il senso del testo pretende di sostenere Kasper, l’espressione ‘Alleanza non revocata’ attribuendola agli ebrei post-biblici ma sempre e solo alla Fede di Abramo, all’Olivo Santo, dal quale l’Apostolo afferma chiaramente che l’antico Israele ha in pratica apostatato. A riguardo degli ebrei post-biblici, san Paolo afferma chiaramente che essi, essendo stati un tempo eletti, ossia scelti, da Dio, ‘sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili’ (Romani 11,28-29). Con ciò l’Apostolo intende dire che il popolo ebreo, chiamato per primo da Dio, non sarà dimenticato nella sua attuale caduta perché, appunto, amato non per l’attuale sua apostasia ma per la fede dei suoi padri, fede che con il rifiuto di Cristo è stata dal popolo ebraico stesso rinnegata, e che pertanto esso alla fine dei tempi, e solo alla fine dei tempi, in virtù di quell’antica elezione che Dio non ha dimenticato, in quanto Dio mantiene sempre le sue promesse, sarà reinnestato nell’Olivo Santo della Rivelazione, nell’Albero della Vita che è la Croce di Cristo, il Logos fattosi Uomo.”. Ed ancora (seconda citazione):“... in tale passo (Rm. 11,28) l’Apostolo (san Paolo) non parla, come con sibillina ma significativa alterazione terminologica sostengono i giudaizzanti, di ‘Alleanza non revocata’, la quale comunque se, appunto, non è stata revocata non lo è stata nel senso, come ricordò Giovanni Paolo II a Colonia nell’anno 2000, che Essa, l’Antica Alleanza, ha trovato il suo adempimento definitivo e la sua continuazione nella Nuova Alleanza, ma soltanto di ‘chiamata, ossia elezione, irrevocabile’ a significare quel che lo stesso Apostolo, nella medesima Lettera, aveva affermato poco prima ossia che i suoi fratelli nella carne, per la durezza del loro cuore, sono ormai rami recisi dall’Olivo santo, essendosi allontanati per loro volontà dalla Fede dei Padri veterotestamentari, e che in tale condizione essi resteranno finché, alla fine dei tempi, non riconosceranno la divinità e la messianicità di Cristo per essere reinnestati di nuovo nel tronco vitale della Rivelazione. Reinnesto che sarà reso possibile dalla grande misericordia di Dio il quale, nonostante la loro abiura, non ha dimenticato di averli chiamati per primi alla Fede. L’esegesi paolina poggia, del resto, sulle stesse parole pronunciate da Gesù e rivolte alla Città Santa: ‘Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco: la vostra casa sarà lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte:Benedetto colui che viene nel nome del Signore!’ (Mt. 23,37-39).”.

2) Da E. Innocenti “La gnosi spuria” Vol. I :“Nell’interpretare la realtà, due soltanto sono i giudizi sull’essere: l’essere, infatti, o è dall’intelligenza umana interpretato come partecipazione oppure è interpretato come caduta. Sia nel primo che nel secondo giudizio le conseguenze sono di grande importanza e tali da influenzare tutto il vivere umano. L’essere è ‘partecipato’ da una fonte sapiente, libera ed amante: l’Infinito Iddio. Egli, pienezza di coscienza bontà e bellezza, partecipa il suo essere amando gli esseri che crea, ordinandoli in una collaborazione che rispecchia la sua perfezione, cui tutti – e l’uomo consapevolmente e liberamente – tendono. L’essere, invece, ‘cade’, primordialmente e necessariamente, da un’oscurità inconscia innominabile informe ed indeterminata, e tale caduta, che comporta la degradazione e la differenziazione degli esseri, dev’esser riassorbita nell’unità indifferenziata del tutto. Nella prima interpretazione l’uomo si innalza per dono divino. Nella seconda, invece, l’uomo s’illude d’erigersi immedesimandosi nel tutto. Vi sono altre caratteristiche che differenziano inconfondibilmente questi due tipi di gnosi: la ‘prima’ suppone la irriducibilità fra essere e non essere, Dio e gli esseri creati, lo spirito e la materia, la verità e l’errore, il bene e il male; la ‘seconda’ no. Inoltre: ‘nella prima’ ordine, gerarchia, obbedienza sono le direttive che discendono dai presupposti; ‘nella seconda’ il caos, l’anarchia, l’individuo eslege sono armonici con le premesse. Ancora: ‘la prima’ progredisce aprendosi al dono e all’influsso divino; ‘la seconda’ maturando la consapevolezza di sé e della propria fonte (or ora indicata: caduta e degradazione). La prima gnosi la chiamiamo ‘pura’, la seconda ‘spuria' ".

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