sabato 10 dicembre 2005

Jean Baudrillard la concezione 

"macchinale" della società



Le intuizioni di Jean Baudrillard hanno sicuramente rappresentato per almeno due generazioni di sociologi un costante punto di riferimento. Pioniere dell'antieconomicismo, acuto indagatore della sociologia dei consumi, sottile interprete delle più complicate forme simboliche di rappresentazione sociale.
Negli ultimi anni, tuttavia, come capita talvolta anche ai grandi, il suo pensiero si è fatto meno creativo, alle ottime sintesi degli anni Settanta-Ottanta del Novecento, sono seguiti interventi più saggistici, alcuni brucianti, si pensi a quello sull'America, altri meno originali, come gli scritti sull'immaginario postmoderno, e sui media in particolare.
Purtroppo, il punto è che i limiti di Baudrillard (certo, si parla dei limiti di un pensatore comunque importante) sono insiti, e da sempre, nel suo approccio, come dire, "macchinale" alla società: Baudrillard, non si è infatti mai stancato di ripetere che la società è una vera e propria macchina che attraverso i suoi simboli, dipendenti da precisi rapporti di produzione, fagocita gli uomini, trasformandoli in automi che obbediscono a simulacri: a rappresentazioni di rappresentazioni...
Ora questo approccio, che può valere (ma non del tutto) per lo studio della società contemporanea, non può sicuramente essere utilizzato per quello della società in genere, che non è una macchina, ma frutto di un delicato equilibrio interattivo tra cultura, istituzioni e uomini. La società non "produce" uomini: condiziona, ma non determina mai il comportamento umano, come del resto mostra la storia umana.
Sotto questo aspetto Baudrillard dice troppo, perché costruisce e offre un modello generale di società, benché non lo ammetta mai esplicitamente (nascondendosi dietro la labile cesura moderno-premoderno), e poco, perché questo modello generale di società, non è in realtà generale, ma particolare, dal momento che riflette solo certi caratteri della società contemporanea.
Questi limiti si colgono anche nel suo articolo apparso ieri su "Repubblica", dove Baudrillard contrappone le élite della politica al popolo che ha votato no ai referendum sulla costituzione europea. Se la contrapposizione può essere accettata, non può invece essere accettata la spiegazione che ne dà Baudrillard: il no sarebbe frutto di un egoismo consumistico, alimentato simbolicamente dalle stesso sistema, e tacitamente accettato da élite e popolo.
Ora non si capisce, come Baudrillard possa poi sostenere, nella chiusa dell'articolo, contraddicendosi, che dal no potrebbe svilupparsi una opposizione diffusa al nuovo ordine mondiale basato su guerre e alti consumi.
Delle due l'una: se élite e popolo parlano lo stesso linguaggio dell' egoismo, il "cambiamento" non è possibile; se élite e popolo parlano linguaggi diversi (le élite quello dell'egoismo, il popolo quello dell'altruismo), allora il "cambiamento" è possibile. Tuttavia, in questo secondo caso, Baudrillard deve spiegare, e chiaramente, come una macchina che "produce" automi e simulacri, possa all'improvviso "produrre", essere creativi e valori simbolici autentici. Si tratta di una spiegazione importante, cruciale, che non riguarda solo la teoria sociologica, ma il ruolo della libertà umana nella storia
Certo, il problema dei problemi. Ma al quale un pensatore della statura di Baudrillard non può continuare a sottrarsi.

Carlo Gambescia

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