Polemiche (da seguire)
I cattolici tradizionalisti
italiani e gli Stati Uniti
Sicuramente a molti è sfuggita la dura polemica che
infuria all'interno dell'universo cattolico-tradizionalista italiano. Si
tratta di una "guerra culturale" (e non solo), tuttora in corso tra i
cattolici tradizionalisti, che volenti o nolenti, in nome del realismo politico
si sono schierati con Bush, e i cattolici tradizionalisti che non condividono
tale scelta, e vedono invece nell'Islam (e ovviamente non nelle sue componenti
terroristiche), un prezioso interlocutore, culturalmente e geopoliticamente
meno lontano del pensiero neoconservatore e degli Stati Uniti. Le due posizioni
rispecchiano sul versante mediatico e culturale le scelte di una serie di
riviste e gruppi intellettuali, e possono essere riassunte, sul piano delle
persone, da due note figure di intellettuali cattolici come Roberto de Mattei,
fondatore e presidente del Centro Lepanto, e Franco Cardini, già presidente
dell'Associazione Culturale Identità Europea. A grandi linee, e facendo torto
ad entrambi, si può dire, che il primo è su posizioni filoamericane, il secondo
filoislamiche.
Per comprendere la durezza della polemica si consiglia
però di leggere l'ultimo fascicolo della rivista "Alfa e Omega" (n.4,
maggio-agosto 2005, pp. 103-134, < rivista-alfaeomega@tiscali.it),
diretta dal bravo Siro Mazza, dove è riportato un vero e proprio "botta e
risposta" tra Francesco Mario Agnoli, attuale presidente di "Identità
Europea", Luigi Copertino, valente studioso dello gnosticismo
filosofico-politico da un lato, e Claudio Bernabei del Centro Culturale Lepanto
dall'altro.
Sul piano della storia e della cultura, le tesi di Agnoli
e Copertino sono sicuramente più convincenti. Dal momento che è giusto
sostenere che il rapporto tra cristianesimo e Islam è di lunga data, e che
proprio per questo, ha garantito una migliore conoscenza, e di riflesso, pur
tra alti e bassi, una buona convivenza tra i due mondi, grazie soprattutto alla
comune visione non materialistica. Meno convincenti le tesi di Bernabei, che
oltre a sopravvalutare il ruolo storico giocato attualmente dagli Usa, poca
cosa rispetto a quello giocato in passato dall' Europa cattolica e dall' Islam,
non tengono conto, di quel pragmatismo, a sfondo materialistico e gnostico, che
anima la cultura conservatrice americana, che oggi si dichiara erede di quella
cristiana ed europea, e che invece può finire per corrompere tutto quello che
tocca, come osserva puntalmente Copertino
Tuttavia, sul versante "politico" immediato (e
dunque non storico e culturale) potrebbe aver ragione Bernabei, dal momento che
ai cattolici tradizionalisti anti-neocon, in effetti, manca una sponda politica
"forte", sia in Italia e in Europa che nel mondo Islamico. Di qui la
necessità di una scelta "prudenziale", come scrive Bernabei, in
favore degli Stati Uniti di Bush. Scelta che tuttavia, nel lungo periodo,
potrebbe rivelarsi pericolosa, proprio per la difficoltà di liberarsi dalla
morsa del pragmatismo materialistico di cui sopra.
E' una situazione molto complicata, e questo spiega anche
la durezza della polemica, che vede le ragioni culturali e storiche (di lungo
periodo) essere dalla parte dei tradizionalisti anti-Bush, e quelle politiche
immediate (di breve periodo), dalla parte dei tradizionalisti pro-Bush.
I primi sperano nella ragioni della storia, i secondi in
quelle della politica.
E tutti insieme si appellano a Dio.
Carlo Gambescia
***
Siamo lieti di pubblicare, come replica al commento del
gentile lettore LeggendaNera, una densa nota di Luigi Copertino.
Ci auguriamo ne nasca un dibattito chiarificatore e
soprattutto dirimente sotto il profilo metapolitico . (C.G.)
Caro Gambescia,
noi non ci conosciamo personalmente ma siamo stati
entrambi collaboratori della rivista, ora defunta, “Pagine Libere”. Ho sempre
letto i suoi interventi con interesse. Scopro solo ora il suo blog, molto
interessante, ed è per questo che Le scrivo soltanto a distanza di quasi due
anni dal suo ottimo commento, del 27 dicembre 2005, circa la polemica
intercorsa, sulle pagine di Alfa e Omega, tra i cattolici filobushisti ed i
cattolici antineocons. Lei ha capito perfettamente, nel merito, quel
contenzioso. Non altrettanto posso dire di LeggendaNera. Essendo stato in ballo
dal nostro interlocutore, ed additato come un pericoloso “eretico” infiltratosi
in ambito cattolico, mi consenta un piccolo intervento chiarificatore. Mi è già
capitato, in passato, di essere trasversalmente, da destra e da sinistra,
oggetto di fuorvianti aggettivazioni e del contrario. Stando alla ristrettezza
spirituale di certi detrattori il sottoscritto sarebbe ad un tempo fascista e
comunista, filosemita ed antisemita, integralista cattolico e pericoloso
sovversivo che se la intende con interlocutori di sinistra. Cristianamente,
accetto e sopporto tutto ma non posso accettare l’accusa, infondata, di
“marcionismo” e gnosticismo che mi si muove da parte di Leggenda Nera. Non per
la mia persona ma per il solo puro amore di verità La prego di pubblicare
quanto segue.
Non ho soci ma solo amici. Blondet è tra questi amici ma non è mio “socio”.
Così come non sono miei “soci”, ma cari amici, gli aderenti ad Identità
Europea, l’associazione culturale, fondata da Franco Cardini, assolutamente
laicale ma cattolica, e della quale sono in Abruzzo il responsabile. Nessuno di
noi svolge attività lucrative quando si fa cultura.
Con buona pace di LeggendaNera, non ho nessuna difficoltà ad ammettere la mia
provenienza giovanile dalla destra radicale. Ma, al tempo stesso, non ho
difficoltà ad ammettere che le mie letture giovanili di Evola e Guénon si sono
limitate ai soli testi più “politici” o più utilizzabili politicamente come
“Orientamenti”, “Gli uomini e le rovine”, “Rivolta contro il mondo moderno” e
“La crisi del mondo moderno”. Tutto qui! E tutto in forma molto ma molto
blanda, pur avendo respirato l’aria dell’ambiente della destra giovanile
durante la militanza liceale. Il mio è in fondo, e non lo dico per piaggeria ma
solo perché è oggettivamente vero, un percorso esistenziale, culturale e
spirituale molto simile, salvo l’esito accademico che per me non c’è stato, a
quello che Franco Cardini ha descritto ne “L’intellettuale disorganico”
(Aragno, 2001), la sua “autobiografia” che invito LeggendaNera a leggere per
capire. Qualche anno fa recensendo, sulla rivista Avallon (n. 50/2002), un
libro dedicato ai contenuti cristiani dell’opera di Tolkien, scrivevo, onde
descrivere l’itinerario della mia generazione, che è quella della destra
giovanile a cavallo degli anni ’70 ed ’80, quella, per intenderci, dei “Campo
Hobbit”, quanto segue: “… vent’anni fa, coinvolti nella generosa confusione
adolescenziale, che ci spingeva a mettere insieme le idealità del fascismo
socialista e di sinistra (il defeliciano fascismo/movimento opposto al fascismo
regime) alle pulsioni tradizionaliste e reazionarie di Evola e Guénon di cui
più tardi molti di noi scoprirono l’origine gnostica … non potevamo intenderne
(dell’opera di Tolkien) il senso altamente cristiano”. Ecco, questa è stata la
mia giovanile frequentazione della destra radicale ed esoterica: vi sono
entrato da “sinistra”, dalla “sinistra fascista”, alla scoperta del sacro,
sebbene un sacro (ma allora non lo capivo) del tutto ambiguo. Un percorso che
sarebbe sfociato nel nichilismo, prometeico esoterico o produttivista poco
importa, se, dopo l’abbandono della “confusione adolescenziale”, in una
terribile notte di oscurità spirituale, non mi fossi ritrovato ad invocare ed ottenere,
immeritatamente, dalla Vergine Maria (“per Mariam ad Iesus), la grazia della
Luce e dell’incontro con Cristo. Si tratta di un evento personale sul quale non
mi dilungo. Ma, in seguito a quell’evento, è iniziato un percorso che, dopo
avermi fatto transitare attraverso la provvidenziale opera di Attilio Mordini
(so bene che in Mordini, ed anche questo lo capito mano a mano che
quell’Incontro invocato ed ottenuto si consolidava, sussiste una qualche
influenza del tradizionalismo esoterico, anche se non bisogna esagerarla fino,
come fanno alcuni, a “scomunicarlo”: rimane il fatto che comunque non si può
dubitare della provvidenzialità dell’opera mordiniana per molti, come me,
provenienti dalla destra radicale), mi ha portato ad un’adesione totale al Cattolicesimo.
Un’adesione, ripeto, totale e non inquinata da marcionismo. Onde convincerlo,
invito Leggenda Nera a leggere in proposito due miei articoli (“La teologia
cristiano-sionista del cardinale Kasper”, in http://www.effedieffe.com/, e “Fratelli
maggiori e fratelli minori”, in http://www.jerusalem-holy-land.org/,)
dei quali trascrivo in nota alcuni passi, del tutto allineati con la
prospettiva paolina (1). Da parte dello scrivente, non c’è nessuna negazione,
marcionita, della continuità ed unità tra Antico e Nuovo Testamento ma solo
evidenziazione, oggi troppo codardamente taciuta anche all’interno della
Chiesa, della discontinuità tra la
Fede di Abramo, che era il Cristianesimo ante litteram
(“Prima che Abramo fosse, Io sono” Gv. 8,58), ed il giudaismo post-biblico, che
è un’altra religione rispetto alla fede veterotestamentaria adempiutasi in
Cristo. Nessun marcionismo, dunque, ma solo un “caveat” lanciato a quei
cattolici che, anche sulla scorta di Alain Bensacon, credono che la religione
giudaica post-biblica sia la stessa fede abramitica che è, essa e non il
giudaismo post-biblico, la paolina “radice santa”.
Per quanto poi riguarda, più in generale, lo gnosticismo invito LeggendaNera a
leggere quanto da me scritto (“La gnosi spuria smascherata – la ricerca
filosofica e teologica di Ennio Innocenti) nel volume collettaneo “Ennio
Innocenti – in septuagesimo quinto aetatis suae amici et sodales – fraternitas aurigarum
in Urbe 2007”
(scritti in onore di don Ennio Innocenti, purtroppo non reperibile in rete ma
scrivendo direttamente a don Ennio Innocenti è via Capitan Bavastro 136 - 00154
Roma). In tale saggio faccio mia la definizione di gnosi spuria che l’insigne
teologo romano, di formazione schiettamente tomista, ha formulato, nella sua
opera “La gnosi spuria”, in termini assolutamente espliciti, anch’essa
riportati in nota (2). Sulla scorta della migliore tradizione teologica
cattolica, lo scrivente distingue senza riserve tra trascendenza ed immanenza,
armonizzate sulla base dell’analogia entis, e senza cadere in alcun panteismo
ad un tempo prometeico (non accettazione della dipendenza creaturale
dall’Essere trascendente) e negatore della bontà del reale ossia nichilista
(negazione degli enti creati come illusione – maya – della manifestazione
apparente del pleroma cosmico che sarebbe l’unico reale nella sua essenza di
“Tutto/Nulla”). Un panteismo, per l’appunto, gnostico.
Infine, veniamo alla questione Massignon ed Islam. Di Massignon, che era un
grande esegeta e teologo cattolico nonché sacerdote di Santa Romana Chiesa, lo
dico subito, ho notizie solo indirette, ma ho letto alcune opere di un suo
grande allievo, il teologo ed esegeta francescano, docente in diverse
Università pontificie, recentemente scomparso, padre Giulio Basetti Sani.
L’affiliazione abramitica della stirpe di Ismaele non è affermata da Massignon
ma dal Genesi, nel capitolo 16, 11-12, laddove Dio, a mezzo del suo angelo,
dice ad Agar, la schiava con cui Abramo aveva generato Ismaele e poi cacciata a
causa della gelosia di Sara, e che è prossima alla morte nel deserto:
"Ecco sei incinta, partorirai un figlio e lo chiamerai Ismaele, perché Dio
ha ascoltato la tua afflizione. Egli sarà come un ònagro; con la sua mano sarà
contro tutti e la mano di tutti contro lui e abiterà di fronte a tutti i suoi
fratelli". E poi poco più in là, in Genesi 21,18, è aggiunto, con
riferimento ad Ismaele, "ne farò una grande nazione". Orbene, un cattolico
non può non chiedersi che senso abbiano queste promesse di Dio, senza però
nulla concedere alla pretesa islamica di essere “il sigillo della Rivelazione”
e fermo rimanendo l’assoluta centralità dell’Unica Mediazione Universale che è
solo quella di Cristo. La risposta che Massignon, e sulla sua scorta, padre
Basetti Sani danno è la seguente: i tempi di Dio non sono i nostri tempi sicché
ciò che per noi storicamente viene dopo (l’Islam) nel Piano di Dio è
semplicemente l’adempimento di una promessa veterotestamentaria in vista di
avvenimenti escatologici futuri nei quali popoli, al momento non ancora giunti
alla Pienezza della Rivelazione, ossia a Cristo, dovranno svolgere un qualche
ruolo escatologico (nell’escatologia islamica, l’Impostore, il Dajjal,
l’Anticristo, è ucciso da Isa, figlio di Maryam Vergine, ossia dal Gesù della
Parusia: sarà pure un caso ma – si rifletta - ciò che attualmente impedisce ai
fondamentalisti giudaici di ricostruire il tempio di Gerusalemme è il fatto che
sulla spianata dove esso sorgeva sono state erette le due moschee di Omar e di
Al Aqsa. Se non fosse per questo i rabbini fondamentalisti avrebbero già
imposto al governo sionista israeliano di ricostruire il tempio per ripetere il
sacrificio arcaico dello sgozzamento dell’agnello e “costringere” Dio – puro
prometeismo! - a ricordarsi e rispettare il Patto stretto con Israele, “messia
collettivo”, e consegnare a quest’ultimo la gloria sul mondo nel regno
messianico promesso. Si tenga conto che l’eventuale ricostruzione del tempio da
un punto di vista cristiano è un atto blasfemo: il Vero Tempio, distrutto e
risorto in tre giorni, ed il Vero Agnello di Dio, sacrificato definitivamente
per la salvezza del mondo, è Cristo Dio-Uomo, del quale l’antico ed abolito
rito ebraico dell’agnello pasquale e l’antico tempio di Gerusalemme erano solo
prefigurazioni. Quel tempio, ricostruito al ritorno dalla cattività babilonese
e distrutto nell’anno 70 dopo Cristo, secondo le profezie veterotestamentarie
avrebbe visto il Messia e non avrebbe potuto essere distrutto prima che il
Messia fosse giunto: proclamando l’intenzione di ricostruirlo i fondamentalisti
giudaici altro non fanno che affermare la “non-messianicità” di Cristo). In tal
senso, ossia ipotizzando un ruolo escatologico ma Cristo-centrico e Cristo-direzionale
dell’Islam, Maometto altro non sarebbe che un profeta veterotestamentario,
storicamente post-litteram ma escatologicamente ante-litteram, mandato da Dio a
preparare ai discendenti di Ismaele la futura piena conoscenza ed accettazione
della Divino-Umanità di Cristo, che essi, gli islamici, come gli ebrei,
comprenderanno solo alla fine dei tempi. Si prenda, ad esempio, la Sura III versetto 45 del
Corano:"E quando gli angeli dissero a Maria: 'O Maria, Iddio ti annunzia
la buona novella di un Verbo che viene da Lui, e il cui nome è: il Messia,
Gesù, figlio di Maria, eminente in questo mondo e nella vita immediata ed
ultima; egli è tra i vicini a Dio". Orbene, questo non è l'unico passo
coranico in cui si proclama Cristo Messia e Verbo di Dio nonché la Perpetua Verginità
della Madonna. Dico questo in via assolutamente ipotetica e soprattutto senza
fare del facile ed ingenuo irenismo perché è indubitabile che l'Islam non
riconosce (o almeno non ancora riconosce) la Divino-Umanità di
Cristo. Tuttavia che questa, la Divino-Umanità di Cristo, sia adombrata nel testo
coranico è argomento che non si può, neanche da parte mussulmana, respingere
facilmente. Il ruolo dell’Islam, nel Piano Divino della Salvezza Universale, è
certamente un ruolo che, comunque, lo vogliano o meno gli islamici, passa
inevitabilmente, in un modo per il momento ancora non perfettamente
comprensibile né storicamente evidente, per l’Unico Mediatore e Salvatore
Universale Gesù Cristo, Dio-Uomo. Questo diceva Massignon, e dopo di Lui Basetti
Sani. Quest’ultimo, ad esempio, ricorda che lo stesso Profeta Muhammad, più
volte, ha confessato che il Mistero Divino per eccellenza, l’al-Ghayb della
sura 7, non gli era stato rivelato. Padre Giulio Basetti Sani ritiene che
l’al-Ghayb riguardi il Logos, la
Parola, il Verbo di Dio. Quel Logos che, nell’incipit del suo
Vangelo, san Giovanni, l’apostolo che Gesù amava, afferma essere in Principio,
ossia all’inizio di ogni cosa, in quanto da sempre presso Dio, perché è Dio, ed
afferma essersi incarnato, nel cuore verginale ed immacolato di Maria, in
Cristo Gesù.
Come si vede, esiste un approccio cristiano all’Islam che riconduce del tutto
quest’ultimo nell’alveo cristiano alla stregua di una rivelazione parziale e
propedeutica, per i popoli germinati da Ismaele, all’accoglimento futuro ed
escatologico della Pienezza della Rivelazione ossia Gesù Cristo, Dio-Uomo, il
Verbo di Dio Incarnato. Se tutto questo è marcionismo e gnosticismo, allora
credo di essere in ottima compagnia dal momento che quel grande scrittore
cattolico che è Vittorio Messori, l’intervistatore di ben due Papi (Giovanni
Paolo II e Benedetto XVI, quest’ultimo lo ha anche citato nel suo ultimo libro
“Gesù di Nazareth”), ha avuto modo di scrivere (“Appunti sull’Islam” in Il
Timone, n. 57, anno VIII, novembre 2006): “ (Massignon) Fu uno dei pochi che
rifletté sull’enigma che sta dietro alla scelta di Maria – tanto venerata nel
Corano – di apparire in un villaggio portoghese che porta il nome della figlia
prediletta di Maometto, Fatima. Da Massignon ho imparato a riflettere
sull’Islam non come fastidioso incidente, una sorta di errore della storia, ma
come mistero da cui tentare di ricavare gli insegnamenti che, attraverso di
esso, ha voluto darci il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. C’è una pista
di pensiero indicata dall’islamista francese che mi ha sempre colpito ed è
ancora tutta da approfondire. Osserva, infatti, Massignon che c’è un tempo
storico e un tempo teologico. C’è, dunque, un calendario umano e c’è un
calendario divino, per il quale non valgono le nostre categorie di ‘prima’ e di
‘dopo’, di ‘presente, passato, futuro’. Forse il sorgere dell’Islam va letto in
questa dimensione che sfugge alle nostre categorie. Muhammad ‘dopo’ Gesù?
Certo, secondo il nostro calendario: ma che ne sappiamo dei programmi divini,
per i quali il Corano potrebbe essere una preparazione all’accettazione di un
Vangelo per il quale ancora molti popoli non erano pronti?”. Permette
LeggendaNera che si possa da, un punto di vista strettamente e fedelmente cattolico,
indagare su questa – ripeto – (pura) ipotesi piuttosto che arruolarsi nelle
schiere dello “scontro di civiltà”, parodia anticristica dell’“iter aut
passagium ad Ierusalem” ossia di quel che noi ci ostiniamo a chiamare
“crociata” e che tale non fu essendosi trattato di un “pellegrinaggio armato”?
Non solo, poi, Messori è tra gli estimatori di Massignon ma anche un Pio XI,
Papa pre-conciliare, il quale ebbe modo di incoraggiare gli studi islamisti del
teologo e sacerdote cattolico con parole davvero lusinghiere. Ricevendo in
udienza Massignon nel 1934, Pio XI definì la sua vicenda "una
vocazione" e "un'elezione" che rimandavano a "una
predilezione". I Papi pre-conciliari erano evidentemente molto più aperti
di cuore che non i loro presunti nostalgici odierni. A questi ultimi basta
l'immaginetta che essi si sono fatti di quei Papi e della Tradizione.
Per quanto riguarda, infine, Solov’ev, voglio ricordare a LeggedaNera che il
grande scrittore russo, del quale comunque ammiro sinceramente la capacità
“profetica” dimostrata nel suo “Racconto dell’Anticristo”, non sembra aver
completamente superato le sue giovanili esperienze teosofiche che, in qualche
modo, continuano a riverberare persino nell’importantissima opera testé citata,
laddove, in chiusura del suo romanzo, il nostro fa seguire alla conversione di
Israele l’apertura del millennio inteso come regno messianico sulla terra. Un
cedimento al millenarismo, da sempre riprovato dalla Chiesa Cattolica ed anche
da quella Ortodossa, che non può spiegarsi senza l’influenza della gnosi
teosofica frequentata, prima della conversione, da Solov’ev. Sia detto,
naturalmente, senza nulla togliere né alla grandezza dello scrittore né alla
sincerità della sua conversione.
Chiedo scusa, caro Gambescia, per questa lunga invasione di campo, ma
l’assurdità dei sospetti paventati da LeggendaNera mi ha costretto a tanto.
La saluto con stima e con cordialità
Luigi Copertino
Note
1) (Prima citazione) “… la neo-teologia di cui si fa portavoce il cardinale
Kasper è fondata su una palese falsificazione ermeneutica della dottrina di san
Paolo. Infatti, l’Apostolo delle genti nel capitolo 11, 16-24 della ‘Lettera ai
Romani’ chiama ‘Olivo Santo’ la
Fede di Abramo intendendo per tale, né poteva essere
diversamente date le stesse parole di Cristo in Gv. 8,58 (‘Prima che Abramo
fosse, Io sono’), il Cristianesimo ante litteram. Quindi, l’Apostolo passa ad
affermare che da questo ‘Olivo’ l’Israele post-biblico, a causa – lo abbiamo
già ricordato – del suo ‘indurimento di cuore’, è stato ‘reciso’. Gli israeliti
che non hanno riconosciuto Cristo sono, per san Paolo, ‘rami tagliati’ per far
posto ad altri ‘rami’, agli ‘oleastri’, ossia ai gentili, che così sono
chiamati anch’essi da Dio alla salvezza. L’esegesi paolina deve essere letta,
per essere interpretata nel suo vero senso, alla luce delle parole di Cristo in
Gv. 15, 5-6 ‘Io sono la vite e voi i tralci. Chi rimane in me e Io in lui, fa
molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me
viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi li raccolgono e li gettano
nel fuoco e li bruciano’. Per san Paolo, dunque, la caduta di Israele ha
permesso la salvezza dei pagani e ciò, con tutta evidenza, significa che
Israele, sebbene soltanto temporaneamente, in attesa della fine dei tempi, è
fuori dall’ ‘Alleanza non revocata’, ossia dalla Rivelazione di Dio ad Abramo
compiutasi in Cristo. Alleanza che, intesa come complesso unitario di Vecchio e
Nuovo Testamento, è detta ‘non revocata’ non nel senso che essa coincida,
attualmente, con il giudaismo talmudico-cabalista post-biblico, come sostengono
i neo-teologi alla Walter Kasper, ma nel senso, per l’appunto insegnato da san
Paolo, che tale Alleanza, inizialmente pattuita nella sua forma Antica, è stata
definitivamente adempiuta nella, e superata dalla, Nuova Alleanza stabilita da
Cristo e che pertanto solo in Cristo, e non nell’Israele post-templare, essa ha
trovato la sua continuazione e, quindi, la sua ‘irrevocabilità’. Al modo, cioè,
del contratto definitivo che, includendolo, perfeziona e prende il posto del
preliminare nell’Unico Patto tra i contraenti, ossia, fuor di metafora, Dio e
l’umanità. Nella Lettera ai Romani, san Paolo non usa mai, come forzando il
senso del testo pretende di sostenere Kasper, l’espressione ‘Alleanza non
revocata’ attribuendola agli ebrei post-biblici ma sempre e solo alla Fede di
Abramo, all’Olivo Santo, dal quale l’Apostolo afferma chiaramente che l’antico
Israele ha in pratica apostatato. A riguardo degli ebrei post-biblici, san
Paolo afferma chiaramente che essi, essendo stati un tempo eletti, ossia
scelti, da Dio, ‘sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di
Dio sono irrevocabili’ (Romani 11,28-29). Con ciò l’Apostolo intende dire che
il popolo ebreo, chiamato per primo da Dio, non sarà dimenticato nella sua
attuale caduta perché, appunto, amato non per l’attuale sua apostasia ma per la
fede dei suoi padri, fede che con il rifiuto di Cristo è stata dal popolo
ebraico stesso rinnegata, e che pertanto esso alla fine dei tempi, e solo alla
fine dei tempi, in virtù di quell’antica elezione che Dio non ha dimenticato,
in quanto Dio mantiene sempre le sue promesse, sarà reinnestato nell’Olivo
Santo della Rivelazione, nell’Albero della Vita che è la Croce di Cristo, il Logos
fattosi Uomo.”. Ed ancora (seconda citazione):“... in tale passo (Rm. 11,28)
l’Apostolo (san Paolo) non parla, come con sibillina ma significativa
alterazione terminologica sostengono i giudaizzanti, di ‘Alleanza non
revocata’, la quale comunque se, appunto, non è stata revocata non lo è stata
nel senso, come ricordò Giovanni Paolo II a Colonia nell’anno 2000, che Essa,
l’Antica Alleanza, ha trovato il suo adempimento definitivo e la sua
continuazione nella Nuova Alleanza, ma soltanto di ‘chiamata, ossia elezione, irrevocabile’
a significare quel che lo stesso Apostolo, nella medesima Lettera, aveva
affermato poco prima ossia che i suoi fratelli nella carne, per la durezza del
loro cuore, sono ormai rami recisi dall’Olivo santo, essendosi allontanati per
loro volontà dalla Fede dei Padri veterotestamentari, e che in tale condizione
essi resteranno finché, alla fine dei tempi, non riconosceranno la divinità e
la messianicità di Cristo per essere reinnestati di nuovo nel tronco vitale
della Rivelazione. Reinnesto che sarà reso possibile dalla grande misericordia
di Dio il quale, nonostante la loro abiura, non ha dimenticato di averli
chiamati per primi alla Fede. L’esegesi paolina poggia, del resto, sulle stesse
parole pronunciate da Gesù e rivolte alla Città Santa: ‘Gerusalemme,
Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante
volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini
sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco: la vostra casa sarà lasciata
deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte:Benedetto
colui che viene nel nome del Signore!’ (Mt. 23,37-39).”.
2) Da E. Innocenti “La gnosi spuria” Vol. I
:“Nell’interpretare la realtà, due soltanto sono i giudizi sull’essere:
l’essere, infatti, o è dall’intelligenza umana interpretato come partecipazione
oppure è interpretato come caduta. Sia nel primo che nel secondo giudizio le
conseguenze sono di grande importanza e tali da influenzare tutto il vivere
umano. L’essere è ‘partecipato’ da una fonte sapiente, libera ed amante:
l’Infinito Iddio. Egli, pienezza di coscienza bontà e bellezza, partecipa il
suo essere amando gli esseri che crea, ordinandoli in una collaborazione che
rispecchia la sua perfezione, cui tutti – e l’uomo consapevolmente e liberamente
– tendono. L’essere, invece, ‘cade’, primordialmente e necessariamente, da
un’oscurità inconscia innominabile informe ed indeterminata, e tale caduta, che
comporta la degradazione e la differenziazione degli esseri, dev’esser
riassorbita nell’unità indifferenziata del tutto. Nella prima interpretazione
l’uomo si innalza per dono divino. Nella seconda, invece, l’uomo s’illude
d’erigersi immedesimandosi nel tutto. Vi sono altre caratteristiche che
differenziano inconfondibilmente questi due tipi di gnosi: la ‘prima’ suppone
la irriducibilità fra essere e non essere, Dio e gli esseri creati, lo spirito
e la materia, la verità e l’errore, il bene e il male; la ‘seconda’ no.
Inoltre: ‘nella prima’ ordine, gerarchia, obbedienza sono le direttive che
discendono dai presupposti; ‘nella seconda’ il caos, l’anarchia, l’individuo
eslege sono armonici con le premesse. Ancora: ‘la prima’ progredisce aprendosi
al dono e all’influsso divino; ‘la seconda’ maturando la consapevolezza di sé e
della propria fonte (or ora indicata: caduta e degradazione). La prima gnosi la
chiamiamo ‘pura’, la seconda ‘spuria' ".