giovedì 31 luglio 2025

Mattarella e le ambiguità del cattolicesimo di sinistra

 


Non dubitiamo della buona fede del Presidente Mattarella. Da cattolico crede sinceramente nella pace e parla e agisce di conseguenza. Però è anche un uomo politico con idee di sinistra, come dimostra la sua appartenenza storica all’ala progressista della Democrazia Cristiana. Quando, nella prima metà degli anni Novanta, la “balena bianca si spiaggiò”, Mattarella, per capirsi, a Buttiglione preferì la Bindi.

Cosa significa essere cattolici di sinistra dentro la Dc? Mescolare Vangelo e politica. Però fino a un certo punto. Di qui il pericolo del doppio standard.

Per fare un esempio al contrario: Sturzo e De Gasperi, interpretando la vera anima del cattolicesimo politico, evitarono sempre di confondere politica e religione. Furono antifascisti come anticomunisti. Zero sconti. Politicamente si mossero al centro. Di conseguenza, Sturzo fu allontanato dalla Chiesa perché non volle venire a patti con Mussolini; De Gasperi non fu mai amato da Pio XII, perché politicamente laico. Eppure il primo fondò il Partito Popolare, il secondo fu capitano coraggioso della rinata Democrazia Cristiana.

Per contro, molti cattolici, fin dai tempi del Partito Popolare – si pensi al sindacalista Miglioli, poi deputato popolare negli anni dell’ascesa del fascismo e nel secondo dopoguerra nelle liste Pci-Psi – scorsero nella politica il prolungamento del Vangelo. Di qui la confusione tra Stato e governo, la scelta di un ruolo attivo dello Stato nell’economia, il forte senso egualitario mescolato a una spiccata antipatia per il capitalismo. Moro, padre del centrosinistra, aveva agli inizi addirittura simpatie socialiste. Si dirà: sempre meglio di Fanfani, che invece ne aveva per il corporativismo…

Al di là delle battute, per fare un esempio classico, un professore democristiano di valore, Vittorio Bachelet – ucciso proditoriamente dalle Brigate Rosse, maestro universitario e mentore di Rosy Bindi – insegnava diritto pubblico dell’economia, cioè come mettere le briglie al capitalismo. E si potrebbe continuare, risalendo a Dossetti, grande teorico di un keynesismo in salsa evangelica, Mattei, statalista di ferro e continuatore dell’interventismo fascista, “La base”, corrente di sinistra fondata da Marcora, gran lombardo già partigiano, poi Vanoni, sostenitore ante litteram dell’infernale mix tasse-spesa pubblica, Gronchi, Pastore, Donat-Cattin (già sindacalista bianco, con figlio brigatista), Zaccagnini, fino a De Mita, Bindi, Andreatta, Prodi.

Il cattolico di sinistra, per tornare al Presidente Mattarella, crede nella pace evangelica (nella necessità di porgere l’altra guancia) e – ecco il punto di congiunzione tra statalismo e pacifismo – nella necessità che ogni Stato, a prescindere dal comportamento degli altri, si impegni per la pace.

Va detto che, nonostante tutto, Mattarella sull’Ucraina ha chiuso un occhio, parlando – giustamente – di guerra difensiva. Quindi, della necessità di sostenere Kiev, anche inviando armi (non truppe però). Diciamo che ha dato prova di realismo politico. Mattarella teme che, se non fermata per tempo, la Russia possa continuare la sua marcia armata verso l’Europa occidentale. Il che gli è valso l’inserimento in una lista di russofobi stilata da Mosca.

Per contro, su Israele ha commesso, ovviamente non in modo consapevole, un errore retorico delicato: ha dato l’impressione di confondere Stato (Israele) e governo (Netanyahu). Un riflesso condizionato, purtroppo, non raro nella cultura della sinistra democristiana. Chi distingue correttamente tra i due livelli, riconosce allo Stato d’Israele il pieno diritto all’esistenza, pur potendo criticare il governo in carica. Chi li confonde, rischia, anche involontariamente, di alimentare quella sovrapposizione che – nelle letture più estreme – ha portato a negare la legittimità stessa dello Stato ebraico.

Nel discorso di ieri, in occasione della Cerimonia del Ventaglio (*), Mattarella, a proposito della Russia, sembra distinguere chiaramente tra popolazione e dirigenza. Per contro, quando accenna a Israele, tale distinzione sparisce. Il Presidente parla – anche giustamente – dell’“ostinazione a uccidere indiscriminatamente”, senza però separare in modo netto il popolo d’Israele, grande quanto quello russo, dalla sua classe dirigente.

Insomma, non si può non osservare che nel discorso manca un riferimento esplicito al “popolo israeliano” o a Israele come “grande nazione”, come invece avviene per la Russia. Non si tratta, forse, di una confusione tra Stato e governo, ma l’assenza di tale distinzione retorica può dare adito ad ambiguità. È sul piano della comunicazione istituzionale che si coglie una dissonanza, la quale può far sorgere – anche in modo involontario – un’impressione di doppio standard.

Dicevamo del “cattolico di sinistra”. C’è un passaggio, sempre del suo discorso di ieri, in cui Mattarella, accantonando il pacifismo evangelico, ricorda – quasi con nostalgia – la cosiddetta politica dell’equilibrio, anche degli armamenti, che dopo l’ultima guerra mondiale contribuì a mantenere la pace in Europa e nel mondo. Si tratta di un chiaro invito ad aiutare Kiev. Peccato che il Presidente non sia stato altrettanto chiaro sulla necessità per Israele, come Stato, di difendersi dal terrorismo. Ovviamente con un altro governo, che sappia dove fermarsi.

Due pesi, due misure? La domanda resta aperta. Giudichi il lettore.

Carlo Gambescia

(*) Il discorso integrale di Mattarella alla Cerimonia del Ventaglio del 30 luglio 2025 è disponibile qui: https://www.quirinale.it/elementi/137233

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