Quel che più preoccupa delle nuove destre al potere è la sfrontatezza. Il mentire sapendo di mentire. E soprattutto la consapevolezza di farla franca.
Un Trump che invia la Guardia Nazionale contro i migranti evocando un’ invasione straniera che di fatto non esiste. Una Meloni che dichiara di non astenersi dal voto referendario, e che invece di fatto si astiene, perché non può essere conteggiata tra i votanti.
Nessuna reazione. Tutti zitti. Soprattutto nelle alte sfere: industriali, banche, grandi giornali, opinionisti televisivi e digitali. Tacciono coloro che decidono o comunque che contribuiscono alle decisioni. A tutti gli altri, per ora, si lascia lo spazio social dell’inutile chiacchiericcio. E solo per alimentare un quadro generale di semispensieratezza, dove, al momento, la melliflua continuità del quotidiano tura tutte le falle. E la nave va, come si dice.
Ma si pensi anche alle continue menzogne di Trump e Meloni su una economia che andrebbe benissimo, mentre in realtà è l’esatto contrario. Anche qui silenzio o deboli e inascoltate reazioni. Dove sono i governatori delle Banche Centrali? Dove sono i professori?Draghi, se ci sei, batti un colpo!
Ecco invece la triste situazione: al momento vincono i cattivi. Stati Uniti e Italia due realtà dalle dimensioni geopolitiche differenti, ma governate dalla stessa destra sfrontata e autoritaria, che rispolvera il lessico dei fascismi, a cominciare dalla celebrazione della triade del dio, patria e famiglia.
Le opposizioni, in Italia e negli Stati Uniti, confidano sugli elettori, oltre che sulle manifestazioni di piazza (in Italia neppure queste). Si dice che alle prossime votazioni (midterm 2026 per gli Usa, e politiche 2027 per l’Italia) gli elettori stanchi delle menzogne di Trump e di Meloni, voteranno contro.
Ma bastano i sondaggi? Esiste davvero un elettorato che sembra aver capito la situazione, capace di sfondare il muro di gomma della menzogna con la scheda in pugno?
Il problema è tutto qui. Per ora non sembra. E poi, ammesso e non concesso, che la gente capisca (ad esempio Trump è indietro nei sondaggi), esiste la certezza che Trump e Meloni, se battuti alle elezioni, rinuncino pacificamente al potere?
Vorremmo che si capisse che negli Stati Uniti e in Italia si è andati ben oltre il quadro della normalità liberale.
Non lo diciamo con leggerezza. Il concetto di “normalità liberale” – che implica il rispetto delle regole del gioco, la divisione dei poteri, il pluralismo reale, la tolleranza del dissenso, e soprattutto il primato della legge sulla volontà politica – appare oggi svuotato di significato concreto, ridotto a pura retorica da cerimoniale istituzionale.
Negli Stati Uniti, dal tempo della discesa in campo di Trump, si assiste a una polarizzazione estrema che corrode le basi stesse del confronto civile. L’avversario politico non è più qualcuno da contrastare, ma un nemico da criminalizzare. L’uso politico del diritto ne è il sintomo più evidente: si strumentalizzano giudici, procure, codici per colpire chi non rientra nei parametri del “politicamente corretto di destra”. E qui purtroppo si mina uno dei pilastri della normalità liberale: la neutralità delle istituzioni.
In Italia, se possibile, la situazione è ancora più ambigua. Si assiste a un progressivo svuotamento dei poteri del Parlamento, con decreti-legge a pioggia, da ultimo il decreto sicurezza (tra l’altro, su una materia delicatissima dal punto di vista della libertà, che avrebbe richiesto tatto istituzionale). Ma lo stesso discorso può essere esteso agli Stati Uniti dove sembra prevalere sul legislativo la dinamica coattiva, e semi-monarchica, degli ordini esecutivi del presidente.
In Italia e negli Stati Uniti la logica emergenziale – ad esempio contro i migranti e coloro che li difendono – viene invocata continuamente per giustificare restrizioni, imposizioni, controlli. Il tutto in nome di un “bene comune” sempre più vago, ma sempre più totalizzante. E qui si scavalca, con passo apparentemente lieve ma in realtà deciso, il confine tra liberalismo e dirigismo autoritario.
L’idea che si va profilando è quella che Italia e Stati Uniti, come pure l’Occidente, non abbiano più voglia di combattere contro i nemici interni ed esterni: dal un lato le destre autoritarie e in odore di fascismo e dall’altro le autocrazie tradizionaliste o comunque nemiche dei valori liberali.
Sembra ritornare e avverarsi la profezia di Konstantinos Kavafis, il grande poeta di lingua greca, maestro di ascese simboliche e interiori, ignorate dal mondo del suo tempo.
“Che cosa aspettiamo così riuniti sulla piazza?
Stanno per arrivare i Barbari oggi.
Perché un tale marasma al Senato?
Perché i Senatori restano senza legiferare?
È che i barbari arrivano oggi.
Che leggi voterebbero i Senatori?
Quando verranno, i Barbari faranno la legge.
Perché il nostro Imperatore, levatosi sin dall’aurora,
siede su un baldacchino alle porte della città,
solenne e con la corona in testa?
È che i Barbari arrivano oggi.
L’Imperatore si appresta a ricevere il loro capo.
Egli ha perfino fatto preparare una pergamena
che gli concede appellazioni onorifiche e titoli” (*).
In realtà i barbari sono già qui. Si chiamano Donald Trump e Giorgia Meloni. Parlano il nostro idioma, indossano i nostri abiti, siedono nei parlamenti, vanno in tv, usano gli strumenti della democrazia per svuotarla dall’interno.
Non servono più pelli, clave, spadoni, asce, martelli saettanti. Basta un tweet, un decreto, un algoritmo, ben accostumato alla destra, per impadronirsi del consenso.
Pertanto invece di attendere, coltivando l’illusione di poter convivere con i barbari, si deve agire. Non esiste la democrazia dimezzata. O si lotta per la libertà, ogni giorno, in modo chiaro e netto, oppure si passa la mano.
Come? Esistono tecniche per una pratica della disobbedienza civile di massa. Ovviamente, si tratta della via dolorosa… Quindi, ci limitiamo a dire, che se si vuole combattere per la libertà, si deve fare questo, questo e questo, in una parola: disobbedire. Se invece non se ne sente la necessità basta seguire la corrente. Si badi però, terze vie non esistono. Non si può essere al tempo stesso per la libertà e per la dittatura.
Del resto i barbari, quando trovano le porte della città incustodite, non solo entrano ma si insediano. Per scrivere, senza subire alcun intralcio, le nuove leggi dell’Impero. Alle quali basterà obbedire.
Carlo Gambescia
(*) Qui la poesia per intero nella traduzione di Filippo Maria Pontani: https://it.wikipedia.org/wiki/Konstantinos_Kavafis . Per il cartaceo si veda K. Kavafis, Tutte le poesie, a cura di di Maria Paola Minucci, Donzelli, Roma 2019, con testo a fronte.
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