La stampa europea sembra vivere in un mondo tutto suo. Forse sulla stampa tedesca c’è qualcosa di più, perché storicamente provò il peggio con l’avvento di Hitler al potere. E anche in quella del Regno Unito, da sempre attenta alle libertà politiche.
Per contro in Francia, Spagna, Italia la stampa non sembra rendersi pienamente conto di quel che sta accadendo negli Stati Uniti. Certo, qualche foto “spettacolare”, in prima pagina, in genere incendi. Ma sui fatti di Los Angeles (soprattutto) e San Francisco non si va oltre il “pari sono” fra Trump e i manifestanti (*).
In Italia delude “Il Foglio” che affida, in prima, alla rubrichetta di Maurizio Crippa il concetto, pericolosissimo, ripetiamo, di opposti estremismi (**)
Non ne vorremmo però fare solo una questione di rassegna stampa. Di tecniche comunicative.
Il vero punto è che il concetto di “pari sono”, una volta condiviso e divulgato, gioca a favore di Trump, che nella vicenda sta dando il peggio di sé: prima sfidando e facendo montare la rivolta, dopo ordinando una repressione militare che non ha precedenti negli Stati Uniti.
Cioè, per essere precisi, l’impiego dei Marines ha precedenti sia nel
1968 (Washington, Chicago, Baltimora, agitazioni dopo l’assassinio di
Martin Luther King Jr.) sia nel 1992 (Los Angeles, disordini dopo il
pestaggio da parte della polizia di Rodney King), quando si registrarono
dispiegamenti significativi di forze federali, inclusi l’esercito e i
Marines, con l’invocazione dell’ “Insurrection Act of 1807”, su
richiesta però dei governatori degli stati.
Tuttavia, l’impiego del 2025 è eccezionale e controverso perché non autorizzato da un governatore dello stato e attuato senza formale invocazione dell’Insurrection Act.
In sintesi è la prima volta in decenni che i Marines vengono dispiegati in una situazione di disordini civili senza un chiaro invito statale e senza la procedura standard di legge. Lo stesso ragionamento vale per la federalizzazione delle guardia nazionale.
Trump è fuori della Costituzione perché abusa dei poteri presidenziali e di comandante in capo delle forze armate.
Risulta evidente la volontà di Trump di dare un esempio e soprattutto di verificare fin dove si potrà spingere nell’attuare politiche repressive. Di conseguenza quanto più si ignorerà la sua volontà di potenza tanto più lo si favorirà nei suoi loschi disegni.
La reazione della gente? Solo in apparenza esagerata. In realtà, è autodifesa. Trump, come ogni aspirante dittatore, provoca per reprimere. Prima dell’ avvento di Trump e delle sue politiche repressive contro i migranti, soprattutto latinos, Los Angeles neppure lontanamente pensava alla rivolta, anzi alla sedizione, per usare il vocabolario trumpiano.
Si ricordi bene che i corpi speciali dell’ Immigration and Customs Enforcement (ICE), agiscono come le SS e la Gestapo, addirittura mascherati e armati fino ai denti, al di fuori di ogni principio costituzionale.
I migranti, accusati di non essere in regola, sono considerati terroristi e privati di qualsiasi diritto costituzionale. Secondo indiscrezioni riportate da media americani, Trump avrebbe evocato la possibilità di deportare 9 mila migranti a Guantanamo.
Insomma le persone – padri, figli, parenti, amici – con oneste occupazioni, e desiderose di integrarsi, spariscono nel nulla, ammanettate e deportate. Insomma “impacchettati”, non persone. Come è possibile tacere dinanzi a un sopruso del genere?
Dobbiamo dire, che da quel che si vede, le folle sono fin troppo riflessive. La bandiera messicana, che si scorge in alcune foto, non è altro che una disperata richiesta di aiuto, soprattutto legale, a una antica patria, oggi con le mani legate, perché teme di essere invasa, o distrutta economicamente, dagli Stati Uniti di Trump. Una tragedia nella tragedia.
Trump vuole colpire i migranti latinos e soprattutto la California, stato progressista per eccellenza, anche per dare un esempio. Inoltre come detto, siamo davanti a una prova generale: Trump vuole capire fin dove può spingersi.
Sabato prossimo, 14 giugno, si terrà il “No Kings Day” (“Giorno senza Re”). Gli Stati Uniti non vogliono un monarca. Ma sarebbe più semplice parlare di un dittatore. Una mobilitazione coordinata in oltre 1.500 città USA per contrastare il progetto di parata militare di Trump per il 250° anniversario dell’esercito statunitense (che coincide anche col suo 79° compleanno) e per protestare contro politiche considerate autoritarie. Come tutti i dittatori o aspiranti tali, di questo o quello stato canaglia, Trump ama le esibizioni muscolari.
“Pari sono”? Non diciamo sciocchezze. Gli Stati Uniti, si stanno tramutando in uno Stato autocratico. Putin alla Casa Bianca: sta accadendo qualcosa di impensabile fino a qualche tempo fa. Gli Stati Uniti stanno deragliando. Non è più solo un rischio: è una realtà che prende forma.
E allora diciamolo: il “No Kings Day” non sarà solo un giorno di protesta, ma un test per la democrazia liberale. E più in generale il giorno del sacrosanto conflitto tra due filosofie, la liberale e l'antiliberale. Tutto il resto è cosa secondaria. Il ruolo fondamentale della politica è quello di saper cogliere l'essenziale.
E qui, ciò che va colto, è che siamo dinanzi allo scontro tra due visioni del mondo incompatibili. E questo, da parte dei liberali, va ribadito, cercando ovviamente di non cadere nella trappola della violenza ben congegnata da Trump.
L’America rischia di non essere più quella che conoscevamo. E chi ancora parla di estremismi contrapposti, mettendo sullo stesso piano, due visioni del mondo, si prenderà una grave responsabilità storica: quella di aver ignorato l’ascesa del tiranno, come già accadde altrove, un secolo fa.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://es.kiosko.net/ .
(**) Qui: https://www.giornalone.it/prima-pagina-il-foglio/ .
Concordo al 100% con questa analisi! Grazie!
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