martedì 20 giugno 2023

La riforma della “giustizia” tra chiacchiere e distintivo

 


A chiunque ami discutere di magistratura dipendente o indipendente, di riforma della giustizia, eccetera, imporremmo il superamento di una prova preliminare.

Quale? Di entrare in un’ aula di tribunale almeno una volta nella vita. Solo così si può capire, anzi avere contezza, per parlare difficile, del funzionamento reale della “giustizia”. Non parliamo di penale, basta il civile.

Per capirsi (questo dicono le indagini sociologiche):  i tribunali funzionano come le Asl, cioè male. Con l’aggravante che è più facile licenziare un infermiere che un giudice. Non indaghiamo perché, ci limitiamo alla constatazione.

Pertanto cosa succede? Che le discussioni sull’indipendenza della magistratura sono totalmente surreali. Perché il vero problema è la sproporzione tra il numero dei procedimenti (le famigerate “cause”), tante, e il numero dei giudici, pochi. Sicché – per limitarsi alla giustizia civile – i tempi si allungano e la pratiche si accumulano.

Parliamo di un problema gravissimo, perché la razionalizzazione, come commisurazione del numero dei giudici al numero delle “cause”, o delle “cause” al numero dei giudici, avrebbe costi crescenti (nel primo caso: costose assunzioni) o iniquità diffusa (nel secondo: tagli ingiusti).

Sono problematiche estese anche al penale con l’aggravante che i tempi lunghi si traducono regolarmente nel prolungamento dei tempi detentivi. Con costi umani elevatissimi.

Esistono soluzioni? Difficile dire. Dovrebbe cambiare l’ottica idealistica della giustizia perfetta, pardon, uguale per tutti,  che poi si tramuta nella squallida routine del tirare a campare.

Che fare allora? Per un verso si potrebbe puntare sulla privatizzazione del giustizia civile, nel senso dell’estensione delle forme arbitrali, quindi a pagamento. Per l’altro, parliamo del penale, si potrebbe procedere a una depenalizzazione diffusa. Si pensi che ne sarebbe dei reati per droga (quasi la metà del contenzioso penale), se si procedesse alla liberalizzazione del suo uso.

Altre rimedi  non scorgiamo. Se non le solite soluzioni “chiacchiere e distintivo” che proprio in questi giorni sembrano appassionare  maggioranza e opposizione.

Carlo Gambescia

Nessun commento: