Probabilmente il male principale di questa brutta Italia, lamentosa e vendicativa, rinvia alla questione dei valori. Che avvelena il discorso pubblico. I valori sono concepiti come mazze da baseball per colpire l’avversario. Si pensi, cominciando dalla destra, alla difesa della famiglia etero, alla questione del proibizionismo e altre scemenze tradizionaliste, tipo il nazionalismo.
Anche la sinistra non scherza. L’ugualitarismo, ad esempio, è un valore che si vuole imporre a ogni costo anche a rischio di finire nel tragicomico, a cominciare dalla nomenclatura per non calpestare francescanamente neppure le formichine Lgbtqia+… E chissà, in materia, quante altre lettere dell’alfabeto ci toccheranno
Il vecchio Carl Schmitt, che con tutto il rispetto per il pensatore, qualche scemenza con Hitler la commise, sosteneva che quando si dice valore, soprattutto in politica, lo si vuole imporre, altrimenti sosteneva, non sarebbe tale, cioè meritevole di essere imposto.
Max Weber, che fortunato lui, a differenza di Schmitt non fece in tempo a vedere il nazionalsocialismo all’opera, sosteneva che i valori, impongono alternative secche, perché non si possono servire due padroni insieme. Di qui una situazione di grave conflitto, individuale e collettivo, eccetera, eccetera.
Ciò significa che in politica meno si parla di valori, meglio è. Sono veleno. Ovviamente, per evitare di parlarne si dovrebbe essere tutti d’accordo su un valore fondamentale: la libertà. Che significa una sola cosa: che le interferenze nella vita dei singoli devono essere ridotte a zero. Perché più si legifera, perché questo è lo sbocco della politica, più si riduce la sfera di libertà individuale. E’ matematico.
In sintesi: più valori, più conflitti. Si dirà è fisiologico. In realtà, il mix valori-conflitti, porta a più leggi per dirimere in conflitti che conducono ad altri conflitti sulle leggi per dirimere i conflitti, che, a loro volta, promuovono leggi per dirimere i conflitti sulle leggi per dirimere i conflitti. E così via. Il che è patologico. Anche perché, si finisce per vivere, come sta accadendo, in una democrazia emotiva, piagnucolosa, iperattiva, con il ballo di San Vito addosso, che cambia le leggi ogni dieci minuti.
Dovremmo puntare sulla disintossicazione da valori. E di conseguenza da leggi e leggine. Ma come? Se lo sport nazionale è quello di lamentarsi è di invocare l’intervento del legislatore?
“Ci vuole una legge!” e “Dov’è lo stato?” sono probabilmente le due espressioni oggi più diffuse in Italia.
Memorabile, invece, l’espressione di Totò, in un divertente film girato ai tempi della chiusura delle case di tolleranza: “Italiani arrangiatevi!”.
Dov’è finita l’antica arte di arrangiarsi? Basta piagnucolare.
Carlo Gambescia
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