giovedì 10 aprile 2014

Il libro della settimana: Jerónimo Molina Cano, Contra el “mito Carl Schmitt”, Edit.um/Ediciones de la Universidad de Murcia, Murcia 2014, pp. 232, euro 20,00. 






Eccellente idea,  quella di  Jerónimo Molina Cano, professore di Politica Social  presso l’Università  di Murcia,   di raccogliere  in volume  i  suoi  studi  più significativi  dedicati a  Carl Schmitt,   apparsi  negli ultimi dieci anni  su  prestigiose  riviste e  importanti  raccolte di atti  congressuali.  Non siamo però davanti a  una pura e semplice riproposizione, perché  alcuni  dei  lavori pubblicati (inclusi i documenti) sono stati rivisti e aumentati,  inoltre uno dei saggi  è inedito (La jornada dálmata de Carl Schmitt: terra manet)
Il titolo è tutto un programma: Contra “el mito Carlo Schmitt” (Edit.um/Ediciones de la Universidad de Murcia), dal momento che  la fortuna ( molto alterna)  del pensatore di  Plettenberg   rappresenta il filo conduttore di un libro che in qualche misura si è scritto da solo. Infatti, come  rileva  Molina,

“sous l’oeil de Maschkiavelli, M. Stakhanov et l’écureuil de Flandre [Günther Maschke, Alain de Benoist, Piet Tommissen, massimi studiosi del pensiero schmittiano, ai quali è il libro è dedicato, ndr], , est todo lo contrario a una simple collección de textos y a una suma accidentale de artículos, pues todos sus capítulos se ordenan a partir de una pocas ideas directoras. Fragmentario, pero non espontáneo ni improvisado, dunque tengo la impresíon de que le he escrito sin sentir. No diré que se ha echo solo, pero hasta fechas recincentes no he tenido cosciencia del vínculo que une todos los textos, la mayor parte de los míos  publicados sobre Carl Schmitt desde año 2004 [...].  Todos  [...] responden a la  misma originaria incitación: ni terminar con Carl Schmitt, ni acabar con él, ni sugerir siquiera qué hacer con él,  sino a distanciarme de mito Carl Schmitt, que es algo muy distinto  » (p. 11).

Passiamo ora  in rassegna, seppure velocemente,  i dodici saggi e/o capitoli in cui si divide il libro.    
Nel  Primo (El “Mito Carl Schmitt”),  sono esaminate una grande varietà di questioni: dalla neutralizzazione del pensiero schmittiano alla sua strumentalizzazione,  allargando  l'indagine  al  cammino, non sempre facile dello studioso tedesco  in Spagna, Italia, Francia.   Il “mito”, ottimamente sezionato e smascherato,  è quello del  giurista luciferino divenuto primo consigliere giuridico di uno spietato  barbaro teutonico nemico degli uomini e delle leggi.   In realtà, come adombra Molina,   il  grande "cervello" politico di Schmitt  era  imprigionato  in  un piccolo  "corpo"   borghese (come, in modo non casuale, evidenzia  la foto di copertina, che lo immortala compiaciuto padrone di casa).  E quindi portato a privilegiare l’idea di ordine.  Assecondare, magari con il silenzio,  non significa però condividere tutto,  né tanto meno  sedersi alla destra del "padre". Come del resto, alla fine, compresero anche  i vincitori  americani.  Certo, se  lo avessero catturato i sovietici...      
Nel secondo, brevissimo, (Antischmittscher Affekt),  si studia quel  che potrebbe essere  definito  il senso di colpa dei critici di Schmitt:  i quali criticandone  i compromessi politici  di ieri  sperano, per riflesso,  di  occultare le  proprie complicità con il potere di oggi.  Perciò  siamo davanti a una specie di  legge del taglione... intellettuale.
Nel terzo ( Sombra y  fama de Carl Schmitt en  España), si affronta l’influenza, mai  senza contrasti, incomprensioni, strumentalizzazioni, censure,  del pensatore tedesco in una terra come quella spagnola al centro  di un infuocatissimo Novecento.  Tra l’altro da lui amata, senza però essere mai ricambiato del tutto.  Un bellissimo (o bruttissimo, dipende dalla posizione ideologica)  capitolo di storia  delle debolezze umane.
Nel quarto (Más sobre el “mito Carl Schmitt”),  si torna, come dire,  sul pensiero unico anti-Schmitt, dando però conto di un importante  libro a lui dedicato, quello di Carmelo Jiménez Segado, Contrarrevolucíon o resistencia. La teoría política de Carl Schmitt (1988-1985), apparso nel 2009, dove si affronta, tra l’altro, la famosa controversia intorno al suo cattolicesimo politico.  Cattolicesimo che Molina,  diversamente da  Jiménez Segado,  ritiene assuma nel pensatore tedesco una valenza prettamente  politica e sociologica (non teologica). E  nella misura classica  di una Chiesa  quale strumento di controllo sociale:  posizione che rinvia a  Machiavelli e Pareto, con la differenza però,  che  Schmitt  era credente.     
Nei successivi capitoli  sono pubblicati e discussi  i carteggi   di Schmitt con  Francisco Javier Conde (capitolo quinto), con Jesús F. Fueyo (capitolo sesto), Pedro Salinas (capitolo  settimo). Inutile ricordare la ricchezza delle questioni affrontate negli epistolari  (politiche, sociologiche, culturali, ecc.) con tre intellettuali (in particolare Conde) di eccezionale levatura.  Il che fa  riflettere sulla capacità di certo pensiero spagnolo non conformista, al di là dei luoghi comuni sulla passata decadenza, di  essere sempre riuscito a captare  le correnti più vive del pensiero politico e culturale.  Non ultima l’opera di Carl Schmitt. Perciò,  altro che chiusure...
Nel capitolo otto  (Los diarios de Carl Schmitt, 1930-1934 ), ci si occupa di un quadriennio decisivo per capire come Schmitt, uomo d’ordine (mai dimenticarlo),  fosse  consapevole  di un gioco che poi  si sarebbe fatto pericoloso e costoso ( fino alla reclusione  nelle prigioni alleate).  Parliamo di un periodo in cui il giurista  -  forse  illudendosi  domatore? -   provò a  infilare, come si fa  durante uno spettacolo circense,  la sua testa nella bocca del leone hitleriano.  Un  circo, quello nazionalsocialista, dai risvolti  tragici.  Probabilmente Schmitt lo aveva intuito subito. Eppure...  On s'engage, puis on voit? Come sottolinea Molina.  Forse.   
Nel capitolo nove (Carl Schmitt y los intelecuales franceses),  si indaga sulla fortuna francese del pensatore di Plettenberg,  discutendo il libro in argomento  di  P. Muller ( Carl Schmitt et les intellectuels français. La réception de Carl Schmitt en France, apparso nel 2003), testo nel quale si evidenzia, e giustamente secondo Molina,  il ruolo di Julien Freund, come "riscopritore" del pensiero schmittiano, “avvocato difensore” del tedesco e mediatore tra Schmitt e Aron. Un bel  momento di storia intellettuale franco-tedesca. Senza, ovviamente,  dimenticare il gigantesco  lavoro svolto da Alain de Benoist, che fa il paio, ma in Germania, con la sontuosa ricerca di  Günther Maschke,  insieme alla quale  va ricordata, per le Fiandre, la grande opera investigativa  intrapresa dal compianto  Piet Tommissen.  Potremmo così  parlare dei quattro moschettieri della critica schmittiana.  E il quinto potrebbe essere proprio Molina,  il più giovane di tutti.
Nel capitolo decimo (Carl Schmitt y la componente telúrica),  Molina in modo eccellente, diremmo da virtuoso delle scienze politiche,  evidenzia  il grande realismo,  quasi terragno, per dirla all'italiana,  del pensiero schmittiano. A cosa ci  si riferisce?  Al fattore  tellurico, che è geografico  e politico al tempo stesso; elemento che  riconduce, facendo da trait d'union, alle idee di  ordine  concreto  e grande spazio.  La terra vince sul pensiero,  facendosi forte dei legami dell’uomo con le cose concrete,  ma a sua volta deve contrastare le forze dello spazio acquatico e  in seguito aereo.  La sfida è gigantesca e Schmitt ne sarà sempre consapevole.  Di qui, la concretezza del suo pensiero, lontanissima  - riteniamo  -  dalle fumosità  di alcune interpretazioni italiane, dove il gusto per simbolismi astratti finisce per stravolgere il senso stesso della lezione schmittiana.   

Chiudono degnamente il libro i capitoli undici (La jornada dálmata de Carl Schmitt: terra manet) e dodici (Mientras perdure el imperio), intenzionalmente posti alla fine del libro (almeno crediamo…), perché in qualche misura  condensano   tutte le questioni in precedenza affrontate: fortuna della sua opera,  concretezza di pensiero, rapporti con il nazionalsocialismo, nonché quel senso di profonda malinconia che sembra pervadere l’intera  opera di Carl Schmitt, anche nei momenti, come dire, di apparente euforia "circense"...   Tristezza dettata dalla consapevolezza  che non si può  sfuggire alla leggi del politico?  Forse.   Il che però non impedì a  Schmitt di impegnarsi politicamente,  incamminandosi, anche se per un breve tratto,  lungo il  sentiero  sbagliato…  Scelta che  in qualche misura rappresenta, e fa parte,  del  “mistero”, tutto interiore, racchiuso nello spirito e nella  psiche di  Carl Schmitt.
Mistero sul quale  il libro di Jerónimo Molina,  pur non dando risposte definitive (ma quale libro potrà  mai darle?),  apre  interessanti,  diremmo intriganti,   squarci di luce. E anche per questo motivo va letto.   



Carlo Gambescia

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