lunedì 7 aprile 2014

Il pauperismo 
di Papa Francesco 



 Il futuro Papa Francesco, in metropolitana

«Questo è il cuore del Vangelo, io sono credente in Dio e in Gesù Cristo, per me il cuore del Vangelo è nei poveri. Ho sentito due mesi fa che una persona ha detto: con questo parlare dei poveri, questo Papa è un comunista! No questa è una bandiera del Vangelo, la povertà senza ideologia, i poveri sono al centro del Vangelo di Gesù» (*) .

  

Cosa dire? Che di  sicuro  Papa Francesco sembra essere un convinto  pauperista.   Del resto   il Santo  Padre, per sua stessa ammissione,   taglia  la società in due precise classi: da un lato i poveri, dall’altro i ricchi. Il che se non è comunismo è qualcosa che ne prepara  il terreno,  rischiando di provocare  gravi  fraintendimenti sociali  e pericolose incomprensioni politiche.
Non siamo teologi,  né aspiriamo ad insegnare al Papa come fare il suo "mestiere",  ci mancherebbe altro... Tuttavia,  la scelta pauperista  - che, in quanto ideale evangelico,  ha sempre  raccolto nella storia del cristianesimo un certo  seguito -   indica due cose:  che per un verso il  nemico  è la povertà e che  per l’altro  divengono  nemici, addirittura della fede,  coloro che  ne sarebbero la causa... Usiamo il condizionale perché l'economia moderna sostiene (e prova)  l'esatto contrario,  dal  momento che la ricchezza, prodotta dal sistema capitalistico -  quindi da individui dotati di spirito imprenditoriale -   sembra invece  ricadere  a cascata su tutta la società.  In sintesi, il pauperismo è  una visione arcaica che si ostina a ignorare l'importanza del  moderno  progresso politico, economico e sociale insito nello sviluppo della società di mercato.   
Tre riflessioni. 
Le  affermazioni di Papa Francesco devono  servire di  lezione  a tutti  coloro che negano  il politico, quale incarnazione della costante amico-nemico:  la scelta del Papa di un nemico (la povertà e coloro che la provocano),  comprova la persistenza di una regola "metapolitica" (come ci piace chiamarla), anche all’interno di una istituzione - la Chiesa -  che invece, secondo gli idealisti della politica, dovrebbe esserne indenne.
In secondo luogo, l’indeterminatezza   del concetto di  pauperismo -  come del  suo contrario, quello di plutocrazia -  rende difficile fissare una chiara linea di divisione  tra chi ha e chi  non ha,   soprattutto nelle nostre  società  di ceti medi, dove  il benessere, come valore e fatto,   è largamente diffuso, condiviso, ricercato.
Cosicché, in terzo luogo,  è difficile  che la povertà,  soprattutto tra i nemici del capitalismo  (in tutte le sue forme), una volta idealizzata, possa  restare  a lungo  «senza ideologia»…  Ciò,  per contro,  non significa che i  poveri  debbano essere cinicamente abbandonati al loro destino, né approvare l'impunibilità della ricchezza,  quando  esito di  attività illegali e criminali.   
Tuttavia, una cosa è asserire il dovere etico  di  aiutare  i poveri, un’altra designare tutti coloro che non sono poveri  come nemici politici,  facendo di ogni erba un fascio. E quel che è peggio, rischiando di  favorire  il gioco di una terribile  ideologia, il comunismo,  che, come prova la storia del Novecento, ha invece moltiplicato, nell’assoluta mancanza di libertà,  fame e miseria.   
Papa Francesco vuole tutto  questo?  

Carlo Gambescia 


(*) 
Così Papa Francesco a un gruppo di giovani  belgi di lingua fiamminga  -  http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2014/04/04/-papa-domenica-allangelus-vangelo-tascabile-ai-fedeli_0bce9427-3d10-4f45-97ae-98829571cdd6.html) .


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