mercoledì 25 novembre 2009

Ancora su Veneziani

“Nuova destra” di ieri e “destra nuova” di oggi



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Due osservazioni, la prima breve, la seconda più lunga.
Sono mancati, anche in privato, alcuni commenti che mi aspettavo. La paura fa novanta. Guai a inimicarsi i possibili Nuovi Padroni. Complimenti, amici della destra, coraggiosi come sempre.
Alcuni lettori mi hanno chiesto quale può essere il nesso tra la “nuova destra” di Tarchi e la “destra nuova” di Fare Futuro”, capitanata da Campi.
Non c’è alcun nesso.
La “nuova destra” si è mossa fin dall’inizio all’interno di un percorso antisistemico, ovviamente non nel senso di mettere la bombe. Scelta che ha comportato, in termini di crescita culturale e democratica, un passaggio dal fascismo ammodernato - ma ancora fascismo - degli anni Settanta alle “nuove sintesi”, pienamente democratiche, degli anni Ottanta.
La “destra nuova”si è invece mossa fin dall’inizio, grosso modo dalla metà degli anni Novanta (l’esperienza di “Ideazione”), in ambito sistemico, sfruttando inizialmente il “marchio nuova destra”, ma piegandolo, soprattutto nell’ultima fase (“Fare Futuro”), agli interessi professionali di Gianfranco Fini.
Perciò quali temi la “destra nuova” di Campi ha recepito dalla “nuova destra”? Nessuno.
Non l’antiamericanismo, non l’antiutilitarismo, non il comunitarismo democratico ed ecologista (i tre temi di fondo della “nuova destra”). Al contrario la “destra nuova” ha invece sposato certo libertarismo post-sessantottino, facile facile. Uniformandosi così alla vulgata società-civil-buonistica, per semplificare, delle professoresse che leggono “Repubblica”.
Il che non può giovare alla nascita di una destra liberalconservatrice, né tantomeno al recupero delle battaglie culturali della “nuova destra”. Magari alla carriera di Fini, sì.
Fermo restando, ripetiamo, un fatto fondamentale: che la “destra nuova” si muove in ambito sistemico, mentre la “nuova destra” è sempre restata sul terreno della critica antisistemica.
Il che significa, che le idee della “nuova destra” possono essere criticate (nessuno è perfetto, ci mancherebbe altro…), ma rimangono non conformiste. O se si preferisce: non funzionali al “sistema”.
Purtroppo - e questo va detto - la "nuova destra" era ed è uno stato maggiore senza alcun esercito. Uno stato maggiore, oggi, con unico generale al comando. Uno stato maggiore tuttora immerso in una “terra di nessuno” mediatica. In attesa, oggi come ieri, dei Tartari (il che per alcuni è un merito) … Se non che, negli anni, molti stanchi di aspettare e complice lo sdoganamento aennino, realizzato con un colpo di bacchetta magica da Berlusconi, sono tornati all’ovile.
Un’ “evoluzione” (se così la si può chiamare) quella di An, ripetiamo, infrasistemica… E che eventualmente può ritrovare le sue lontane radici ideologiche nella "Costituente di Destra" promossa da Almirante , e poi in "Democrazia Nazionale", partito scissionista fondato da Mario Tedeschi e altri. E non nella “nuova destra” antisistemica: “marchio” che ora però viene usato, in chiave "liberal" da “Fare Futuro”, come coccardina da mettere all’occhiello della giacca di Gianfranco Fini, per fare bella figura. Che vergogna.
Veneziani, infine, non può essere ricondotto né all’una né all’altra scuola. Vive ideologicamente alla giornata, anche se crediamo, che sotto sotto, provi ancora vivissima simpatia per il duce (cosa che potrebbe spiegare la sua passioncella per il "duce Berlusconi").
Un’undicesima domanda da porre, potrebbe essere proprio questa: Veneziani, che ne pensa di Mussolini?


Carlo Gambescia

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