sabato 28 novembre 2009

Discussioni
Un commento molto stimolante 
sulla cultura della "vera destra"




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Gino Salvi ( http://www.blogger.com/profile/07278718757570202848 ) ha commentato il post sulle dieci domande a Veneziani ( http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2009/11/blog-post_23.html ), direi, in modo molto stimolante. Ponendo dei paletti tra destra berlusconiana e "vera destra".

Salvi coglie un punto fondamentale. Merita perciò una risposta in "Home Page".
Ma meglio procedere per gradi, prima il commento di Salvi.
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Caro Gambescia,
Sì sono delle belle domande. E, soprattutto, mettono in luce una questione, a mio parere, fondamentale: l'innesto di un "corpo estraneo", cioè il berlusconismo, sul tronco della destra, e lo snaturamento della destra stessa. Qualcuno obietterebbe che è grazie al berlusconismo se la destra è andata al governo. Non ne sono convinto però anche se fosse vero è successo a costo del taglio delle radici storiche, dell'assunzione del pensiero liberista come valore unico, dell'esclusione della vera cultura della destra. Non credo che la cultura della destra, quella vera, debba ringraziare Berlusconi visto che,in un recente articolo su "Il Riformista" s'identificava la cultura della destra con la sottocultura televisiva dei reality e delle fiction. La cultura della destra, quella vera, quella di Evola, di Marinetti, di Jünger, di Spengler non ha niente a che spartire con il liberismo berlusconiano
Gino Salvi
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Caro Salvi,
Grazie dello stimolante commento.
Gli autori dai lei citati sono tutti di grandissimo valore. E meritano di essere letti e studiati con la massima attenzione.
Però, a parte Marinetti, che in un testo, credo della fine degli anni Dieci, si pronunciò a favore della democrazia diretta (senza però mai più tornare sull'argomento), gli altri autori non mi sembrano conciliabili con la teoria liberaldemocratica (attenzione, non parlo di liberismo, ma di liberalismo politico: due cose diverse, se diamo ascolto a Tocqueville e Croce...). Anche perché nelle loro, pur validissime opere, gli autori dai lei ricordati non affrontano il tema decisivo della forma di rappresentanza, se non in termini - ecco il punto fondamentale - di forme politiche né democratiche né liberali (ripeto: liberali in senso politico, non economico).
Sono totalmente d’accordo con lei sulle critiche al berlusconismo. Anche perché Berlusconi, al di là della questione della grossolana sottocultura veicolata dalle sue televisioni (la nostra è pur sempre una società di massa, con i suoi pregi e difetti, indietro non si può tornare...), sembra comunque muoversi all’interno di un cesarismo nemico dello stato di diritto liberale.
Ma come sviluppare una teoria della rappresentanza politica, rispettosa della liberaldemocrazia, partendo dall’humus antidemocratico, affascinante quanto vuole ma sociologicamente pericoloso, che caratterizza, sospendendo per ora il giudizio su Marinetti (che pure fu "fascistissimo"), le opere di Evola, Jünger, Spengler?
Carlo Gambescia

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