mercoledì 17 giugno 2009

Incontri su YouTube 
L'ultimo bacio:
l'amaro destino dei collabo...



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Parigi insorge il 18 agosto del 1944. Il 25 agosto i tedeschi si arrendono. Mentre i "collabo" non possono...
E così la resa tedesca rappresenta l'inizio della fine anche per quei collaborazionisti molto giovani, alcuni probabilmente fascisti per caso, come il "Lacombe Lucien" del film di Louis Malle.
Il video trovato su YouTube riguarda la città di Marsiglia e si intitola "1944 France - French Nazi Sniper Bound to be Executed" ( http://www.youtube.com/watch?v=-_FdBoZwlwU ). Le immagini consegnano alla storia minore, quella degli sconfitti, gli ultimi momenti di vita di un franco tiratore “French Nazi”…, o più probabilmente di un fascista puro e semplice. Insomma, un Lacombe Lucien in carne e ossa...
Il video si apre con le immagini di una città insorta. Issata sul tetto di un' automobile, sventola una bandiera francese con la croce di Lorena, simbolo del movimento di liberazione Francia Libera. Si vedono carri armati alleati. Ma anche pattuglie partigiane su automobili mimetizzate. Un vecchio combattente con barba d'antan, elmetto in stile Verdun, giacca e cravatta rossa, sorride per la storia ... Fumo di esplosioni. Si spara e si indica verso l'alto: dove sono i cecchini. Altri partigiani si ammucchiano davanti all'ingresso di un edificio. Si scorgono anche soldati americani. Tutti insieme - liberati e liberatori - cercano di forzare il portone.
All'improvviso la scena cambia. Tre “collabo” già in piedi davanti a un muro: segno premonitore. Intorno gruppi di partigiani, armati alla meno peggio; in pantaloncini corti o rivestiti di improbabili uniformi militari; alcuni hanno in testa elmetti della "Grande Guerra". Trapela euforia, come negli spogliatoi di un dopopartita vittorioso.
Ecco lo “sniper” avanzare, guardato a vista, in mezzo ai partigiani: molto giovane, avrà vent’anni appena, capelli nerissimi, con un ciuffo che gli ricade continuamente sulla fronte, viso lungo e pallido, baffetti appena accenati, indossa una specie di tuta blu da lavoro. Non sembra un borghese. Gesticola, come se volesse spiegare le sue ragioni. Ma con poca convinzione. Probabilmente perché, dall’indifferenza di chi fa finta di ascoltarlo, ha già capito che il suo destino è segnato. Uno gli tiene puntata contro la pistola.
A meno di un metro, la madre, sessant'anni o forse più: dimessa, piccolina, dai capelli bianchi e spettinati, vestita di nero. Sembra capitata lì per caso, forse sospinta dalla folla, strappata alla quotidianità domestica. Fissa il figlio come se con gli occhi volesse farlo volare altrove: lontano e al sicuro. Alcuni le dicono qualcosa, ma sembra non ascoltare. Probabilmente ha compreso che al suo ragazzo è rimasto poco da vivere. Fascista o no per caso.
All’improvviso, seguendo l'impulso antico del cuore, protende prima un braccio poi l’altro, fino a cingere con le mani unite la nuca del figlio. Lui, più alto, lascia a fare, e meccanicamente piega la testa, per farsi baciare sulla guancia. Come tante altre volte... Mentre lo bacia la madre sussurra qualcosa.
Quello è l’ultimo bacio.

Carlo Gambescia 

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